Quali lavori sono vietati in allattamento

Simone Micocci

17 Luglio 2025 - 16:03

Ecco quali sono i lavori e le mansioni vietate alle lavoratrici durante l’allattamento, per quanto tempo e quali sono le alternative.

Quali lavori sono vietati in allattamento

La tutela della maternità e la sicurezza sui luoghi di lavoro impongono particolari accortezze durante il periodo della gravidanza e dell’allattamento.

Misure essenziali anche per tutelare l’uguaglianza sostanziale di lavoratori e lavoratrici, garantendo la possibilità di conservare l’occupazione in modo compatibile con le esigenze delle madri.

Molti pensano che ci siano regole specifiche soltanto durante la gravidanza, ma anche l’allattamento è una fase tutelata, almeno per un certo periodo. La legge non può infatti tenere conto della variabilità della durata di questo periodo, fissando pertanto dei parametri compatibili con i vari interessi in campo e le esigenze del neonato. Al momento, la cosiddetta fase di allattamento a rischio, dura 7 mesi dal parto (mentre per avere diritto ai relativi permessi c’è tempo un anno).

Dopo questo momento il datore di lavoro non è più obbligato a rispettare i limiti imposti precedentemente dalla legge, potendo adibire la lavoratrice alle mansioni previste dal contratto, indipendentemente dall’eventuale proseguimento dell’allattamento. Ovviamente, le parti possono concordare soluzioni diverse e bisogna verificare anche possibili previsioni più favorevoli del Ccnl, sia in termini di tempo che di misure.

Vediamo però quali sono le regole generali previste per tutte le mamme lavoratrici durante i primi 7 mesi di allattamento e i vari lavori vietati.

Lavori vietati in allattamento

Non ci sono veri e propri lavori vietati in allattamento, anche se alcune professioni possono risultare incompatibili. Tendenzialmente, la lavoratrice ha diritto a rientrare al lavoro e a essere adibita a mansioni idonee all’allattamento. Sono quindi vietati gli elementi di pericolo, che possono essere di vario genere.

Gli agenti fisici comprendono radiazioni, rumori superiori a 90 decibel, forti sollecitazioni termiche e vibrazioni (come quelle di treni e navi per esempio). Ci sono poi gli agenti biologici, relativi a malattie infettive o anche mentali e nervose, ma anche ai rischi delle lavoratrici impiegate in allevamenti di bestiame.

Infine, si distinguono i rischi degli agenti chimici (gas, pesticidi, mercurio, polveri, alcuni medicamenti e così via).

La lavoratrice in allattamento deve quindi essere adibita a mansioni che non comportino l’esposizione a questi fattori di rischio o, in caso di incompatibilità assoluta, ricevere una proroga del congedo di maternità.

Le soluzioni che consentono di cambiare le mansioni sono comunque preferibili, anche se si dovesse trattare di mansioni inferiori (purché senza diminuzione della retribuzione) o superiori. La lavoratrice in allattamento adibita a mansioni superiori rispetto al proprio livello non ha però diritto alla promozione, a meno che non svolga i nuovi compiti per un determinato periodo (fissato dai Ccnl).

La legge prevede inoltre che la lavoratrice sia adeguatamente informata dei rischi per la salute e la sicurezza, di cui il datore di lavoro deve rispondere spiegando i criteri adottati per eliminare i pericoli. In caso contrario, il datore di lavoro rischia pesanti sanzioni.

Divieto di lavoro notturno

Durante l’allattamento le lavoratrici hanno diritto anche ad astenersi dal lavoro notturno, una previsione in tutela delle madri con figli fino a 1 anno di vita. In particolare, le mamme lavoratrici non possono essere adibite al lavoro dalle ore 24:00 fino alle 06:00. Non possono essere obbligate al lavoro notturno neanche le madri con figli conviventi fino a 3 anni (in alternativa al padre convivente). Questo periodo di tutela si estende fino ai 12 anni del figlio quando la madre lavoratrice (o il padre) è unico genitore convivente.

Quali lavori sono vietati

Nel complesso, non ci sono professioni necessariamente escluse per le lavoratrici in allattamento, ma bisogna fare maggiore attenzione in questi settori professionali:

  • industriale;
  • sanitario;
  • scolastico;
  • alberghiero;
  • domestico;
  • agricolo.

Il datore di lavoro che può adibire la lavoratrice in allattamento a mansioni diverse deve darne comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro per l’approvazione. In caso contrario, la dipendente ha diritto all’astensione retribuita al 100% per i primi 7 mesi dal parto.

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