Quanto guadagna l’Italia dalla produzione di vino?

Giorgia Bonamoneta

17 Febbraio 2022 - 21:20

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È una delle produzioni del settore alimentare più note del nostro Paese: il vino. Ma quali sono i guadagni tra consumi interni ed esportazioni?

Quanto guadagna l’Italia dalla produzione di vino?

Il mercato del vino in Italia è un’eccellenza conosciuta in tutto il mondo. Un settore dal fatturato miliardario e che è riuscito a resistere alla crisi della pandemia. Ma quindi quanto guadagna l’Italia dalla produzione del vino?

In Italia cresce la produzione, l’esportazione e il fatturato del mercato del vino, con conseguenze anche sull’occupazione. Tutta la filiera, dalla produzione al settore terziario e gli eventi, coinvolge 1,3 milioni di persone.

Ma perché parliamo di vino e dell’impatto economico e occupazionale che questo ha in Italia? Negli ultimi giorni si è discusso sulla possibilità o sul rischio - dipende dalle interpretazioni - del bollino nero sui prodotti alcolici, compreso il vino, che avrebbe reso riconoscibile il vino come sostanza cancerogena. C’è chi tira un sospiro di sollievo, come i produttori di vino e chi invece fa notare i rischi di questa linea morbida scelta dall’assemblea plenaria del Parlamento europeo.

I guadagni del mercato del vino: il primato dell’Italia nel mondo

L’Italia è famosa per i propri vini e in generale per le bollicine. Nell’eterna lotta con i vicini francesi, i due Paesi si scalzano il posto a vicenda nel corso del tempo. L’Italia guadagna molto dalla produzione di vino, non solo per il fatturato annuale (miliardario), ma anche dal punto di vista occupazionale.

I guadagni del settore variano di anno in anno e molto dipende, ovviamente, dalla produzione, ma in parte è anche il prestigio estero - cioè i guadagni dall’esportazione - a far alzare o abbassare il fatturato. Nel 2017 il primo record, con un fatturato da 13 miliardi, mantenuto più o meno stabile nel corso degli anni. Basti pensare che nel 2019 (pre pandemia) il fatturato ha segnato la cifra di 11 miliardi, confermando l’Italia come il primo Paese produttore ed esportatore al mondo di bollicine e secondo, dopo la Francia, per la categoria di vini frizzanti.

Guadagni del mercato vinicolo: il rischio scampato del bollino nero

Un’eccellenza quella italiana nel settore della produzione del vino, ma un’eccellenza che ha fatto i conti con il rischio di perdere credibilità, guadagni e, conseguentemente, personale occupato. Si tratta del famigerato bollino nero che si stava discutendo in Europa.

L’ambito è quello del “Cancer plan”, un piano europeo di lotta contro il cancro tramite una strategia comune. Il vino rientrava in questo piano, ma non come parte di una dieta equilibrata ovviamente. L’Europa voleva apporre un bollino nero sui prodotti alcolici. Perché l’alcool, come si sa da molti anni, è un agente cancerogeno che aumenta il rischio di tumore.

La decisione dell’assemblea plenaria del Parlamento europeo, sotto la spinta dell’Italia - Lega in prima linea - è stata alla fine quella di eliminare dal piano le indicazioni di prevenzione per il consumo del vino. Nel testo si leggeva che “non c’è consumo di alcol senza rischi per la salute” e che “non esiste una quantità sicura di consumo di alcol”.

Ne escono ovviamente felici i produttori di vino che, tramite il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, hanno commentato favorevolmente la decisione. “È stato respinto il tentativo di demonizzare il consumo di vino e birra attraverso allarmi salutistici in etichetta - ha spiegato Prandini - già adottati per le sigarette, l’aumento della tassazione e l’esclusione dalle politiche promozionali dell’Unione Europea”.

Rischio per la produzione del vino o rischio per la salute: cosa indicava (davvero) il bollino nero?

È stato messo in salvo il fatturato del mercato del vino, che lo scorso anno è stato di 12 miliardi di euro. Ma la salute? C’è chi fa notare che il Cancer Plan non voleva demonizzare il vino, quando fornire ulteriori chiarezze su qualcosa che si conosce già da tempo. Inserire il vino tra i “consumi accettabili se responsabili” sposta l’attenzione dal rischio associato al consumo di alcol.

Il rischio zero non esiste, tranne nel non consumo e per questo molti esperti, come Elena Dogliotti fanno notare la contrapposizione con le evidenze scientifiche. Bisognerebbe almeno parlare di “rischio basso” con un consumo moderato e quindi permettere al consumatore un acquisto consapevole.

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