Permessi legge 104, i chiarimenti del Ministero sull’estensione del congedo per assistenza

Valentina Brazioli

12 Agosto 2014 - 10:00

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Permessi legge 104: l’estensione del congedo per assistenza fino ai parenti di terzo grado è ufficiale. Lo chiarisce il Ministero del Lavoro con l’interpello n. 19/2014: ecco come funziona, e le condizioni richieste.

Permessi legge 104, i chiarimenti del Ministero sull’estensione del congedo per assistenza

Permessi legge 104 più flessibili per i familiari dei disabili: se il coniuge o il genitore non può provvedere, il diritto ai tre giorni di astensione dal lavoro passa a un parente o affine entro il terzo grado. E’ questo, in breve, quanto precisa il Ministero del Lavoro attraverso l’interpello n. 19/2014.

A richiedere i chiarimenti in merito, l’Associazione quadri amministrazioni pubbliche (Anquad) e il Cida (Manager e altre professionalità in Italia). Scopo dell’interpello, infatti, era conoscere l’opinione del dicastero sulla corretta interpretazione dell’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 (modificato dall’articolo 24 della legge 183/2010). Tale norma, nello specifico, disciplina il diritto dei lavoratori dipendenti a godere di tre giorni di permesso mensile retribuito per assistere un familiare affetto da handicap grave. In particolare, è stato chiesto di sapere se l’estensione di questo diritto al parente o affine entro il terzo grado possa sussistere anche in presenza di omologhi di primo e secondo grado in grado di prestare assistenza.

I chiarimenti del Ministero del Lavoro

Su questo aspetto, il ministero ha chiarito che la fruizione dei permessi per i parenti o affini entro il terzo grado è subordinata solo alla circostanza che il coniuge o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle seguenti condizioni:

  • Abbia compiuto i 65 anni di età;
  • Sia affetto da patologie invalidanti, sia deceduto o mancante (condizione che comprende anche il divorzio, la separazione legale e l’abbandono).

Altra precisazione molto importante, è quella che evidenzia come sia sufficiente che le sopra citate condizioni si riferiscano anche a uno solo dei soggetti menzionati (il coniuge o uno dei due genitori); ciò che ne deriva, di conseguenza, è che non è necessario che entrambe le figure familiari siano indisponibili per far scattare l’estensione dei tre giorni di permesso mensili fino ai parenti di terzo grado: basta anche che uno solo non possa.

In ogni caso, è bene ricordare che i parenti di primo grado sono i genitori e i figli; quelli di secondo grado sono i nonni, i fratelli, le sorelle e i nipoti. Gli affini di primo grado sono i suoceri, la nuora e il genero; gli affini di secondo grado sono i cognati. Sono, invece, considerati parenti di terzo grado i bisnonni, i pronipoti, gli zii e i nipoti (figli di fratelli o sorelle); gli affini sono i parenti dello stesso grado del coniuge.

Come si fa a godere dei permessi?

I parenti o affini intenzionati a prestare assistenza (e quindi a godere dei relativi permessi) dovranno presentare domanda al Centro medico legale territorialmente competente dell’Inps, contenente l’idonea documentazione sulla patologia invalidante del genitore o coniuge del familiare con handicap grave, prodotta da:

  • Medico specialista del S.S.N. (o con esso convenzionato);
  • medico di medicina generale;
  • struttura sanitaria (in presenza di un ricovero).

Per il resto, è sicuramente opportuno ricordare che i permessi spettano solo ai lavoratori dipendenti, anche se part time.

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