Le valute oceaniche potrebbero essere una delle sorprese positive del 2016, dopo aver sperimentato pesanti perdite negli ultimi anni
Le valute oceaniche potrebbero rappresentare una delle migliori opportunità di investimento sul mercato internazionale delle monete estere, dopo aver sperimentato per alcuni anni una forte pressione ribassista che le ha spinte fino ai livelli più bassi dal 2009. Dietro al crollo del dollaro australiano e del dollaro neozelandese c’è senza dubbio il forte calo dei prezzi delle materie prime, il rallentamento dell’economia cinese e la politica monetaria espansiva da parte delle rispettive banche centrali. In particolare la Reserve Bank of Australia ha tagliato più volte il cash rate nel giro di pochi anni, portandolo al 2% (livello più basso dal 1960) dagli oltre quattro punti percentuali di fine 2011.
Dalla primavera del 2013 è partito un vero e proprio sell-off per la valuta di Sidney, che è arrivato a perdere quasi il 50% nei confronti del biglietto verde. E’ andata molto male anche al dollaro neozelandese, che è passato dai record dell’estate 2014 di area 0,88 a 0,62 sul dollaro Usa, confezionando così un deprezzamento superiore al 40%. Le basse quotazioni raggiunte dalle due valute non stanno passando inosservate agli occhi dei grandi investitori istituzionali, che negli ultimi tempi hanno iniziato ad accumulare asset denominati in dollari australiani e neozelandesi. La forza attuale delle due valute deriva dalla risalita dei prezzi di numerose commodity, come il minerale di ferro, l’oro e altri metalli.
Dai bottom di periodo il tasso di cambio AUD/USD ha guadagnato più del 7%, salendo quasi fino a 0,74 (sui massimi da circa tre mesi) grazie anche al miglioramento dei dati sull’occupazione e il pil. Alcuni analisti del mercato valutario ritengono che l’Aussie possa salire ancora nelle prossime settimane, raggiungendo 0,80 entro la fine dell’anno. Anche il cambio NZD/USD è atteso in progresso da qui alle prossime settimane: in caso di superamento deciso della resistenza di 0,6750, il prossimo target è posto a 0,69 – 0,70, con la possibilità di rivedere anche quota 0,72 entro la fine dell’anno in corso. Dai minimi del 20 gennaio il Kiwi ha guadagnato il 6%.
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