Islanda torna sui mercati, crisi superata: stop al controllo dei capitali

Daniele Morritti

22 Marzo 2017 - 16:33

L’Islanda ha superato magnificamente la crisi è ha da poco interrotto il controllo dei capitali, il che la riporta definitivamente sui mercati. L’obiettivo? Attrarre capitali esteri.

Islanda torna sui mercati, crisi superata: stop al controllo dei capitali

Il recente acquisto del 30% del capitale di Arion bank da parte di una cordata di hedge fund guidata da Goldman Sachs dimostra che gli investitori esteri sono tornati a interessarsi dell’Islanda.
L’operazione segnala l’inizio di un periodo nuovo per il Paese dopo l’esilio finanziario degli ultimi anni.

Il ritorno dell’Islanda sui mercati è il frutto della commistione di tre fattori:

  1. il governo islandese guidato da Bjarni Benediktsson ha di recente interrotto il controllo dei capitali imposto in seguito alla crisi del 2008;
  2. la crescita è tornata a salire dopo una lunga recessione: le stime attuali evidenziano una crescita del 7%;
  3. la Banca centrale islandese ha portato il tasso di interesse al 5% proprio per attrarre capitali esteri.

La rinascita finanziaria islandese è l’esempio di un ricovero post-crisi ben concertato tra il governo islandese e le istituzioni finanziarie internazionali (FMI su tutti). In primo luogo, il controllo dei capitali ha consentito di scongiurare la rovina dopo la massiccia svalutazione della corona. In secondo luogo, la nazionalizzazione ha consentito di proteggere il risparmio ampiamente eroso dalla finanziarizzazione dell’economia.

Il caso dell’Islanda dimostra che mantenere prerogative di politica economica come la gestione sovrana della moneta (a cui è connesso il diritto di controllare il flusso dei capitali) può rivelarsi in casi di shock esterno - come la bolla del 2008 - di vitale importanza per la salute economica di un Paese. Non sorprende infatti che uno dei principali provvedimenti presi dal governo in seguito alla crisi del 2008 è stato quello di congelare ogni trattativa per l’ingresso nell’UE.

Interrotto il controllo dei capitali: l’Islanda torna sui mercati

L’Islanda è tornata ad attirare capitali esteri. Negli ultimi giorni si è conclusa la trattativa che porterà il 30% del capitale di Arion Bank - il restante 70% è in mano pubblica dalla nazionalizzazione dell’istituto (ex Kaupthing) - in mano privata. Gli acquirenti? Una cordata di hedge fund (Och-Ziff Capital Management, Taconic Capital e Attestor Capital) guidata da Goldman Sachs.

Non è da escludere che la vicenda di Arion bank funga da apripista per nuove acquisizioni e per l’arrivo di ulteriori investimenti diretti esteri (IDE) nell’isola atlantica.

L’acquisizione di una parte del pacchetto azionario di Arion bank è arrivata dopo che nelle scorse settimana il governo islandese ha definitivamente deciso di interrompere il controllo dei capitali imposto in seguito alla crisi del 2008.

Alla base della scelta del governo islandese ci sarebbe la consapevolezza di una crescita economica ormai stabile (7%) trainata dal settore turistico, che ad oggi supera le entrate connesse alla pesca, prima risorsa del Paese. Le prospettive di crescita hanno spinto la Banca centrale islandese ad alzare i tassi d’interesse al 5%; scelta ponderata sia per livellare l’inflazione che per attrarre capitali esteri.

Islanda: a cosa era dovuto il controllo dei capitali?

L’Islanda, è noto, è stata una delle nazioni più intensamente martoriate dall’impatto della crisi dei subprime. La piccola isola atlantica è stata fin dall’inizio del millennio al centro di un’intensa finanziarizzazione dell’economia che ne ha esposto il fragile sistema creditizio ai rischi del mercato finanziario mondiale. Nello specifico, l’Islanda ha finito per attrarre una mole ingente di capitali dai centri nevralgici del mondo finanziario, Londra su tutti. Qualche tempo fa Il Sole 24 ha definito l’Islanda di inizio decennio come “una meta ai limiti dell’offshore”.

Non sorprende che in seguito allo scoppio della bolla nel 2008 l’Islanda sia stata una delle prime pedine dello scacchiere finanziario internazionale a cadere. Le principali banche del Paese - che per lungo tempo si erano cimentate in operazioni pindariche ad alto rischio finanziario - fallirono, gettando in malora un intero Paese. Il governo intervenne tempestivamente svalutando la corona e apportando una serie di misure tra cui la nazionalizzazione delle banche e l’introduzione del controllo dei movimenti di capitale per scongiurare il crollo definitivo della moneta. Un controllo durato fino al 13 marzo scorso.

Oggi l’Islanda cresce oltre il 7%, la disoccupazione si è ridotta notevolmente, così come i principali parametri macroeconomici. L’esperienza islandese dimostra che l’indipendenza spesso paga. Il Paese ha notevolmente profittato del diritto, riconosciuto al governo (con l’ausilio del FMI), di intervenire sulla stabilità del sistema senza remora alcuna. Senz’altro una delle ragioni che tengono l’Islanda lontana dall’UE e dall’euro.

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