India: rupia sempre più stabile grazie al premier Modi. E il tapering non fa più paura

Nicola D’Antuono

11 Settembre 2014 - 07:16

L’India è tornata ad attirare i capitali esteri, nonostante il tapering. Merito del nuovo governo Modi, che ha anche stabilizzato la rupia sui mercati internazionali

India: rupia sempre più stabile grazie al premier Modi. E il tapering non fa più paura

Il nuovo governo indiano capeggiato dal premier nazionalista Narendra Modi ha riscosso sin da subito grande fiducia sui mercati internazionali, tanto che la borsa di Mumbai si è messa a correre con decisione e la rupia si è stabilizzata dopo mesi di forti turbolenze. Nemmeno il tapering negli Stati Uniti fa più paura, dopo che lo scorso anno aveva provocato enormi deflussi di capitali dal paese e il tracollo della rupia fino ai minimi di sempre. Oggi il tasso di cambio USDINR quota in area 61, in rialzo a causa della forza generalizzata del biglietto verde sui mercati valutari. Qualche giorno fa, però, il cambio era sceso sui minimi da oltre un mese in area 60,20.

Secondo un panel di analisti finanziari interpellati da Bloomberg, il cambio USDINR sarà a 61 entro fine 2015. La nuova stima è decisamente migliore per la rupia rispetto a quella di giugno, quando gli esperti del mercato forex avevano stimato un cambio a 62,3 entro la fine del prossimo anno. Ora è attesa maggiore stabilità finanziaria e i record negativi della valuta di New Delhi, toccati sul finire di agosto dello scorso anno a 68,80 rupie per dollaro, appaiono solo un brutto ricordo. Merito del lavoro svolto finora dal nuovo governo Modi, che ha lavorato molto per riconquistare la fiducia degli investitori internazionali.

La tenuta della rupia dipende molto dalla fiducia degli investitori esteri, che nell’ultimo trimestre hanno messo sul piatto ben 7,8 miliardi di dollari di risorse finanziarie fresche da utilizzare per la riduzione dell’enorme deficit delle partite correnti indiano, che a fine 2012 sfiorava i 32 miliardi di dollari. Intanto la Reserve Bank of India, che continua a perseguire una politica monetaria restrittiva con tassi all’8%, ha approfittato della fase di stabilità della rupia per aumentare le riserve valutarie a 321 miliardi di dollari nel mese di luglio (livello praticamente vicino al massimo di sempre).

Da un punto di vista finanziario l’India deve ancora risolvere alcuni problemi. In primis va tenuta a bada l’inflazione, che viaggia quasi all’8% su base annua, anche se la crescita del pil dovrebbe attestarsi al 5,9% a conclusione dell’anno fiscale a marzo 2015 (stime del governo centrale). I tassi poi sono ancora troppo alti, visto che sul titolo di stato decennale New Delhi paga l’8,5% (il livello più alto tra i paesi asiatici). Altri big asiatici, come la Cina e il Giappone, pagano tassi decisamente più bassi (Pechino il 4,5%, Tokyo addirittura lo 0,5%). Per il momento, però, al governo indiano sta bene così: meglio non rischiare di perdere i preziosi flussi di capitali esteri, in una fase in cui è ancora in corso il tapering e i tassi USA sono sempre più vicini al primo ritocco verso l’alto.

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