La privacy nella Sanità: le indicazioni per il trattamento dei dati sensibili

Guendalina Grossi

22 Febbraio 2018 - 14:24

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La privacy nella Sanità è estremamente importante poiché si potrebbe rischiare di divulgare informazioni delicate sulla salute di una persona. Cerchiamo di capire insieme quali misure devono adottare le strutture sanitarie.

La privacy nella Sanità: le indicazioni per il trattamento dei dati sensibili

Il codice della privacy contiene tutte le disposizioni emanate dal 1996 in poi in materia di protezione dei dati personali.

Quello sanitario è senza dubbio uno dei settori più delicati tra quelli chiamati a misurarsi con le complesse problematiche applicative poste dalla normativa. I dati sanitari sono considerati infatti sensibili in quanto possono rivelare informazioni delicate sulla persona.

Proprio per questo motivo l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha fornito delle linee guida che le strutture sanitarie devono rispettare per non ledere la dignità della persona.

Vediamo insieme quali principi devono essere rispettati dalle strutture ospedaliere per non rischiare di recare danno alla privacy dei pazienti.

La tutela della dignità

Le strutture sanitarie pubbliche e private, in qualità di titolari del trattamento personale dei dati, devono garantire il pieno rispetto della dignità del paziente.

La tutela della dignità deve essere garantita con particolare riguardo alle fasce deboli quali i disabili, i minori, gli anziani e i soggetti che versano in condizioni di disagio o bisogno.

Non solo, nelle strutture sanitarie - in particolare nei reparti di rianimazione dove si possono visitare i pazienti solo attraverso delle vetrate - devono essere adottati degli accorgimenti (come ad esempio dei paraventi) che delimitino la visibilità del paziente durante l’orario di visita ai soli familiari e conoscenti.

Nel caso di aziende ospedaliero-universitarie queste ultime sono tenute ad indicare nell’informativa da fornire al paziente che in occasione di alcune prestazioni sanitarie si perseguono anche finalità didattiche, oltre che di cura e prevenzione.

Durante queste prestazioni quindi gli ospedali devono adottare determinate misure per limitare l’eventuale disagio dei pazienti, circoscrivendo per esempio il numero di studenti presenti e rispettando eventuali legittime volontà contrarie.

Riservatezza nei colloqui e notizie sulle prestazioni di pronto soccorso

Nel momento in cui il personale sanitario deve prescrivere delle medicine o deve rilasciare un certificato medico deve evitare che le informazioni sulla salute del paziente possano essere conosciute da terzi.

Lo stesso vale per la consegna di alcuni documenti, come ad esempio le analisi o le cartelle cliniche, se quest’ultima avviene in circostanze di promiscuità.

Nel caso in cui invece un soggetto viene portato al pronto soccorso l’azienda ospedaliera può dare notizia, anche per telefono, ma solo ai terzi legittimati come ad esempio ai familiari, ai parenti e ai conviventi.

Il paziente se cosciente e capace deve essere preventivamente informato dall’organismo sanitario e posto in condizione di fornire indicazioni circa i soggetti che possono essere informati della prestazione di pronto soccorso.

La dislocazione dei pazienti nei reparti e le liste di attesa dei pazienti

Le strutture sanitarie sono autorizzate a dare informazioni sulla presenza dei pazienti nei reparti ma solamente ai terzi legittimati, ovvero familiari, parenti e conviventi.

Anche in questo caso l’interessato, se cosciente e capace, deve essere informato al momento del ricovero e deve poter decidere quali soggetti possono venire a sapere del ricovero e del reparto di degenza.

Per ciò che riguarda le liste di pazienti in attesa di intervento, queste ultime non possono essere affisse per nessun motivo. Allo stesso modo è vietato rendere pubblici i documenti riepilogativi delle condizioni cliniche del paziente come ad esempio le cartelle infermieristiche che di solito sono poste in prossimità del letto di degenza.

Il ritiro delle analisi

Le analisi cliniche, i referti diagnostici e i certificati rilasciati dai laboratori possono essere ritirati anche da persone diverse dai diretti interessati purché munite di delega scritta e con consegna in busta chiusa.

I medici di base, gli studi medici privati e i medici specialistici possono decidere di non adottare queste misure, ma sono comunque tenuti a garantire il rispetto della dignità dei pazienti nonché del segreto professionale.

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