Non gettate via la mascherina: mercati e debiti hanno bisogno della quarta ondata

Mauro Bottarelli

28/06/2021

28/06/2021 - 15:21

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Vienna ora apre al Pepp illimitato e la stessa Bundesbank rimanda ogni decisione all’autunno, spianando la strada al blitz sull’envelop al board Bce del 22 luglio. La variante Delta è il nuovo driver

Non gettate via la mascherina: mercati e debiti hanno bisogno della quarta ondata

Utilizzando un modo di dire anglosassone, ha nevicato all’inferno. Nell’arco di una mattinata, due dei falchi più temuti in seno al board della Bce hanno di fatto aperto - in maniera più o meno esplicita - a un Pepp prolungato rispetto alla data di chiusura del marzo 2022. Pessimo segnale, quantomeno per chi oggi pensava di festeggiare in maniera definitiva l’addio alla mascherina. Il messaggio appare chiaro: l’emergenza pandemica è tutt’altro che chiusa, quindi occorre mantenere integro il supporto per tutto il tempo necessario. E anche oltre. Sgradevole effetto collaterale: occorrerà mantenere in vita anche alcune precauzioni e restrizioni dei mesi passati, anche solo a livello formale.

Interpellato da Bloomberg, il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, ha sottolineato come l’outlook dei prezzi per Germania ed eurozona sia chiaramente da intendersi in trend rialzista. Fin qui, nulla che stupisca. Fino a quando, il totem in persona del rigorismo germanico opta per una conversione in stile Fed: La dinamica inflazionistica che stiamo registrando in Germania è ascrivibile a fattori temporanei. Primi fiocchi di neve sugli Inferi. Poi, la certificazione di una situazione che appare sull’orlo del precipizio: Non possiamo decidere sull’uscita dal Pepp con una lasso di tempo troppo anticipato. A questo punto, i diavoli hanno tirato fuori gli slittini.

Ma a stretto giro di posta, è Reuters a mettere sul tavolo il carico da novanta. Il governatore della Banca centrale austriaca, Robert Holzmann, nell’arco di una sola settimana dal suo richiamo alla necessità di normalizzare in tempi rapidi la politica monetaria, offre alla platea un raro esempio di tuffo carpiato: Il Pepp continuerà fino a quando non sarà terminata l’emergenza pandemica, un obiettivo temporale che ad oggi non appare all’’orizzonte. In tal senso, il programma di acquisti può proseguire, sia in una versione cambiata che in quella attuale... Avremo una visione più chiara rispetto al futuro del Pepp in settembre, sicuramente ad oggi non esiste spazio per un aumento dei tassi, stante l’inflazione ancora debole. A questo punto, Lucifero e accoliti stanno organizzando uno slalom gigante e le palle di neve volano come polline al vento.

Tutto nell’arco di pochi giorni. E, nemmeno a dirlo, con l’esplosione quasi sottotraccia e silenziosa della variante Delta, divenuta nuovo spauracchio ma anche nuovo driver dei mercati. E in effetti, tutto sembra collimare con i toni da cambio in corsa emergenziale dei due banchieri centrali: oggi Portogallo e Spagna hanno imposto nuove restrizioni di quarantena per i turisti britannici dopo il mega-focolaio esploso a Maiorca e l’aumento dei casi nell’area di Lisbona, questo nonostante si sia in piena stagione vacanziera e proprio i sudditi di Sua Maestà siano fra i più presenti nella penisola iberica. Tradotto, la serietà dell’allarme vale più della potenziale perdita di introito. O, leggendo l’accaduto attraverso una lente cinicamente differente, quanto potrà essere garantito dalla Bce al governo «grazie» alla variante Delta è molto superiore al lucro cessante per il bando parziale del turismo.

E quando Angela Merkel, ormai operante in qualità di free agent e quindi libera di spaziare e fare pesare la sua credibilità politica in base alle necessità, invita ufficialmente l’Europa a restare unita per evitare che il contagio si diffonda a macchia d’olio nel Continente, il segnale travalica la mera cautela di qualche autorità locale. La variante Delta è divenuta ufficialmente il tema. E fra i corridoi di Francoforte ci si lascia sfuggire come la situazione sembri perfetta per un blitz della Banca centrale al prossimo board del 22 luglio, l’ultimo prima della pausa estiva. Se, come sembra, da qui a venti giorni la situazione dovesse aggravarsi a livello di allarme, aiutata in tal senso anche dai possibili focolai generati dai flussi turistici e dalla presenza negli stadi degli Europei (e con epicentro potenziale a Londra per la finale dell’11 luglio), Christine Lagarde potrebbe farsi forte della conversione forzata di Weidmann e Holzmann e giocare da subito la carta dell’envelop, annunciando ufficialmente la proroga open-ended del Pepp in base al variare della situazione del virus.

Di fatto, tutti gli 850 miliardi potenziali sul tavolo per il 2022 e, soprattutto, una revisione mensile della situazione che parta però da un natura del programma di acquisti mutata e divenuta strutturale e illimitata. A quel punto, l’estate sarebbe caratterizzata da un rally azionario con pochi precedenti e un crollo degli spread, perfetta condizione in cui attendere la mossa di Jerome Powell a Jackson Hole sul finire di agosto. A settembre, poi, si vedrà. Ma partendo non più da un discorso che vedeva fra i temi all’ordine del giorno il ritiro del programma di sostegno europeo, bensì il contrario. Ovvero, solo la possibilità di scalare rispetto all’aumento della forza d’urto decisa e comunicata a luglio.

Praticamente, la peggiore della ipotesi settembrina diverrebbe quella di tornare alla condizione attuale di pre-discussione. Tradotto, nessun azzardo su fine del Pepp e aumento dei tassi fino a primavera 2022. Neppure in caso di inflazione ampiamente sopra il target obiettivo in tutta l’eurozona. Il rovescio della medaglia di questa svolta che i mercati ancora non prezzano ma che potrebbero incorporare nelle valutazioni con un vero e proprio botto? Marcia indietro forzata rispetto ai propositi liberatori e quasi catartici di eliminazione delle mascherine dai cassetti di casa. Serve ancora un po’ di virus. Perché l’alternativa è quella di una replica del 2011. Ma decisamente più seria negli ammontare e nelle conseguenze sistemiche. Tanto seria da obbligare Weidmann e Holzmann a tramutarsi in testimonial della politica monetaria espansiva. La neve all’inferno, appunto.

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