La Russia ha già “colpito” l’Europa: ecco come

Marta Zanierato

16 Febbraio 2022 - 21:49

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La Russia ha applicato una nuova strategia per scoraggiare le intenzioni dell’Europa. Il mercato italiano sarà uno dei primi Paesi a rimetterci.

La Russia ha già “colpito” l’Europa: ecco come

L’Europa garantisce che in caso d’invasione dell’Ucraina le sanzioni per la Russiasaranno imminenti”. Tuttavia, mentre in questi giorni la Casa Bianca e altri governi europei cercavano soluzioni preventive per evitare l’invasione dell’Ucraina, a quanto pare Putin era già in azione.

Sembra, infatti, che la Russia abbia già colpito in Europa, con una mossa che potrebbe costare molto “cara”, nel vero senso della parola. La “sanzione” decisa da Putin, infatti, potrebbe portare a un aumento di alcune importanti materie prime, più di quanto sta già succedendo.

L’avvertimento della Russia: ecco in cosa consiste

Come appena scritto, mentre gli altri governi erano intenti a pensare a una soluzione per scoraggiare la Russia ad invadere l’Ucraina, il governo di Mosca già agiva per demolire gli intenti europei.

Il 2 febbraio scorso Mosca ha vietato l’esportazione nel resto del mondo del fosfato di ammonio e degli altri fertilizzanti azotati prodotti dal metano, dei quali la Russia è oligopolista globale.

Una sorta di avvertimento: il fermo della legge durerà due mesi, fino all’inizio di aprile. Viene subito da pensare a un periodo scelto con arguzia e tattica: infatti i mesi successivi ad aprile saranno quelli utili alla semina. Privare l’Europa dei fertilizzanti utili alla coltivazione è un colpo che potrebbe causare danni deleteri.

Le mosse del presidente russo sembrano messe in atto al fine di destabilizzare l’economia e alzare i prezzi di alcuni prodotti derivati dal grano come farina di grano duro, pane e pasta. L’analisi di mercato che è stata presentata oggi a un convegno di Consorzi agrari d’Italia parla di “tsunami di costi.”

L’Italia e l’aumento dei prezzi: ecco i prodotti più a rischio

In Italia, le tensioni tra Russia e Ucraina stanno colpendo il settore agricolo nazionale e il perché è deducibile dalle statistiche relative a queste due potenze.

L’Ucraina riveste un ruolo fondamentale nel campo dell’agricoltura. Essa si colloca al 5° e al 7° posto tra i produttori di mais e grano al mondo, perché produce circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale e oltre 25 milioni di tonnellate di grano tenero, utilizzato per produrre il pane. La Russia, invece, si trova al primo posto come esportatore di mais. Questo significa che le due realtà, insieme, riforniscono circa un terzo del commercio mondiale. Se il loro contributo si arresta, le conseguenze per il resto del mondo sono tutt’altro che banali.

Coldiretti, durante la presentazione dell’indagine sulla chiusura settimanale del mercato della borsa merci di Chicago, ammette che questo scontro sta facendo lievitare le quotazioni internazionali di grano e mais che sono subito aumentate del 4,5% e del 5% in meno di una settimana.

La segnalazione di Coldiretti

Le tensioni tra Russia e Ucraina interessano molto l’Italia. Le industrie italiane hanno sempre preferito incrementare l’acquisto di grano e mais dal mercato mondiale, piuttosto che impegnarsi nella produzione di prodotti nazionali. Dato che l’Italia è un Paese che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano, se i dissapori tra Russia e Ucraina dovessero degenerare in un conflitto, il nostro sarebbe uno dei Paesi più colpiti dalla carenza di grano e di mais per l’alimentazione animale.

Ettore Pandini, presidente di Coldiretti, ha dichiarato:

"Il Pnrr è fondamentale per affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale e noi siamo pronti per rendere l’agricoltura protagonista utilizzando al meglio gli oltre 6 miliardi di euro a disposizione per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero.”

La strategia migliore è quella di garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi di produzione a causa dei rincari delle materie prime.

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