Turni di lavoro, tra l’uno e l’altro devono esserci almeno 11 ore di differenza. Ma in alcuni casi questo periodo di riposo può essere ridotto.
Nel definire i turni di lavoro l’azienda deve tener conto che la normativa sull’orario di lavoro stabilisce che deve essere sempre garantito un riposo minimo al lavoratore.
Una forma di tutela importante in quanto va agisce in garanzia di un diritto fondamentale dell’individuo, quello alla salute. Ma non per questo inderogabile: come stabilito ai sensi del decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003, in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, ci sono delle situazioni in cui tra la fine di un turno e l’inizio di un altro può esserci anche un riposo di durata inferiore rispetto a quello previsto dalla normativa.
Quante ore di riposo devono esserci tra due turni di lavoro
Nel dettaglio, sono 11 le ore di riposo consecutive a cui il lavoratore ha diritto ogni 24 ore.
Ciò incide in maniera chiara sulla definizione dei turni di lavoro (che è bene sottolineare vanno comunicati con congruo preavviso). Ad esempio, un dipendente che conclude il turno di lavoro alle 22:00, non può iniziarne un altro prima delle 09:00 del giorno successivo. Un vincolo al quale ogni datore di lavoro deve sottostare quando organizza i turni di lavoro per i propri dipendenti, che per le imprese con poco personale è un vero e proprio problema da risolvere.
Nei periodi di ferie e malattia di un dipendente, infatti, sono gli altri lavoratori a dover sopperire alla sua mancanza facendo degli straordinari. E sono proprio questi che molte volte portano il datore di lavoro a non rispettare l’obbligo delle 11 ore di riposo tra un turno e l’altro.
Le regole del cosiddetto orario europeo, però, vanno rispettate: il lavoratore infatti ha bisogno di almeno 11 ore di riposo per ricaricarsi in vista di una nuova giornata di lavoro. Senza il giusto riposo è impossibile essere lucidi e ciò potrebbe comportare delle spiacevoli conseguenze sia per la propria che per la sicurezza altrui.
Come si calcolano le undici ore di riposo?
Come anticipato, le 11 ore consecutive devono essere garantite ogni 24 ore, calcolate dall’inizio della prestazione lavorativa.
Prendiamo come esempio un dipendente che attacca ogni giorno alle 08:00 di mattina: questo prima di iniziare una nuova giornata lavorativa deve aver goduto delle giuste ore di riposo e ciò significa che non può staccare più tardi delle 21:00.
La durata del riposo giornaliero non può essere diminuita neppure se il dipendente è d’accordo; si tratta quindi di un diritto irrinunciabile.
Tuttavia, queste regole non si applicano nei confronti di chi lavora con orario frazionato durante la giornata: ad esempio se una collaboratrice domestica ha lavorato dalle 07:00 alle 12:00 e dalle 18:00 alle 21:00, il giorno dopo può iniziare anche prima delle 08:00.
Nessuna deroga invece per chi lavora per più di un’azienda, il quale è dovuto al rispetto della normativa sul riposo giornaliero. Di conseguenza l’assunzione per due aziende è possibile solamente con contratto part-time.
Quali sono le uniche deroghe previste
Come anticipato, ci sono delle deroghe alle 11 ore di riposo tra un turno e un altro, come riassunte dal comma 1, articolo 17, del decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003.
Qui vengono specificate le seguenti eccezioni in cui questo termine può essere più basso:
- Servizi di emergenza o urgenza che si protraggono oltre il normale turno di lavoro;
- Prolungamenti del normale turno di lavoro per la mancata o tardiva presenza in servizio del lavoratore montante;
- Nell’attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra o turno e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva dei periodi di riposo giornaliero;
- Chiamata in servizio del lavoratore in turno di reperibilità ai sensi dell’articolo 46 del presente CCNL;
- Trasferimenti a lunga percorrenza, intendendosi quelli di durata superiore alle 12 ore;
- Eventi di maxi emergenza;
- Grandi eventi non programmabili, con interventi attivati o richiesti da Enti e/o organismi nazionali, regionali o provinciali.
Cosa dice la normativa sull’orario di lavoro in Italia
Come indicato nella nostra guida sui giorni di riposo settimanali, nella maggior parte dei contratti collettivi nazionali l’orario di lavoro full-time si compone di 40 ore settimanali, come stabilito dalla normativa nazionale (decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003). Il Ccnl di riferimento può prevedere una durata più breve, ma mai maggiore.
Le 40 ore vanno distribuite per un massimo di 6 giorni settimanali di lavoro, dal momento che il dipendente ha diritto ad almeno un giorno di riposo a settimana. Per quanto riguarda l’orario giornaliero di lavoro non ci sono limiti, se non quello di garantire al dipendente un riposo di 11 ore nell’arco delle 24 ore.
Di conseguenza. il dipendente non può lavorare per più di 13 ore al giorno. Il datore di lavoro ha inoltre l’obbligo di garantire una pausa per ogni 6 ore di lavoro consecutive, per permettere al dipendente di mangiare o riposarsi dalle proprie mansioni.
La durata di questo riposo (conosciuto anche come “pausa pranzo”) è indicata nel CCNL di riferimento e non può essere mai inferiore ai 10 minuti. È discrezione del datore di lavoro, comunque, decidere in quale momento della giornata lavorativa fissare la pausa.
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