Un due di picche sul gas e la scoperta che l’inflazione è alta: servivano 9 ore di volo?

Mauro Bottarelli

11 Maggio 2022 - 20:03

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Mario Draghi incontra la stampa e scomoda figure retoriche, grandi scenari e la carta green. Ma, messo alle strette, deve ammettere come molti importatori abbiano aperto conti in rubli presso Gazprom

Un due di picche sul gas e la scoperta che l’inflazione è alta: servivano 9 ore di volo?

Una conferenza stampa tanto obbligata, quanto scomoda. Mario Draghi avrebbe preferito essere ovunque, piuttosto che sottoporsi al supplizio delle domande dei cronisti e rendere conto del suo incontro con Joe Biden. In parte, però, il presidente del Consiglio si è cercato l’incombenza. Evitare l’informativa al Parlamento prima dell’incontro, infatti, ha generato un tale malcontento in patria da rendere necessario il minimo sindacale di trasparenza.

Ma, ovviamente, è chiaro che i reali contenuti e le eventuali decisioni prese a quattr’occhi resteranno tali. Alla stampa, come sempre, si gettano pezzi di carne come si fa con la piscina degli squali. Non a caso, il premier ha immediatamente sottolineato come il tema energetico, seppur esiziale nel suo profilo di emergenzialità, non debba assolutamente bloccare o ritardare la transizione verso le rinnovabili. Anzi, il suo impegno è quello verso un aumento degli stanziamenti. Difficile crederci, al netto della rapidità con cui le banche stanno scappando a gambe levate dal business ESG, prima che si tramuti in cerino bruciacchiato esattamente come le SPAC.

Secondo tema, ovviamente, la questione Ucraina. Occorre continuare a supportare e armare Kiev, soprattutto ora che il Golia russo sia è rivelato decisamente vulnerabile ma è giunta anche l’ora di parlare di pace, ha dichiarato il presidente del Consiglio. La quale, deve essere quella che interessa all’Ucraina e non ai suoi partner. Come arrivare a quel tavolo? Mistero. Grandi voli pindarici nell’iperuranio della diplomazia ma, alla fine, nessuna indicazione su tempi e modi. E, soprattutto, su chi dovrebbe prendere l’iniziativa. Certamente non gli Usa che lo hanno ospitato, stante il contemporaneo via libera del Congresso ad altri 40 miliardi di aiuti per Kiev. Certamente non finalizzati alla resa sulla Crimea. Quantomeno perché poco strumentale agli interessi del warfare e del Pentagono.

Poi, la questione energetica. E qui, Mario Draghi è stato costretto a dire la verità. Ovvero, dopo aver confermato la sua richiesta di aumento delle forniture di gas statunitense per garantire un’uscita morbida dalla dipendenza russa, il presidente del Consiglio ha dovuto ammettere che la questione esiziale del tetto sul prezzo vede gli Stati Uniti più orientati verso una mediazione relativa alla valutazione del greggio, piuttosto che del gas. Tradotto, LNG statunitense seguirà le dinamiche di mercato. Cui si uniranno gli extra-costi di trasporto e rigassificazione. Ulteriore traduzione, due di picche. Un problema di quelli decisamente seri, perché le industrie e le famiglie non possono basare le proprie prospettive su una fornitura russa che verrà abbandonata senza una valida e reale alternativa, se non quella esotica e totalmente insufficiente dell’Africa.

Ma c’è di peggio. Perché incalzato sul tema delle sanzioni energetiche contro Mosca e, in particolare, sulla richiesta di pagamento in rubli da parte di Gazprom, Mario Draghi ha dovuto ammettere come sia un dato di fatto che gli importatori di gas più importanti abbiano già aperto conti presso Gazprombank in valuta locale. Tradotto, l’Europa non solo sta continuando a garantire miliardi alle casse russe ma lo sta facendo in rubli, quindi vanificando uno dei principali obiettivi dei suoi primi due pacchetti sanzionatori. Praticamente, un capolavoro in progress. E una rischiosa gaffe diplomatica, poiché questa ammissione di fatto smentisce quanto dichiarato solo ieri da Ursula Von der Leyen riguardo la natura di palese violazione delle sanzioni di un pagamento in rubli. Per Draghi, invece, non esiste un pronunciamento ufficiale rispetto al termini di rottura delle sanzioni. Nessuna ha mai detto chiaramente se un pagamento in rubli rappresenti o meno una violazione o come siano organizzate queste transazioni. Siamo nel pieno di una zona grigia. Viva l’Europa unita e compatta.

Infine, la scoperta dell’acqua calda. L’inflazione è un problema, ha dichiarato Mario Draghi. Di più, le Banche centrali si trovano ad affrontare una situazione difficile, poiché devono alzare i tassi per evitare un’ulteriore impennata dei prezzi ma non possono farlo troppo, altrimenti spingono in recessione le economie. Non pervenuta la terza conclusione, forse la più importante: ovvero, ammettere come le medesime Banche centrali abbiano preso una cantonata storica nel definire transitorio il trend dei prezzi e lasciarlo libero di espandersi per mesi. Ma il perché di questo omissis è chiaro: perché se da un lato serviva far defluire nell’economia reale la bolla equity gonfiata dal Qe perenne, dall’altro la conclusione è che il medesimo Qe è sì inflazionistico solo per gli assets ma le politiche di trasferimento fiscale lo sono per l’economia.

Tradotto, difficile giocarsi la carta del blame on Putin. L’inflazione è tutta fatta in casa, a tutela del sistema finanziario e della sua manipolazione strutturale. Occorrevano nove ore e mezza di volo all’andata e altrettante al ritorno per giungere a queste conclusioni? Ovviamente, no. E altrettanto ovviamente, a tutti è chiaro come le reali decisioni sortite dal faccia a faccia con il presidente Usa rimangano - per ora - riservate. Resta però il totale e preoccupante fallimento sulla questione esiziale del gas e del suo prezzo.

Gli Usa, ammesso e non concesso che intendano mettere a rischio l’offerta interna a sei mesi dalle elezioni di mid-term per aiutare l’Europa, non intendono trattare su un tetto concordato del prezzo. Si paga in base al mercato, si paga in base ai futures. E alla geopolitica. Un problema, serio. Senza risposta. Mentre mezza Europa già paga in rubli il presunto Golia azzoppato. Unica nota positiva? Lo spread, magicamente calato in area 190 punti base. Chissà quale manina ha garantito l’effetto scenico al nostro BTP, proprio nel pieno della polemica politica per il viaggio?

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