Pensione con 5 anni di contributi: quanto spetta di assegno?

Simone Micocci

10/05/2021

02/12/2022 - 15:01

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Andare in pensione con soli 5 anni di contributi è possibile, ma “a che prezzo”? L’importo dell’assegno rischia di essere molto basso.

Pensione con 5 anni di contributi: quanto spetta di assegno?

Per andare in pensione può essere sufficiente anche un minimo di 5 anni di contributi. Lo prevede la cosiddetta opzione contributiva della pensione di vecchiaia, alla quale possono accedere coloro che hanno un’anzianità contributiva successiva al 1° gennaio 1996.

Chi rientra nel regime contributivo per il calcolo della pensione, quindi, può accedere alla pensione con soli 5 anni di contributi, aspettando però il compimento dei 71 anni di età.

Una buona opportunità per chi è riuscito a versare solo pochi anni di contribuzione - ad esempio perché, problema di molti, per la maggior parte della vita ha trovato solo lavori in nero - ai quali viene data comunque la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia.

Quello che ci siamo chiesti però è: con soli 5 anni di contributi, a quanto ammonta l’assegno di pensione? Come noto il regime contributivo tiene conto dei soli contributi accreditati dal lavoratore, un sistema che avvantaggia chi ha più anni di lavoro e con retribuzioni più elevate. Con soli 5 anni di contributi, qual è l’importo che si riesce ad ottenere?

Pensione con 5 anni di contributi: a quanto ammonta l’importo

La pensione a 71 anni di età e 5 anni di contributi viene quindi calcolata con le regole del regime contributivo. Ciò significa che il montante contributivo - ossia la somma dei contributi accantonati ogni anno - viene moltiplicato per il cosiddetto coefficiente di trasformazione che per chi va in pensione a 71 anni è piuttosto alto (in quanto questo tende a favorire coloro che vanno in pensione in età avanzata).

L’importo della pensione, quindi, verrebbe calcolato su soli 5 anni di contributi. E a meno che non si tratti di 5 anni di lavoro sovra pagati, immaginiamo che la retribuzione non sia stata particolarmente elevata.

Pensiamo ad un lavoratore dipendente con stipendio di 3.000,00€ lordi mensili. Considerando le tredici mensilità, questo ha una retribuzione annua lorda di 33.000,00€, accantonando un 33% (aliquota di computo) ogni anno. Per ogni anno di lavoro, quindi, questo matura un montante contributivo di 10.890,00€ che moltiplicato per 5 (immaginando quindi una retribuzione costante negli unici anni di lavoro) fa 54.450,00€.

Questo montante viene trasformato in assegno di pensione applicando un coefficiente di trasformazione che per chi ha 71 anni è pari al 6,466%. Ciò significa che al momento del pensionamento si arriva ad un assegno di 3.520,73€ lordi annui, che diviso per tredici mensilità dà appena 270,00€ lordi.

Un importo davvero molto basso, inadeguato per far fronte alle spese di tutti i giorni. E non va meglio a chi ha guadagnato cifre più elevate: con uno stipendio lordo di 4.000,00€, ad esempio, si ha diritto ad una pensione di 426,00€ lordi, mentre con 5.000,00€ a 533,44€ (sempre lordi).

Pensione con 5 anni di contributi: quali maggiorazioni?

Chi accede alla pensione con le regole del regime contributivo non può neppure beneficiare della cosiddetta integrazione al minimo della pensione. Non vi è, quindi, possibilità di un aumento tale da arrivare all’importo della cosiddetta pensione minima.

Vi è comunque la possibilità di beneficiare del cosiddetto incremento al milione, spettante agli ultra settantenni che sono titolari di una prestazione previdenziale il cui importo risulti inferiore al milione delle vecchie lire, quindi 651,51€.

A questi spetta un incremento che comunque non può superare l’importo mensile determinato dalla differenza fra 652,52€ e l’importo del trattamento minimo. Ciò significa che al massimo spetta un integrazione di 136,44€, arrivando comunque a non più di 651,51€.

È importante specificare che per ottenere la maggiorazione il reddito annuo del richiedente deve comunque essere inferiore a 8.476,26€, 14.459,90€ per il reddito coniugale.

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