Mercati emergenti preoccupati per il rialzo dei tassi d’interesse Fed: quali saranno le conseguenze del rialzo sulle economie dei vari Paesi?
La riunione della Fed e il prossimo rialzo dei tassi di interesse spaventano gli investitori nei mercati emergenti, ma esiste un’area che promette una grande ripresa nel breve termine.
È giunto di nuovo quel momento del ciclo economico in cui gli investitori tornano a guardare con paura ai mercati emergenti. Questa asset class ha sofferto durante il taper tantrum nel 2013, quando la crescita dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi ha portato ad una fuga di capitali dai mercati emergenti e da altri asset rischiosi.
Ora, con il mercato azionario negli Stati Uniti in fase rialzista ormai da 8 anni, gli investitori temono che la ripresa si arresti se la Fed riprenderà davvero con la sua fase di stringimento della politica monetaria, proseguendo con il suo percorso di normalizzazione dei tassi di interesse.
Mercati emergenti: la situazione del debito in dollari
I funzionari dei mercati emergenti, così come gli investitori istituzionali che sono specializzati in questa asset class, diventano nervosi quando c’è aria di cambiamento nella politica monetaria della Fed. Una recente ricerca del Fondo Monetario internazionale scritta da Maria Sole Pagliari e Swarnali Ahmed Hannan dimostra perché hanno ragione di esserlo.
Secondo il report, i mercati emergenti tendono a ricevere flussi di capitali che sono più grandi rispetto alle proprie economie e alla complessiva capacità di assorbimento. Queste economie sono più soggette agli shock non solo perché sono più piccole e meno diversificate, ma anche perché il consistente afflusso di capitali tende ad amplificare i loro cicli economici. Questo significa che le espansioni sono più forti che in altri Paesi più avanzati, ma dal lato opposto, i crolli sono più devastanti.
Dopo la crisi finanziaria mondiale dal 2007-2009, i flussi di capitale verso i mercati emergenti sono diventati più sensibili ai fattori globali quali i bassi tassi d’interesse nell’Occidente, spingendo gli investitori istituzionali a cercare profitti in zone rischiose.
Di conseguenza, molti di questi investimenti sono andati in titoli di debito nei mercati emergenti. La ricerca del FMI dimostra che la volatilità è più elevata nel caso di portafogli con titoli di debito dei mercati emergenti piuttosto che nel caso di investimenti stranieri diretti. In altre parole, il denaro speculativo prenderà il volo prima di poter fare domande, mentre gli investimenti a lungo termine rimarranno più a lungo.
Con il dollaro in rialzo in scia dell’aumento dei tassi d’interesse della Fed all’incontro di marzo del Federal Open Market Committee (FOMC), i mercati emergenti si troveranno di nuovo sotto pressione. A questo si aggiunge il calo dei prezzi del petrolio, con il greggio che è sceso sotto la soglia dei 50$, e alcuni di questi Paesi, soprattutto gli esportatori di materie prime come il Brasile, potrebbero soffrirne.
Tassi Fed e mercati emergenti: i Paesi più a rischio
Ma naturalmente non tutti i mercati emergenti sono uguali, sebbene alcuni investitori ancora tendano a considerarli come se fossero uno uguale all’altro. I dati sui flussi globali di capitali forniti dalla BIS mostrano che mentre tutti i mercati emergenti hanno avuto un aumento degli afflussi di capitale, la dipendenza di alcuni Paesi dal debito in dollari è cresciuta più che per altri.
Nel secondo e terzo trimestre dell’ultimo anno c’è stato un moderato aumento del credito in dollari verso le società non finanziarie nei mercati emergenti, guidato quasi del tutto dai titoli di debito, come dice la BIS nel suo rapporto.
Ragionando per Regioni, alcuni Paesi dell’Africa e del Medio oriente hanno rappresentato più della metà della crescita, intorno ai 48 miliardi di dollari, guidata dagli esportatori di petrolio nel Medio Oriente. Circa 30 miliardi di dollari dell’aumento del debito in dollari negli USA, che costituisce più di un terzo del totale, proviene dall’America Latina e circa il 20% dall’Asia. Quindi c’è una una certa differenziazione sul significato dell’aumento del dollaro tra le varie Regioni dei mercati emergenti.
Tassi Fed e mercati emergenti: l’Europa emergente è salva
C’è però una Regione tra i mercati emergenti in cui il credito in dollari americani è diminuito: nella zona del centro, est e sud-est dell’Europa, anche conosciuta come Europa emergente. Qui, il debito in dollari è stato ridotto a 8 miliardi di dollari nel secondo e terzo trimestre del 2016.
Sembrerebbe che, per gli investitori alla ricerca di una via di fuga dal possibile sconvolgimento dei mercati emergenti causato dall’aumento dei tassi di interesse della Fed, l’Europa sia il posto giusto. Per il breve termine, almeno. La Regione potrebbe anche trarre beneficio dalla debolezza dell’euro dal momento che la sua economia è strettamente connessa con l’Eurozona.
Le economie delle singole Regioni sono predisposte a crescere a un ritmo maggiore rispetto alla zona della moneta unica, dato che stanno ancora convergendo con i Paesi europei più ricchi. Inoltre, le banche centrali nei Paesi maggiori (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Romania) sono in una buona fase per ora, anche se l’inflazione sta tornando a salire dai minimi, fornendo un altro stimolo a breve termine per queste economie.
I rischi per l’Europa emergente nel medio termine
Tuttavia, andando oltre il medio termine ci sono numerosi rischi per la regione. Prima di tutto, la situazione politica: l’Europa è in tumulto, con i partiti nazionalisti ed estremisti che spuntano fuori dappertutto, e l’Europa emergente non fa eccezione. Polonia e Ungheria, in particolare, hanno a che fare con regimi molto autoritari, mentre in Romania il governo è stato invitato alle dimissioni dopo aver tentato di far passare una legge che consentiva alcuni atti di corruzione.
In secondo luogo, la Brexit avrà effetti negativi su questi Paesi per due motivi: ci sarà meno denaro nelle casse dell’UE per i Paesi Membri più poveri, e i limiti all’immigrazione comporteranno il fatto che pochissimi cittadini dell’Europa orientale potranno lavorare nel Regno Unito e inviare soldi a casa, sempre se ovviamente l’economia del Regno Unito resterà abbastanza forte da rendere questo possibile.
Infine, l’UE stessa si sta trasformando. Se l’UE finirà col frammentarsi, i Paesi più poveri dell’Europa emergente potrebbero soffrirne di più, dato che molti investitori in questi Paesi hanno affermato che continueranno a trattare con i Paesi Membri occidentali più ricchi.
Se l’incontro della Fed di marzo darà il via ad una rapida fase di normalizzazione dei tassi, gli investitori nei mercati emergenti avranno bisogno di lavorare di più per trovare dei posti che siano i più adatti alla fase di questo ciclo. L’Europa emergente sembra essere adatta per la prima fase sul breve termine, ma attenzione alle insidie.
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