Mercato azionario, 2000 vs. 2021: correzione in arrivo?

Roberto Donzelli

24 Aprile 2021 - 18:00

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Ci sono molti parallelismi tra la situazione attuale del mercato azionario e quella di inizio anni 2000 prima dello scoppio della bolla. Ma è veramente tutto uguale?

Mercato azionario, 2000 vs. 2021: correzione in arrivo?

A marzo 2000 il Nasdaq raggiunse un massimo ad oltre 5.000 punti. Quello fu l’apice prima della tempesta - intendiamo una correzione che fece evaporare oltre l’80% del valore dell’indice.

Non così elevata, ma comunque sostanziosa, anche la caduta dell’indice generale S&P500. Negli stessi giorni in cui il Nasdaq sfondava i 5.000 punti, l’S&P500 superava per la prima volta quota 1.500 punti. Poco meno di tre anni dopo, la correzione portò l’indice a dimezzarsi, scendendo sotto i 770 punti.

Oggi sono in molti a vedere i mercati attuali non dissimili da quelli di allora, con conseguente timore di una prossima caduta dei listini. Vediamo quindi parallelismi e differenze con quanto succedeva 21 anni fa.

Mercato azionario, 2000 vs. 2021: le similitudini

Tra oggi e allora possiamo trovare essenzialmente quattro notevoli parallelismi:

Scarsa volatilità

Come nel 2000, gli investitori sono calmi e tranquilli e confidano che il rialzo dei mercati azionari continuerà ancora. L’indice VIX, che misura appunto la volatilità, a marzo 2000 stazionava intorno a quota 20, un livello storicamente basso. Oggi addirittura il valore è sotto questa soglia, oscillando tra 16 e 17.

Bull Market

Oggi come allora, le azioni vengono da un Mercato Toro di tipo «generazionale», durato cioè più di 10 anni. Era il 2009 quando si concluse il precedente storico ribasso di lungo periodo e da allora, per 12 anni, le azioni americane (e in misura minore quelle internazionali) sono salite senza sosta. La parentesi del ribasso del 2020 per via del Covid è stato molto veloce e altrettanto veloce è stato il recupero. Nel 2000, ugualmente, il rialzo continuo era durato circa 10 anni, con una correzione rapida e altrettanto rapido recupero nell’estate del ’98 a causa della crisi asiatica.

Tecnologia

I maggiori rialzi di questo rialzo decennale sono avvenuti nel settore tecnologico, soprattutto negli ultimi due-tre anni, quando questo comparto ha staccato con decisione quelli più tradizionali. Situazione non dissimile da quanto successe allora, quando il settore tecnologico rappresentava una vera e propria mania.

Corsa agli acquisti

Come spesso accade dopo rialzi sostenuti e duraturi, la «Fear Of Missing Out» (FOMO), cioè la paura di restare indietro e non partecipare ai facili guadagni di Borsa, spinge i compratori ad investire quasi senza nemmeno guardare cosa comprano. Semplicemente vanno dietro a chi si è mosso prima, solo per salire sul treno. Questa situazione c’era nel 2000 come oggi.

Se la storia si ripete, insomma, siamo seduti sul ciglio di un burrone e il disastro è imminente. Tuttavia, le situazioni non sono identiche. E le differenze possono giocare un ruolo notevole.

Mercato azionario, 2000 vs. 2021: le differenze

Le differenze più marcate si trovano attualmente in tre aree: valutazioni, profitti, tassi di interesse.

Valutazioni

Attualmente le valutazioni sono alte, lo leggiamo ovunque. Il rapporto P/E aggiustato per il ciclo dell’indice S&P500 è pari a circa 37, molto al di sopra della media storica, che è poco meno di 17. Tuttavia, nel 2000 questo valore era addirittura sopra 44. Un 20% di differenza non è affatto poco. Se poi consideriamo il solo P/E - non la media aggiustata, quindi - con il forte rimbalzo atteso degli utili dovremo raggiungere alla fine del 2021 un livello di circa 22-23.

Profitti

Una delle principali differenze tra oggi e allora è che i protagonisti di questo rialzo, cioè le società tecnologiche, hanno attualmente modelli di business molto più redditizi. Molte società tecnologiche oggi fanno, trimestre dopo trimestre, il pieno di utili. Nel 2000, invece, queste società si compravano principalmente a fronte di aspettative spesso molto ottimiste. A fine ’99 il rapporto P/E del Nasdaq100 era oltre 100, mentre attualmente il rapporto P/E Forward, con gli utili stimati per l’intero 2021, è un più ragionevole (29).

Tassi di interesse

Questa è forse la differenza maggiore. Nella primavera del 2000 il decennale americano rendeva quasi il 6%. Questo significa che un investitore poteva comprare azioni a prezzi molto alti rispetto agli utili e con dividendi poco sopra l’1%, oppure comprarsi un tranquillo Treasury decennale e ottenere un corposo 6%. Un differenziale notevole.
Oggi la situazione è molto diversa. Perché se è vero che le azioni hanno sempre un dividendo poco sopra l’1%, per contro investendo in un Treasury si ottiene solo l’1,55%. Peraltro, con inflazione e tassi in rialzo il rischio di tenere reddito fisso è piuttosto elevato.

Scoppio della bolla in vista?

C’è sicuramente molto di simile tra oggi e allora, ma ci sono anche molte differenze. Il rischio di una caduta dei mercati è più che mai presente, inutile negarlo. Ma ci sono anche molti elementi che permettono di sostenere le attuali quotazioni.

Molto dipenderà proprio dalla crescita dei profitti in rapporto a quella dei tassi di interesse. Sono questi due, attualmente, i driver più importanti.

Se i profitti cresceranno meno delle stime e i tassi, invece, dovessero salire più velocemente, allora il rischio di correzione prolungata potrebbe essere davvero dietro l’angolo. Ma per ora, le prime trimestrali uscite lasciano ben sperare.

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