Economia, Italia contro Francia: chi è la vera grande malata d’Europa?

Luca Pezzotta

8 Febbraio 2016 - 17:47

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Le economie di Francia e Italia messe a confronto. La virtuosa Francia batte davvero il nostro Paese?

Economia, Italia contro Francia: chi è la vera grande malata d’Europa?

Visto che partendo da parametri economici tradizionali l’Italia, negli ultimi anni, è sempre stata descritta, in confronto alla virtuosa Francia, come un paese vizioso, vediamo se, proprio valutando quegli stessi parametri «tradizionali», le cose stanno esattamente in questi termini.

Uno degli effetti della crisi economica perenne iniziata con la crisi finanziaria dell’ormai lontano 2007, conclamata con il fallimento di Lehman Bros. nel 2008, divenuta poi -“magicamente” e non si capisce bene come - crisi dei debiti sovrani nel 2011 e tuttora in fieri, sembra essere quello di aver demarcato in modo abbastanza netto la differenza tra le economie virtuose, quelle che vengono chiamate “core” (Francia e Germania) e che, con quelle nord-europee (Olanda, Belgio, Finlandia, ecc. ecc.), vorrebbero formare il nucleo forte di questa Europa, e quelle invece viziose della periferia. Si insomma, quelle dei notissimi PIIGS.

Una delle economie “core”, che per questo è stata presentata negli anni come un’economia trainante, per l’Europa Unita sotto i parametri di Maastricht, è quella della Francia.
La Francia, fino a poco tempo addietro e per anni, è stata presentata con la Germani, come l’economia esempio di virtù e superiorità morale da seguire. Una demarcazione chiara e netta, tra economie, che è stata il cavallo di battaglia avverso quella periferia, sprecona ed improduttiva, che rappresenta una palla al piede per l’unione monetaria che viaggia spedita verso un’integrazione politica dove gli unici interessi che sembrano non contare sono proprio quelli della periferia stessa.

Ma, tanto per cambiare ed ancora una volta, l’idea della Francia come esempio da seguire e come economia “core” (salvo che per “core” ci si riferisca ad una posizione geografica piuttosto che ad una “forza” economica) sembra essere più il risultato di un’interpretazione di comodo dei dati, o di un parere interessato e poco oggettivo, piuttosto che di una valutazione ragionevole di alcuni indicatori economici.

Cominciando, pertanto, le soluzioni indicate per uscire dal pantano della crisi sono state sostanzialmente quelle di un’austerità che avrebbe dovuto tradursi in un bilancio dello Stato possibilmente in avanzo primario e contenuto nel suo deficit, al lordo degli interessi sul debito, ad un 3% nel rapporto con il PIL (come previsto nei trattati); e quella un surplus commerciale che avrebbe “sistemato” la bilancia commerciale e, così, i nostri conti esteri. Quindi i principali parametri per valutare le performance degli Stati e delle loro economie sono risultati essere il rapporto deficit/PIL e la bilancia commerciale.

Italia contro Francia: la salute delle due economie a confronto

E se questi sono stati due dei principali parametri per valutare gli Stati, le loro economie e, così, anche le loro virtù morali, confrontiamoli allora per la viziosa Italia e la virtuosa Francia, cominciando dal rapporto deficit/PIL per gli ultimi dieci anni, partendo dal 2006 e con i dati di Eurostat.

Italia-Francia: il rapporto deficit/PIL
Nel 2006 il rapporto deficit/PIL dell’Italia era al 3,6%, mentre quello della Francia era del 2,3%. L’anno successivo (2007) l’Italia raggiungeva l’1,5% mentre la Francia raggiungeva il 2,5%. Dal 2007 fino al 2014 il rapporto deficit/PIL della Francia è sempre stato maggiore di quello dell’Italia e se, per questa, arriva ad essere al massimo il 5,3% nel 2009, per la Francia, nello stesso anno è al 7,2%. Ancora nel 2014, mentre il rapporto deficit/PIL italiano è al 3%, quello francese è al 3,9%.

Pertanto, si può tranquillamente dire che se dovessimo valutare questo solo parametro preso singolarmente, il paese virtuoso nei conti pubblici sarebbe l’Italia, dato che, dal 2007, ha avuto dei deficit di bilancio inferiori a quelli francesi.

Italia-Francia: il rapporto debito/PIL
Vediamo ora lo stock di debito ed il rapporto debito/PIL.
Per il primo, l’Italia nel 2006 aveva uno stock di debito di 1.588 miliardi di €, mentre quello della Francia era di 1.194 miliardi di €. Nel 2014, lo stock di debito italiano è di 2.135 miliardi di €; quello francese di 2.037 miliardi di €. In questo caso è abbastanza evidente come la forbice tra i due stock si sia assottigliata, passando dai 394 miliardi del 2006, ai 98 miliardi del 2014. Lo stock di debito francese, in dieci anni, è salito di quasi trecento miliardi in più di quello italiano.

Per il rapporto debito/PIL risulta invece abbastanza chiaro come l’Italia abbia un “ratio” maggiore. Infatti, al 2014 il rapporto debito/PIL dell’Italia era al 132%, quello della Francia al 95%. Ma, ancora, se guardiamo l’andamento dal 2006 notiamo che il rapporto debito/PIL francese è aumentato, più o meno, nella stessa misura di quello italiano.
Infatti, il rapporto debito/PIL italiano nel 2006 era al 102% mentre nel 2014 era, come appena detto, al 132%; mentre quello francese nel 2006 era al 64% e nel 2014 al 95%. Quindi entrambi i rapporti debito/PIL aumentano, dal 2006, di una trentina di punti percentuali. Non si vede, pertanto, tutta quella differenza per la quale sia possibile parlare di virtù in un caso e di vizio nell’altro.

Di poi, se oltre al debito esplicito, quello che riguarda la quantità dei titoli di Stato, guardiamo anche quello implicito- come riportato in un altro articolo – cioè quello derivante da prestazioni future non ancora coperte, troviamo che, al 2013, quello italiano era il secondo più sostenibile d’Europa, mentre quello francese era al sedicesimo posto.

Quindi, dal 2006 il rapporto debito/PIL in Francia cresce, più o meno allo stesso ritmo dell’Italia, lo stock di debito cresce più velocemente, ed i deficit pubblici francesi sono maggiori, ed il debito implicito sommato a quello esplicito, è meno sostenibile. Ergo: se c’è un paese che trasgredisce alle regole scritte, o alle raccomandazioni sui conti pubblici, e che, quindi, è vizioso e non virtuoso, questo è la Francia: e non l’Italia!

Italia-Francia: la bilancia commerciale
Ma se la Francia è stata ricompresa tra le economie “core”, quelle virtuose e da prendere a modello, un motivo deve pur esserci; e se non lo vediamo nei dati sui conti pubblici, sarà sicuramente sul “versante” dell’altro parametro economico tanto caro e decantato ultimamente: quello che riguarda lo stato della bilancia commerciale.

Mettiamo perciò a confronto la bilancia commerciale francese con quella italiana. Il grafico riportato appena sotto segnala l’andamento della bilancia commerciale italiana dal 2006.

Se è vero che con la crisi la bilancia commerciale italiana peggiora, con l’avvento dell’austerità di montiana memoria la stessa comincia a migliorare, più, come candidamente ammesso da Monti in una intervista rilasciata negli USA, grazie alla distruzione della domanda interna attraverso il consolidamento fiscale che fa crollare le importazioni, che grazie ad un aumento dell’export.
Ma comunque sia la bilancia commerciale italiana nel 2012 segna un surplus, con 483 miliardi di $ di esportazioni e 474 miliardi di $ in importazioni. Poco meno di una decina di miliardi di dollari di surplus, ma sempre surplus. La tendenza che vede la bilancia commerciale italiana in surplus si conferma poi sia nel 2013 che nel 2014.

Vediamo ora la Francia. Nel grafico sotto riportato c’è la bilancia commerciale francese dal 2006.

È sufficiente notare che la bilancia commerciale francese, indipendentemente dai miglioramenti o dai peggioramenti, dal 2006, resta sempre e comunque in territorio negativo. Ed i deficit commerciali, sono di molto maggiori a quelli nostrani.

Ma siccome certe cose si capiscono meglio in soldoni – in questo caso vista la fonte dei dati i soldoni sono dollari americani - più che con dei grafici riportiamo alcune cifre. Nel 2006 l’Italia esportava per 399 miliardi di $ e importava per 418 miliardi di $. Nel 2006 la Francia esportava per 478 miliardi di $ e importava per 526 miliardi di $. Quindi all’alba della crisi i deficit commerciali francesi erano già molto maggiori dei nostri. Nel 2013 l’Italia ha esportato per 499 miliardi di $ ed ha importato per 466 miliardi di $: un surplus di oltre trenta miliardi di dollari. La Francia, nel 2013, ha esportato per 564 miliardi di $ ed ha importato per 660 miliardi di $: un deficit commerciale di quasi cento miliardi di dollari.

In conclusione, perciò, anche per quanto riguarda la bilancia commerciale, se mai ci fosse stato un paese virtuoso, negli ultimi dieci anni, in termini di surplus commerciali o nell’ottica di “sistemare i conti esteri” tramite provvedimenti che avessero risultati, appunto, sulla bilancia commerciale, questo sarebbe stato l’Italia e non la Francia.

Francia: la grande malata d’Europa

Infine, abbiamo visto che per quello che concerne sia i deficit commerciali che pubblici, due dei principali parametri di volta in volta utilizzati per additare il colpevole di turno, che guarda caso era sempre un paese della periferia, preferibilmente Grecia o Italia, la Francia ha avuto dei deficit, sia pubblici che commerciali, di molto maggiori a quelli italiani; il suo stock di debito è cresciuto molto più di quello italiano; e nonostante questa maggiore flessibilità il suo rapporto debito/PIL è cresciuto praticamente allo stesso ritmo del nostro.

Questo non può che confermare che i provvedimenti economici presi dall’inizio della crisi non funzionano, così in Italia come in Francia. Ma conferma anche che se valutassimo Italia e Francia secondo una serie di parametri “tradizionali”, invece che partendo dal singolo parametro che è il rapporto debito/PIL e, quindi, valutassimo anche i deficit pubblici e quelli commerciali dell’ultimo decennio, l’aumento del rapporto debito/PIL, dello stock del debito nello stesso periodo – che non sono comunque esaustivi per spiegare la situazione francese in relazione a quella italiana, ma che sono più di un solo e semplice indicatore preso di volta in volta a seconda delle necessità - ed il debito esplicito sommato a quello implicito, le conclusioni non potrebbero essere che: o la Francia, se vi è ricompresa l’Italia, potrebbe stare anche nei PIIGS; oppure l’Italia, se vi è ricompresa la Francia, potrebbe considerarsi ancora tra le economie “core”.

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