Reddito di Cittadinanza: Mario Draghi deve prendere una decisione importante

Simone Micocci

16 Agosto 2021 - 11:35

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Reddito di Cittadinanza, si cambia. Mario Draghi dovrà decidere “come”: serve rinnovare la credibilità di una misura che tanto è stata d’aiuto durante la pandemia.

Reddito di Cittadinanza: Mario Draghi deve prendere una decisione importante

A settembre, subito dopo il rientro dalle ferie di deputati, senatori e ministri, Mario Draghi sarà chiamato a prendere un’importante decisione riguardo al Reddito di Cittadinanza. In realtà è il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il designato, colui che dovrà pensare a come migliorare il Reddito di Cittadinanza; ma è impensabile credere che in tutto questo processo decisionale non ci sarà la regia di Mario Draghi, vista l’importanza di una misura che da sola costa 10 miliardi di euro nel 2021.

Come noto, il dibattito non sarà sulla conferma o meno del Reddito di Cittadinanza: la prosecuzione, infatti, non è in discussione e non è un caso se Mario Draghi nei giorni scorsi si è espresso pubblicamente in suo favore, ribadendone di “condividerne il valore alla base”.

La decisione da prendere riguarda come cambiare il Reddito di Cittadinanza: è in programma, infatti, una riforma della misura, un’occasione da non perdere in quanto solo così le si restituisce la credibilità di cui ha bisogno.

Riforma del Reddito di Cittadinanza: un’occasione da non perdere

Mario Draghi, da politico esperto qual è, ha pesato le parole delle sue ultime dichiarazioni riferite al Reddito di Cittadinanza spiegando che:

Condivido in pieno il concetto alla base.

Non a caso ha risposto dicendo di condividerne il concetto alla base, senza entrare nei meriti di come questo è stato attuato. Perché diciamocelo: non tutto ha funzionato come si sperava, sicuramente anche a causa di alcuni fattori esterni come lo scoppio della pandemia.

Ma c’è stata anche la poca volontà politica di portare a regime il Reddito di Cittadinanza com’era stato pensato dal decreto 4/2019, come dimostra il ritardo nell’approvazione di alcuni importanti decreti attuativi. La responsabilità di un tale ritardo è da imputare sicuramente al cambio di maggioranza: con il passaggio da un Governo giallo-verde (M5S-Lega), con Di Maio Ministro del Lavoro, a un Governo giallo-rosso (M5S-PD), e Nunzia Catalfo nuovo Ministro del Lavoro, qualcosa sicuramente si è rotto e anche nel Movimento 5 Stelle non sono mancati i passi indietro rispetto a quella che per anni è stata una misura bandiera.

È cominciata a mancare la volontà politica, anche a causa dei numerosi attacchi, specialmente da parte della stampa, indirizzati al Reddito di Cittadinanza.

Una riforma, che vada a migliorare il Reddito di Cittadinanza, è dunque necessaria se non altro per intervenire su alcuni aspetti che ancora oggi risultano essere poco chiari. E proprio perché il concetto alla base è importante - d’altronde il secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione stabilisce che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” - bisogna dare una seconda possibilità al Reddito di Cittadinanza.

Una seconda possibilità che potrebbe anche essere l’ultima: ecco perché si tratta di una decisione importante, in quanto non si possono commettere errori.

Reddito di Cittadinanza: cosa bisognerà decidere con la riforma

Ci sono due fattori sul Reddito di Cittadinanza che andranno rivisti. Il primo è quello che riguarda il sostegno economico, mentre il secondo la politica attiva a questo collegata.

Partiamo dal primo aspetto: come noto il Reddito di Cittadinanza è una misura di contrasto alla povertà. Nonostante ciò i dati ci dicono che nell’ultimo anno le famiglie in condizione di povertà assoluta, ossia coloro che non sono in grado di acquistare un paniere di beni e servizi sufficiente per uno standard di vita minimamente accettabile, sono persino aumentate arrivando a quota 2 milioni.

Questo significa che ci sono delle famiglie che non riescono ad accedere alla misura o comunque che percepiscono un importo troppo basso che gli impedisce di andare oltre la soglia di povertà. È necessario che quel “concetto alla base” a cui fa riferimento Draghi venga soddisfatto il più possibile, in modo che il Reddito di Cittadinanza diventi davvero una risposta per tutti - e non solo per una parte - coloro che vivono in una condizione di povertà.

Allo stesso tempo bisognerà potenziare i controlli, perché ancora oggi si leggono notizie di furbetti che hanno aggirato le regole per potersi arricchire ai danni dello Stato. Vero è che grazie al lavoro prezioso della Guardia di Finanza molti furbetti sono stati scoperti, ma questi hanno pur sempre beneficiato della misura per diversi mesi (e chissà se lo Stato riuscirà a farsi restituire quanto indebitamente percepito). È necessario, dunque, potenziare il controllo ex ante, dando all’Inps l’accesso a tutte le banche date utili. Bisogna fare in modo che chi non ne ha diritto veda proprio respingere la richiesta di beneficio, limitando dunque la dispersione di risorse.

Il secondo aspetto che va migliorato è quello della politica attiva. A riguardo il Governo Draghi dovrà essere chiaro: cosa ci si aspetta dal Reddito di Cittadinanza? Questa deve essere davvero una misura che punta anche alla ricollocazione dei beneficiari nel mondo del lavoro? Se così deve essere allora bisogna che ci sia anche la volontà politica, che oggi è mancata, nel far funzionare un tale processo. E soprattutto bisognerà essere pazienti, in quanto stiamo parlando di persone che nella maggior parte dei casi hanno un basso livello di scolarizzazione e poche competenze in ambito lavorativo. Persone che vanno formate prima di essere ricollocate ed è per questo che non ci si può aspettare un loro ricollocamento immediato.

Bisognerà essere chiari, così come nei confronti dei navigator: per loro, semmai dovesse esserci la conferma a fine anno, serve un ruolo ben definito - e differente da quello svolto dagli operatori dei Centri per l’Impiego - all’interno del sistema delle politiche attive.

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