Licenziamento per vecchiaia

Noemi Secci

19 Ottobre 2018 - 17:29

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In quali casi il lavoratore che raggiunge i requisiti per il pensionamento può essere licenziato: pensione di vecchiaia, di anzianità e anticipata.

Licenziamento per vecchiaia

Nella maggior parte dei casi, il lavoratore che raggiunge i requisiti per la pensione non vede l’ora di uscire dal lavoro, dopo innumerevoli anni di attività.

Ci sono delle situazioni in cui, però, il lavoratore preferisce restare in servizio nonostante abbia maturato i requisiti per pensionarsi. I motivi possono essere diversi: c’è chi vuole raggiungere un trattamento di pensione più elevato e, per questo, vuole versare qualche anno in più di contributi, chi, invece, è molto attaccato al posto di lavoro, chi ha necessità di percepire lo stipendio in quanto la pensione non basta per far fronte ai debiti...

In questi casi, il datore di lavoro può comunque licenziare il lavoratore perché ha raggiunto i requisiti per la pensione? In altre parole, il licenziamento per vecchiaia è consentito?

Non esiste un’unica risposta a questa domanda: il licenziamento per raggiunti limiti di età e contribuzione, difatti, è consentito in alcune ipotesi, più ampie per i dipendenti pubblici e più restrittive per i dipendenti del settore privato. Per i dipendenti del settore privato, poi, possono influire anche le disposizioni dei contratti collettivi.

Ma procediamo per ordine e vediamo in quali casi è consentito il licenziamento per aver raggiunto l’età pensionabile o i requisiti per la pensione.

Licenziamento per chi raggiunge i requisiti della pensione di vecchiaia: dipendenti del settore privato

Se il lavoratore raggiunge i requisiti (età pensionabile e anni di contributi) per accedere alla pensione di vecchiaia, il datore di lavoro può licenziarlo, anche senza motivazione, rispettando i termini di preavviso.

Se il lavoratore decide di proseguire l’attività lavorativa fino a 70 anni e 7 mesi di età (l’attuale età per la pensione di vecchiaia contributiva, 71 anni dal 2019), però, in base alle previsioni della legge Fornero (Dl 201/2011) dovrebbe comunque operare la tutela contro i licenziamenti illegittimi.

Un noto orientamento della Cassazione (Cass. sent. n. 17589/2015), tuttavia, interpreta la legge considerando l’opzione per il lavoratore di trattenersi in servizio sino a 70 anni e 7 mesi non come un diritto, ma come una possibilità, che può essere concessa o meno dal datore di lavoro.

In ogni caso, il lavoratore può essere licenziato per raggiunti limiti di età e non ha diritto al preavviso se esiste un’apposita clausola del contratto collettivo che prevede l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro al raggiungimento di una determinata soglia di età (come chiarito dalla Cassazione, con la sentenza n. 1743/2017).

In questi casi non si tratta di un’ipotesi di licenziamento vera e propria, ma della possibilità, per il datore di lavoro, di avvalersi di un meccanismo di risoluzione del rapporto previsto da contratto.

Licenziamento per chi raggiunge i requisiti della pensione anticipata: dipendenti del settore privato

Il licenziamento non è consentito, prima del raggiungimento dei limiti di età, se il dipendente possiede i requisiti per la pensione anticipata e il datore di lavoro non è un ente pubblico.

In parole semplici, i datori di lavoro privati non possono licenziare i dipendenti che raggiungono i requisiti per la pensione anticipata, a meno che non abbiano raggiunto anche i requisiti per la pensione di vecchiaia.

Pensionamento d’ufficio dei dipendenti pubblici

Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, la possibilità di licenziare per raggiunti limiti di età e contribuzione è chiarita dalla Circolare del Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione n. 2 del 19/02/2014.

La circolare, nel dettaglio, dispone che, una volta raggiunti i requisiti per la pensione, l’amministrazione deve far cessare il lavoratore dal servizio, se raggiunge anche l’età prevista dall’ordinamento di appartenenza per la cessazione del rapporto di lavoro, cioè la cosiddetta età ordinamentale.

Nel caso in cui il lavoratore non raggiunga l’età ordinamentale, ma perfezioni i requisiti per la pensione, la cessazione del rapporto è invece a discrezione dell’amministrazione. L’amministrazione, cioè, non è obbligata a terminare il rapporto, ma può anche scegliere di mantenere in servizio il dipendente.

In pratica, le ipotesi in cui è consentito il pensionamento forzato da parte della pubblica amministrazione sono tre:

  • l’amministrazione deve pensionare il dipendente: se si tratta di un lavoratore che ha maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia, oppure il diritto alla pensione anticipata, ed ha raggiunto il limite d’età ordinamentale previsto dal settore d’appartenenza;
  • l’amministrazione è libera di non pensionare il dipendente, invece, se questi ha maturato i requisiti per la pensione anticipata senza aver raggiunto il limite d’età ordinamentale.

Pensionamento d’ufficio dei dipendenti pubblici per chi raggiunge i requisiti della pensione anticipata

Per quanto riguarda la possibilità di pensionare i lavoratori che hanno maturato i requisiti per la pensione anticipata, senza aver raggiunto il limite d’età ordinamentale, è necessario fare alcune osservazioni.

La circolare Circolare del Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione , in particolare, chiarisce che, anche se il dipendente matura i requisiti per la pensione anticipata (nel 2018, 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), può essere pensionato d’ufficio solo se ha compiuto i 62 anni d’età (si tratta del requisito previsto dalla legge Fornero per ottenere la pensione anticipata senza penalizzazioni).

Il pensionamento d’ufficio non è possibile se non sono stati compiuti almeno 62 anni, nonostante con la Legge di bilancio 2017 siano state definitivamente abolite le penalizzazioni dell’assegno di pensione anticipata: non ci sono infatti state modifiche alla disciplina del collocamento a riposo forzato.

In ogni caso, l’amministrazione, per licenziare, deve motivare la scelta e attenersi a determinate condizioni (ad esempio, la presenza di esuberi).

Trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici

Il dipendente pubblico ha, in ogni caso, la possibilità di proseguire il rapporto di lavoro oltre il limite d’età ordinamentale, oppure oltre l’età prevista per la pensione di vecchiaia: questa possibilità, però, è concessa solo per garantire la maturazione dei requisiti contributivi minimi (20 anni di contributi, nella generalità dei casi, per la pensione di vecchiaia) per l’accesso alla pensione.

In ogni caso, il trattenimento in servizio non può andare oltre i 70 anni e 7 mesi di età (71 anni dal 2019).

Per determinare il raggiungimento dei requisiti contributivi minimi sono considerati i contributi accreditati in tutte le casse, non solo i versamenti accantonati presso le gestioni previdenziali pubbliche: questo, perché il dipendente può valorizzare tutti i versamenti senza oneri, ai fini del diritto e dell’ammontare del trattamento, utilizzando la totalizzazione o il cumulo.

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