Oro fatica a riprendersi, nonostante le tensioni in Ucraina. Ecco perché è destinato ancora a perdere valore

Nicola D’Antuono

8 Settembre 2014 - 14:35

L’oro fallisce il rimbalzo sopra 1.270$ e si riporta sui minimi intraday. Nei prossimi mesi sono davvero poche le speranze di ripresa, nonostante le tensioni in Ucraina

Oro fatica a riprendersi, nonostante le tensioni in Ucraina. Ecco perché è destinato ancora a perdere valore

Nonostante le forti tensioni geopolitiche in Ucraina, l’oro non riesce a risollevarsi e si conferma sotto 1.270 dollari l’oncia. Stamattina sembrava potesse avvenire un rimbalzo consistente, anche in virtù della bella reazione avvenuta venerdì dopo i non-farm payrolls americani piuttosto deludenti. Tuttavia, dopo una buona partenza nel corso della sessione asiatica, la pressione al rialzo si è via via esaurita e i prezzi sono tornati a testare i minimi intraday posti al momento a 1.264,5 dollari l’oncia. L’oro sembra stia perdendo il suo status di bene rifugio, con gli investitori maggiormente attenti a valutare le dinamiche macroeconomiche nelle proprie decisioni operative.

Da inizio anno il bilancio è comunque positivo (+5%), ma non bisogna dimenticare che il metallo giallo arriva dal suo peggior anno dal 1981 con una performance negativa vicina al 29% durante il 2013. Eppure nel primo trimestre dell’anno le cose sembravano si stessero per mettere nuovamente nella giusta direzione, tanto che i prezzi erano arrivati a lambire quota 1.400 dollari l’oncia nel periodo dell’annessione della Crimea da parte della Russia. Poi è avvenuto un brusco dietrofront, complice il costante miglioramento dell’economia americana e le aspettative di bassa inflazione nella maggior parte dei paesi sviluppati (in particolare in Europa).

A peggiorare il quadro tecnico-fondamentale dell’oro ci ha poi pensato il super-dollaro, che si è svegliato dal lungo letargo mettendo a segno performance davvero eccezionali sui mercati valutari. Il boom del dollaro fa venir meno l’esigenza di proteggersi dal carovita e dalla svalutazione. Inoltre l’aumento del valore del greenback rende più costoso acquistare oro da parte degli investitori asiatici ed europei. Ora che il tapering sta per concludersi e l’aumento dei tassi di interesse negli USA appare dietro l’angolo, l’oro diventa uno strumento poco appetibile in quanto gli investitori sono più inclini a riversare il loro denaro su asset dalle maggiori potenzialità in uno scenario di aspettative di incremento dei tassi di mercato.

C’è poi da considerare un altro importante aspetto, legato alla domanda di oro fisico da parte di Etf, consumatori e banche centrali. Sul fronte degli Etc, da inizio anno il bilancio resta sempre negativo con un deflusso di 82milioni di dollari. Inoltre, secondo il Word Gold Council, nel secondo trimestre la richiesta mondiale di oro è scesa a 963,8 tonnellate dalle 1.088,4 tonnellate del primo trimestre. Nello stesso periodo del 2013 la domanda era stata pari a1.148,3 tonnellate. Va male la gioielleria (-30%), ma anche monete e lingotti (-56%). Diminuiscono anche gli acquisti delle banche centrali. Gli analisti finanziari si aspettano mediamente che l’oro possa chiudere l’anno tra i 1.270$ e i 1.220$ l’oncia. I più pessimisti non escludono un ritorno a 1.200$ - 1.180$ e solo pochi stimano un crollo fino a 1.000$ l’oncia. Secondo BofA Merrill Lynch, invece, per l’oro il peggio è alle spalle, anche se nel breve periodo le prospettive di rialzo appaiono limitate.

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