L’Italia può perdere 40 miliardi di Pil nel 2022-2023

Violetta Silvestri

15 Aprile 2022 - 11:31

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L’Italia è pressata nello scenario economico plasmato dalla guerra: incertezza e peggioramento nelle stime di crescita sono all’orizzonte. Tra i rischi, anche quello di una perdita consistente di Pil.

L’Italia può perdere 40 miliardi di Pil nel 2022-2023

In Italia i rischi di un arresto brusco della ripresa a causa degli scenari di guerra sono reali.

Nelle audizioni Corte dei Conti, Istat, Bankitalia e Ufficio parlamentare di Bilancio sul Def sono emerse stime e riflessioni sull’economia italiana non prive di allerta: troppa l’incertezza che il conflitto sta diffondendo.

Come l’intera Europa, l’Italia si trova nel pieno della crisi energetica, con un piano strategico nazionale tutto da ristrutturare e in breve tempo. Intanto, i prezzi di gas e petrolio in corsa frenano produzione e fiducia.

Il Def ha già rivisto le stime sul Pil a causa delle mutate condizioni geopolitiche. La Corte dei Conti ha avanzato una ipotetica perdita di 40 miliardi di Prodotto Interno Lordo. I dettagli sulla crescita in Italia.

Italia: ombre sulla crescita, si possono perdere 40 miliardi

La stima è stata elaborata dalla Corte dei Conti in audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato:

“In assenza di interventi discrezionali, si valuta che il Pil crescerebbe in media del 2,9% quest’anno e poi a tassi via via più contenuti. Nel 2025, ultimo anno dello scenario previsionale, convergerebbe verso l’1,5%, il valore della crescita potenziale. La perdita di prodotto, sarebbe pari nel biennio 2022-23 a 40 miliardi di euro con una leggera mitigazione grazie ad interventi di bilancio espansivi da attuare nelle prossime settimane”

Nei calcoli la crisi geopolitica è ovviamente impattante per l’Italia: meno 1,8 punti sul 2022 e perdita di un aggiuntivo mezzo punto sul 2023.

Anche Bankitalia ha espresso toni sommessi sulle prospettive nazionali: “valutiamo che la produzione industriale sia diminuita nel primo trimestre e che la spesa delle famiglie si sia indebolita. Nel complesso stimiamo che il Pil possa essersi ridotto di poco più di mezzo punto percentuale nei primi tre mesi del 2022.”

Nella sua nota di congiuntura economica di marzo, l’Istat ha rilevato che “nel primo trimestre 2022 la produzione industriale segnerebbe un calo dello 0,9%”.

Le imprese manifatturiere e dei servizi stanno peggiorando il loro sentiment di fiducia, con le prime che iniziano a lamentare ostacoli all’esportazione.

In Italia, ribadisce Istat, l’indice di fiducia delle famiglie di marzo è sceso di circa 12 punti rispetto al trimestre precedente, condizionato dai giudizi negativi sul clima economico e su quello futuro. Non si hanno certezze su quanto ancora e in quali modalità si paleseranno gli effetti della guerra. Che, ad ogni modo, ci saranno.

Senza dimenticare, come scrive Istat, “che la forte accelerazione dell’inflazione, condizionata dall’andamento dei prezzi dei beni energetici, costituisce ancora il principale rischio al ribasso a cui si associano i possibili effetti negativi legati al rallentamento del commercio internazionale e all’apprezzamento del dollaro.”

Puntare su Pnrr: più crescita, meno debito

Insidie e opportunità per l’Italia risiedono in altri due temi caldi per i conti e le previsioni economiche del Paese: Pnrr e debito.

Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Corte dei Conti ha ricordato quanto sia cruciale “guadagnare margini di manovra procedendo speditamente nell’attuazione del Pnrr, il cui valore in termini reali rischia di essere ridimensionato dalle tensioni inflazionistiche particolarmente acute nel comparto degli investimenti in costruzioni”

Ci si aspetta un impatto importante diretto e indiretto dal piano, soprattutto in quello che è da sempre l’ambito più spinoso per l’Italia: avere più crescita e meno deficit e debito.

Proprio sul debito si è espressa anche presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari. Promosso l’impegno ribadito nel Def di diminuire il debito/Pil a 150,8% nel 2022 e portarlo a 141,4% nel 2025, circa -9 punti di Pil.

Tuttavia, c’è l’insidia Bce. Da Francoforte stanno finendo gli acquisti di obbligazioni straordinarie. Nel 2022 le emissioni di debito di Stato nazionale, al netto dei programmi di acquisto della Bce, sono pari a 21 miliardi di euro. “Dovranno essere finanziati sul mercato dove le condizioni saranno “sensibili” a quello che succede”, ha allertato Cavallari.

Lo scenario di ripresa in Italia resta pieno di ostacoli in un quadro internazionale assai complesso e non prevedibile.

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