L’invito a puntare su Lukoil non ha prezzo. Per le mosse a orologeria, c’è Mastercard

Mauro Bottarelli

6 Marzo 2022 - 08:44

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Mentre la big delle carte di credito sospende i servizi in Russia insieme a Visa, JP Morgan esce allo scoperto con un report sui soggetti corporate russi da cavalcare. Grazie all’operatività estera

L’invito a puntare su Lukoil non ha prezzo. Per le mosse a orologeria, c’è Mastercard

Soltanto 24 ore prima, interpellata da Bloomberg per confermare o smentire la sua attività di acquisto su titoli di distressed debt corporate russo, JP Morgan aveva opposto un netto quanto eloquente no comment.

Poi, mentre il mondo seguiva in apprensione la tenuta della tregua in Ucraina, la banca statunitense deve aver pensato che il tempo delle dissimulazioni e della riservatezza era terminato. E a inviato ai sottoscrittori pro questa nota di ricerca

Copertina della nota di ricerca di JP Morgan sulle «occasioni» del mercato russo Copertina della nota di ricerca di JP Morgan sulle «occasioni» del mercato russo Fonte: JP Morgan

relativa a tre aziende russe ritenute in grado di compiere un vero e proprio rally di ripresa da record. Tradotto, al wishful thinking di chi pensa che le sanzioni spingeranno Mosca verso un epilogo da 1998, JP Morgan contrapponeva la quasi certezza di un ritorno in grande stile della Russia sul mercato. Quantomeno, quello di alcuni suoi cavalli di razza. E non in tempi biblici, bensì in un orizzonte temporale così ravvicinato da rendere l’occasione di acquisto immediata.

Il contesto, d’altronde, è di quelli potenzialmente ghiotti. Come mostrano questi due grafici,

Andamento del titolo azionario di Novatek PJSC Andamento del titolo azionario di Novatek PJSC Fonte: Bloomberg
Andamento del prezzo del bond sovrano russo con scadenza settembre 2023 Andamento del prezzo del bond sovrano russo con scadenza settembre 2023 Fonte: Bloomberg

sia a livello azionario che obbligazionario corporate e sovrano, l’universo russo nelle ultime due settimane ha patito un vero e proprio bagno di sangue. A partire da Novatek PJSC, secondo produttore di gas naturale del Paese e settimo al mondo per volumi, terminata non a caso nel mirino sia di JP Morgan che di Goldman Sachs dopo che il suo titolo azionario è passato dai 215 dollari del 16 febbraio ai 65 centesimi della scorsa settimana. E il tracollo del bond con scadenza 2023 e rendimento del 4,8% parla chiaro anche per il comparto del debito sovrano, visto che alcune emissioni hanno patito perdite fino al 75% in pochi giorni.

Ecco quindi che la banca d’affari Usa ha preso carta e penna e messo in fila i nomi degli assets to buy che a suo modo di vedere possono tornare a uno status money good. Destinata agli investitori professionisti, la nota promuove a overweight un trio di corporate bond composta da Lukoil, Novolipetsk Steel (NLMK) e Magnitogorsk Iron & Steel, ponendo la prima sul gradino più alto del podio nel ruolo di best recover play grazie - udite udite - all’alto grado di operatività internazionale ed export che permetterà a quei soggetti di continuare a onorare il loro debito verso creditori esteri. Di fatto, JP Morgan dedica alle restrizioni e alle criticità rappresentate dal regime sanzionatorio solo una postilla di avviso, quasi un classico richiamo a potenziali effetti collaterali avversi presente sul bugiardino di un analgesico: However, they may be precluded from doing so, potentially leading to an event of default (EoD).

Insomma, mentre Joe Biden minaccia lo stop all’import di petrolio russo come implementazione finale delle sanzioni ed Elizabeth Warren attacca proprio Wall Street per il suo ruolo irresponsabile nel minare l’efficacia del regime punitivo verso Mosca, proponendo l’acquisto di distressed debt russo, JP Morgan ammette candidamente non solo di seguire le orme di Elliot Management con l’Argentina ma anche che settori chiave dell’economia russa come energia e metallurgia non resteranno troppo a lungo nel mirino potenziale delle restrizioni internazionali. Chi avrà ragione, alla fine? La politica con i suoi proclami, ormai giunti al decimo giorni di altolà senza atti concreti o il mercato che già compra bond altresì destinati al default, fiutando nell’aria un rimbalzo da sogno?

Chi per ora si accoda alla carovana della narrativa in base alla quale la Russia sia ormai sola contro il mondo sono Mastercard e Visa, le quali hanno annunciato lo stop all’operatività in Russia e anche alla possibilità di pagamento all’estero per carte emesse in quel Paese. Un duro colpo, proprio mentre il rublo cola a picco, la gente fa la coda ai bancomat e l’Ue minaccia di ampliare il numero di banche escluse dal sistema SWIFT. Qualcosa, però, stona. E non tanto rispetto all’approccio antitetico messo in campo da JP Morgan, quanto al tempismo della decisione. La quale è stata presa a tempo di record poco dopo la richiesta in tal senso del presidente ucraino Zeelsnky, prontamente ripresa dal deputato repubblicano Brad Sherman. Il quale, però. non si attendeva un signorsì operativo così rapido, visto che nel suo tweet auspicava una discussione sull’argomento in sede di Financial Service Committee la settimana prossima.

Detto fatto, Mastercard e Visa hanno invece deciso di anticipare tutti. Suscitando l’ammirazione di Elina Ribakova, capo economista dell’Institute of International Finance, la quale sul suo profilo Twitter adornato con bandiera dell’Ucraina faceva notare come ora la Russia dovrà affrontare la non facile salita necessaria per far crescere l’utilizzo del circuito interno di pagamenti, il Mir, dal 24% al 100% di volume interno di utilizzo. E per rendere ancora più esplicita la sua soddisfazione, allegava il seguente grafico,

Comparazione dei volumi di utilizzo di carte di credito in Russia per circuiti emittenti Comparazione dei volumi di utilizzo di carte di credito in Russia per circuiti emittenti Fonte: Bank of Russia/IIF

relativo appunto al peso ancora marginale dell’alternativa di pagamento elettronico interna lanciata nel 2015 come risposta alle prime sanzioni Usa e che ha portato all’emissione di circa 37 milioni di carte. Il problema, al di là del sospetto di una ricerca di compiacimento politico ad alto tasso di ritorno di immagine da parte di Visa e Mastercard? La rapida diffusione in Russia di UnionPay, il sistema di carte di credito cinese. A quel punto non sarebbe solo business ma una vera e propria colonizzazione finanziaria. Ipotesi che Pechino certamente non disdegna.

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