In occasione della Festa dei Lavoratori il nuovo ministro del Lavoro Enrico Giovannini è intervenuto sulla Riforma Fornero, prospettando la possibilità di una revisione da attuare alla legge, considerata inadeguata in tempo di recessione. In arrivo modifiche alla Riforma Fornero? Si potrebbe partire dall’apprendistato e dai contratti a termine.
Questo è il parere della nuova squadra di Governo che ha intenzione di semplificare le tipologie contrattuali suddette, “almeno fino al consolidamento delle prospettive di crescita”, nella convinzione che la Riforma Fornero abbia contribuito a frenare le assunzioni con delle regole troppo restrittive.
Apprendistato
Ricordiamo che il contratto di apprendistato ha subito delle modifiche con la Riforma Fornero, che è intervenuto soprattutto in riferimento alla durata e alla percentuale di assunzione.
In sostanza, l’assunzione di nuovi apprendisti viene subordinata alla stabilizzazione del 30% (a partire da luglio 2015 del 50%) degli apprendisti dipendenti del medesimo datore nei 36 mesi precedenti alle nuove assunzioni, a patto che il rapporto non sia terminato per:
- dimissioni;
- licenziamento per giusta causa;
- fallimento del periodo di prova.
Il nuovo Governo punta al “rafforzamento” del contratto di apprendistato. Secondo Maurizio Sacconi (PDL), ex ministro del Lavoro: “Sull’apprendistato non ci sono abusi, ma si stipulano pochi contratti perché lo strumento, riformato a fine 2011, è stato appesantito dal punto di vista burocratico dalla legge 92/2012”, che, nonostante abbia puntato molto su questa tipologia di contratto, non ne ha garantito un incremento, anzi. Le assunzioni con il contratto di apprendistato sono state solo il 2,8%, senza contare il calo del 3% registratosi tra il quarto trimestre del 2012 e lo stesso periodo del 2011.
Il nuovo Governo, secondo Sacconi, dovrà porsi come obiettivo quello di “stimolare le imprese ad assumere” e, per fare ciò “c’è bisogno di guardare con pragmatismo alla legge Fornero per una rapida revisione”.
Come si potrebbe intervenire? Attraverso spazi di manovra condivisi, quali ad esempio:
- la semplificazione della parte relativa alla certificazione e alla rendicontazione della formazione;
- la possibilità di rimettere l’intera gestione dell’apprendistato agli accordi tra le parti, anche all’interno della stessa impresa.
Contratti a termine
In riferimento ai contratti a termine il Governo Letta potrebbe seguire due strade:
- si potrebbe intervenire sugli intervalli obbligatori di tempo tra un rinnovo contrattuale e l’altro, riducendoli e lasciando alla contrattazione l’eventualità di individuare pause più brevi. Ricordiamo che la Riforma Fornero ha dilatato i tempi di intervallo: da 10 a 60 giorni (contratti fino a 6 mesi), da 20 a 90 giorni (contratti oltre i 6 mesi), con la conseguenza di scoraggiare le aziende al prolungamento dei contratti;
- la seconda strada sarebbe relativa al “causalone”, ovvero quelle ragioni di natura tecnica, organizzativa, produttiva o sostituitiva che legittimano il ricorso al contratto a tempo determinato. La Riforma Fornero ha abolito la possibilità di ricorrere al “causalone” per il primo contratto a termine con una durata pari a 12 mesi, che non è prorogabile, mentre ha lasciato questa possibilità nei contratti superiori a 12 mesi. Questi due diversi regimi hanno rappresentato una difficoltà applicative per molti imprenditori per cui il Governo sta pensando di intervenire in due modi: rendendo più blanda la causale e generalizzando la acausalità o sostituirla specificando le percentuali di ricorso al contratto tempo determinato, che dovranno essere fissate considerando le specificità di ciascun settore. La possibilità di assumere una determinata percentuale di lavoratori, senza menzionare la causale, è quanto già avviene nelle start-up.
A tal proposito Giorgio Santini (PD) ha dichiarato:
“Si sta ragionando su come rispondere all’esigenza di una semplificazione. Nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva europea, va conservato un criterio di selettività per evitare abusi nel ricorso al contratto a termine, al posto del contratto a tempo indeterminato. Si guarda alle esperienze europee che indicano fondamentalmente due criteri, quello delle percentuali o quello delle causali”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA