L’incremento del costo di funding finirà per deteriorare il contesto macroeconomico italiano. A rilevarlo è l’agenzia Moody’s, secondo cui un ulteriore escalation della tensione sull’asse Roma-Bruxelles è destinata ad impattare (nuovamente) sul merito di credito italiano.
Più costi di raccolta, più rischi per l’economia. A mettere in evidenza la correlazione diretta tra oneri legati al funding, in aumento a causa delle tensioni con le autorità europee, e il possibile peggioramento dello stato di salute della nostro economia, è l’agenzia Moody’s in un report pubblicato oggi.
Alla luce dei richiami arrivati negli ultimi tempi da Bruxelles e del conseguente avvio della procedura di deficit eccessivo, è molto probabile, rileva l’agenzia di rating, che la Commissione europea decida in tempi brevi di avviare una procedura di infrazione in via formale.
Nonostante quello attuale rappresenti uno scenario già scontato dall’agenzia, che non a caso il mese scorso ha bocciato il merito di credito del Paese da Baa2 a Baa3 con prospettive “stabili”, un’ulteriore “e significativa” escalation dello scontro “sarebbe negativa” per il merito di credito italiano poiché finirebbe per “far salire in maniera significativa la probabilità di un forte rialzo, fino a livelli insostenibili, del costo sostenuto per prendere a prestito”.
Su questo tema si è espresso anche qualche giorno fa l’istituto di statistica. “È possibile –si legge nel report ‘Le prospettive per l’economia italiana nel 2018-2019’ diffuso qualche giorno da dall’Istat- valutare anche l’impatto di un peggioramento delle condizioni del mercato del credito, determinato da un aumento dei tassi di interesse sul quadro macroeconomico. Nel primo anno, un aumento dei tassi di interesse pari a 100 punti base determinerebbe un peggioramento del Pil dello 0,7% rispetto allo scenario base”.
In linea la view della Banca d’italia, secondo cui “il rialzo dei tassi registrato da maggio rischia di vanificare l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio".
Investitori esteri battono in ritirata
Tensioni sull’asse Roma-Bruxelles, spiega Moody’s, nei prossimi mesi spingeranno al rialzo i rendimenti della carta italiana e gli investitori esteri è probabile che continuino a ridurre l’esposizione al nostro Paese. I dati diffusi poco fa da Bankitalia hanno rilevato che la quota dei titoli di Stato italiani in mano a investitori esteri nel corso del secondo trimestre dell’anno è scesa al 24% del totale, con una flessione di circa tre punti percentuali, la più ampia dal secondo trimestre del 2012.
L’agenzia valuta “improbabile” che sanzioni nei confronti di Roma siano varate prima delle elezioni europee, così com’è difficile che il conflitto porti il nostro Paese ad abbandonare la Zona Euro.
E quelli italiani languono
In un simile contesto, “gli investitori retail italiani dovrebbero avere un ruolo più importante nel fornire i fondi al governo”, ha detto Kathrin Muehlbronner, vice presidente senior di Moody’s. Partecipazione che non si è vista, anzi, nell’ultima edizione del Btp Italia quando, tra piccoli risparmiatori e istituzionali, sono stati raccolti appena 2,2 miliardi di euro, il peggior risultato dal 2013.
Moody’s infine rileva come l’economia italiana abbia già iniziato a registrare un rallentamento nel corso dei primi nove mesi dell’anno” e al momento è possibile vedere “rischi significativi al ribasso” per l’outlook economico. "Il perdurare dell’incertezza insieme con tassi di interesse relativamente alti potrebbero deprimere ulteriormente la crescita nell’ultimo trimestre e nel 2019".
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