Referendum costituzionale: perché il Financial Times ha cambiato idea e ora “vota” No

Antonio Atte

05/10/2016

05/10/2016 - 11:38

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Referendum costituzionale: dopo soli tre mesi il Financial Times cambia idea e boccia le riforme del governo Renzi, definite “un ponte verso il nulla”. Ecco perché.

Referendum costituzionale: perché il Financial Times ha cambiato idea e ora “vota” No

Referendum costituzionale: la giravolta del Financial Times - Appena tre mesi fa - era il 5 luglio -, a pochi giorni dallo storico referendum sulla Brexit che ha sancito il divorzio (ancora tutto da ratificare) tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea, sulle pagine del Financial Times l’editorialista Tony Barber si lanciava nella seguente profezia:

“Numerose bucce di banana si trovano lungo il cammino dell’UE nei prossimi 12 mesi, da una potenziale vittoria dell’estrema destra in Austria alle elezioni in Olanda e Francia. Ma il referendum costituzionale italiano potrebbe essere la più scivolosa di tutte”.

La situazione italiana è da tempo sotto i riflettori internazionali per diversi motivi, che vanno dal mostruoso debito pubblico (oltre il 130% del Prodotto interno lordo) alla questione banche, passando per l’anemica crescita economica.

E un’eventuale vittoria del No al referendum di dicembre - stando al Barber di tre mesi or sono - non farebbe che peggiorare la situazione, come ha tra l’altro evidenziato Confindustria, la quale stima una contrazione del Pil dello 0,7% nel 2017 e dell’1,2% nel 2018.

Ma gli oscuri presagi non finivano qui. Nell’editoriale di luglio Barber aggiungeva che “la sconfitta rischierebbe di gettare l’Italia in uno stato di prolungata instabilità politica ed economica”, oltre a metterla “nelle mani di un partito idiosincratico, del tutto inesperto a livello nazionale e che vuole far uscire il paese dall’eurozona”, in riferimento al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

Referendum costituzionale: il Financial Times ci ripensa

Quelle dell’editorialista inglese sembravano certezze granitiche, praticamente inscalfibili. Eppure ieri i lettori del Financial Times devono aver pensato a un clamoroso caso di anonimia quando si sono trovati davanti un pezzo vergato dalla penna dello stesso Tony Barber che sconfessa su tutta la linea la tesi pervicacemente propugnata nell’analisi estiva.

Questa volta il Barber ottobrino scrive che le riforme costituzionali sono “un ponte verso il nulla” come quello sullo stretto di Messina, tema che il premier ha estratto nuovamente dal cassetto allo scopo di

“ridurre l’incentivo dei fedelissimi di Berlusconi a farlo cadere in caso di sconfitta al referendum. Ma vale la pena un simile progetto?”.

Poi parte l’affondo contro il ddl Boschi, che a detta di Barber poco farà

“per migliorare la qualità del governo, della legislazione e della politica. (...) l’Italia non ha bisogno di più leggi approvate più in fretta, ma meno leggi e scritte meglio”.

Infine, la giravolta a 360 gradi sui destini del Belpaese in caso di debacle del Sì:

“Nelle capitali europee, il sentimento comune è di sostenere Renzi. Un’Italia senza timone, vulnerabile a una crisi bancaria e al movimento anti-establishment dei Cinque Stelle, porterebbe problemi seri. Eppure, una sconfitta di Renzi al referendum non per forza destabilizzerà l’Italia. Una vittoria, invece, potrebbe far emergere la follia di mettere gli obiettivi tattici della sopravvivenza di Renzi davanti al vero bisogno strategico che ha l’Italia, quello di una sana democrazia”.

Referendum costituzionale: perché il Financial Times ha cambiato idea

Della serie “si scherzava”. Il salto del Financial Times dal Sì al No nel giro di pochi mesi, insomma, è sospetto e rappresenta una spia del fatto che il governo Renzi potrebbe non godere più del favore delle élite finanziarie europee, le quali ora puntano sulla sua caduta dopo averne tessuto lodi sperticate per molto tempo.

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