Lavoro notturno, la guida su orario, limiti, stipendio e agevolazioni

Simone Micocci

23 Marzo 2023 - 12:45

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In quale fascia oraria si parla di lavoro notturno? Quali sono i limiti e quando si ha diritto a un aumento di stipendio? Di seguito la guida completa con tutto quello che serve sapere a riguardo.

Lavoro notturno, la guida su orario, limiti, stipendio e agevolazioni

L’orario di lavoro si distingue in diurno e notturno: in particolare, secondo il d.lgs n. 66 dell’8 aprile 2003 - nonché per la contrattazione collettiva a cui la legge rinvia - viene considerato lavoro notturno l’attività svolta per almeno 7 ore nell’intervallo compreso tra tra le 24:00 e le 5:00 del mattino.

Il lavoro notturno è considerato come lavoro usurante: è per questo motivo che coloro che vengono identificati come lavoratori notturni hanno diritto a una paga maggiorata, nonché a una serie di agevolazioni ai fini dell’accesso alla pensione.

Per lo stesso motivo la legge identifica delle categorie di lavoratori che non possono svolgere attività lavorativa nel periodo notturno, ad esempio per ragioni familiari o per motivi di salute.

La disciplina

Come anticipato, bisogna distinguere il concetto di periodo notturno dal lavoro notturno.

Come visto in precedenza il periodo notturno è di 7 ore consecutive che comprendono anche l’intervallo che va dalla mezzanotte alle cinque di mattina. Ad esempio, chi inizia a lavorare alle 20:00 e conclude alle 04:00: in tal caso l’attività lavorativa si considera svolta nel periodo notturno e come tale deve essere retribuita.

Discorso differente per essere identificati come lavoratori notturni così da avere accesso a una serie di agevolazioni, come quelle in ambito previdenziale che approfondiremo di seguito.

Nel dettaglio, è considerato lavoratore notturno il dipendente che durante il periodo notturno svolge almeno:

  • 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
  • una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dal contratto collettivo del settore di appartenenza. Laddove il Ccnl non preveda una tale disposizione, è lavoratore notturno colui che svolge attività lavorativa per 3 ore nel periodo notturno per un minimo di 80 giorni l’anno.

Le suddette regole possono variare a seconda del Contratto collettivo di appartenenza: tuttavia, così come per tutte le norme del diritto del Lavoro, solo se da ciò ne consegue un trattamento di maggior favore per il dipendente. Per questo motivo l’arco temporale del periodo notturno può essere ampliato ma non ristretto.

Come disporre il lavoro notturno in azienda

Va detto che la predisposizione del lavoro notturno in azienda deve essere obbligatoriamente preceduta da una consultazione con le rappresentanze sindacali che deve obbligatoriamente concludersi entro 7 giorni.

Dopodiché, una volta disposto il lavoro notturno, che se previsto da contratto è obbligatorio per il dipendente, il datore di lavoro deve attenersi a una serie di obblighi.

Il primo riguarda il controllo preventivo: prima di adibire alcuni lavorati al lavoro notturno, infatti, il datore è tenuto a effettuare dei controlli periodici per valutare lo status psicofisico dei dipendenti. In genere questi controlli sono a cadenza biennale e avvengono presso il medico competente per l’azienda. La violazione degli obblighi di controllo comporta al datore di lavoro pesanti sanzioni: l’arresto da 3 a 6 mesi o l’ammenda da 1.549 euro a 4.131 euro. Il turno notturno, quindi, può essere assegnato solo in caso di valutazione positiva del medico o della struttura sanitaria. Inoltre il datore deve sempre darne avviso alle rappresentanze sindacali presenti in azienda (se ci sono) e alle Organizzazioni territoriali per i lavoratori.

Inoltre, l’azienda ha l’obbligo di assicurare un livello di servizi, nonché predisporre strumenti di protezione e prevenzione, equivalente a quello previsto per chi svolge il turno diurno.

Esclusi dal lavoro notturno

Il secondo vincolo all’avvio del lavoro notturno riguarda alcune categorie di lavoratori, nei confronti dei quali vige il divieto assoluto di lavorare di notte poiché questo potrebbe arrecare danni seri alla salute.

Nel dettaglio, è vietato adibire al lavoro nel periodo notturno:

  • le donne nel periodo di maternità, che va dai 300 giorni antecedenti al parto al compimento di 1 anno di età del bambino (per loro il divieto si estende fino alle 6:00);
  • lavoratrice con figlio di età inferiore ai 3 anni. In alternativa, il divieto si applica nei confronti del padre, se convivente;
  • genitore unico affidatario di un figlio convivente di età inferiore ai 12 anni;
  • lavoratore che assiste un soggetto disabile ai sensi della legge n. 104 del 1992.

La contrattazione collettiva non può mai limitare queste disposizioni ma può invece ampliare le categorie escluse.

Stipendio per il lavoro notturno

Per i turni notturni i dipendenti hanno sempre diritto a una maggiorazione della retribuzione; questa viene stabilita in maniera diversa dai vari contratti collettivi nazionali, quindi occorre leggere attentamente la contrattazione a cui si ha dato la propria adesione.

Solo a titolo esemplificativo, nel settore metalmeccanico chi lavora di notte ha diritto al 20% in più della retribuzione se il turno è fino alle 22.00 e al 30% in più se va oltre le 22.00. Inoltre se il turno di notte riguarda un giorno festivo la maggiorazione sale al 60%.

Orario di lavoro notturno

La normativa sull’orario di lavoro, il d.lgs n. 66 del 2003, fissa dei limiti anche per il lavoro notturno. A tal proposito, l’articolo 13 stabilisce che l’orario di lavoro, in media nelle 24 ore, non può superare le 8 ore.

In assenza di disposizione nel contratto collettivo, tale media si calcola prendendo come riferimento una settimana lavorativa di 6 giorni, e nel computo non si deve tener conto del periodo di riposo minimo settimanale laddove questo sia compreso nell’arco temporale di riferimento previsto dal Ccnl.

Pensione anticipata per chi lavora di notte

Il nostro ordinamento riconosce il lavoro notturno come usurante, per questo dà diritto ad andare in pensione prima. Ad esempio, per i dipendenti che lavorano per almeno 3 ore nel periodo notturno nell’intero anno lavorativo, oppure per almeno 6 ore nello stesso intervallo ma per sole 78 notti l’anno, vi è la possibilità di andare in pensione con Quota 97,6, ossia una volta che la somma tra età anagrafica (minimo 61 anni e 7 mesi) e contributi (almeno 35 anni), dà come risultato 97,6.

Per chi svolge attività di lavoro notturno per meno di 78 notti l’anno è comunque possibile andare in pensione in anticipo, soddisfando però requisiti più stringenti:

  • da 72 a 77 notti l’anno si passa a Quota 98,6;
  • da 64 a 71 notti l’anno, invece, a Quota 99,6.

Inoltre, la legge di Bilancio 2018 ha introdotto un’ulteriore agevolazione nei confronti dei notturni. Nel dettaglio, come spiegato dall’Inps con la circolare n. 59 dello stesso anno, i periodi di lavoro notturni svolti da coloro che sono impiegati in cicli produttivi organizzati su turni di 12 ore sono rivalutati applicandovi un coefficiente di 1,5. Ciò vale solo se il lavoro notturno viene svolto per almeno 78 notti l’anno.

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