Multinazionali USA detengono 1600 miliardi di dollari in paradisi fiscali

Daniele Morritti

13/04/2017

Oxfam avverte: 50 tra le più importanti multinazionali USA detengono in paradisi fiscali oltre 1600 miliardi di dollari. Tra queste anche Apple, Microsoft e Pfizer.

Multinazionali USA detengono 1600 miliardi di dollari in paradisi fiscali

Le 50 più importanti aziende americane detengono all’estero, in paradisi fiscali, più di 1600 miliardi di dollari. Lo denuncia Oxfam in un recente rapporto.

Nella lista del peccato pubblicata da Oxfam figurerebbero anche Apple, Microsoft e Pfizer. Per la compagnia hi-tech di Cupertino, per esempio, l’ammontare stimato detenuto all’estero si aggira è intorno ai 200 miliardi di dollari.

In un periodo storico contraddistinto da austerità e sacrifici comminati dai governi alle popolazioni di tutto il mondo, il potentato tecnologico e industriale si fa beffe dell’etica economica trasferendo oltremare somme ingenti altrimenti destinate (in misura seppur limitata rispetto al profitto) alla comunità sotto forma di imposte.

La speranza, almeno negli USA, è che il taglio delle imposte promesso da Trump funga da incentivo per pagarle, anche se non è da escludere che il fenomeno continui sulla scia di una tendenza difficile da estirpare. Secondo Tobias Hauschild, di Oxfam, “nelle multinazionali l’elusione fiscale è diventato lo sport principale”.

Oxfam lancia l’allarme: nei paradisi fiscali 1600 miliardi di dollari solo da USA

Un sottobosco di consociate estere si dipana dietro le facce di bronzo dei CEO della Silicon Valley. Un rapporto di Oxfam svela qualcosa di veramente inquietante - e duole dirlo, poco sorprendente: 50 tra le più importanti multinazionali USA detengono all’estero, sotto le mentite spoglie di 1751 controllate sparpagliate tra le Alpi e i Caraibi, qualcosa come 1600 miliardi di dollari, cifra monstre che va consolidandosi al passo di 135 miliardi di euro l’anno.

Sia ben chiaro: almeno negli USA, pratiche di questo tipo non sono affatto vietate. Non esiste disciplina che imponga ad un’azienda USA di non usufruire degli sgravi fiscali che lautamente i paradisi fiscali offrono. La gran caciara degli incontri al vertice - quelli in cui si punta il dito contro l’evasione - resta, per l’appunto una gran caciara. Poco s’è fatto per invertire questa tendenza, almeno negli USA (e, a dire il vero, anche nell’UE, dato che una dei fondatori, il Lussemburgo, è all’avanguardia tra i paradisi sulla terra).

Nello specifico, trasferendo capitali nei paradisi fiscali le aziende USA catalogate da Oxfam risparmiano, in termini di tasse, circa il 6%. L’imponibile sui profitti di impresa negli USA si attesta intorno al 35%, tetto che Trump da mesi decanta di voler abbassare.

Il neo-presidente USA - che in termini di credibilità riformatrice non se la sta passando benissimo dopo la bocciatura della riforma dell’Obamacare - spinge per abbassare le imposte al 15%, con la speranza che il provvedimento riaccenda la fiammella patriottica delle aziende che da anni operano (ed eludono al fisco) all’estero.

Purtroppo, nulla lascia presagire che una simile mossa della Casa Bianca controverta una tendenza ormai stratificata nell’agire delle grandi multinazionali. Come è stato recentemente ricordato dalla stampa americana, le grandi multinazionali spendono all’incirca 2,5 miliardi di dollari l’anno in azioni di lobbying tese non solo a comprare il favore della politica nei confronti di riforme del fisco lasche e pro-business, ma anche il silenzio nei confronti di pratiche controproducenti per il benestare sociale come l’evasione fiscale estera.

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