Approvato il decreto che riformerà il sistema del credito cooperativo in Italia. Ecco cosa dovrebbe prevedere la riforma e perché è necessaria.
Approvata in tarda serata la riforma del Credito Cooperativo dal Consiglio dei Ministri. L’attesa per la riforma delle Bcc è stata alta, nella speranza di rafforzare ulteriormente il sistema bancario italiano, ma non sono mancate le delusioni.
Tra i temi più discussi, la garanzia pubblica per la cessione delle sofferenze e la sospensione dell’imposta di registro per il 2016 nei confronti di tutte quelle banche che entrano in possesso di beni in garanzia di un prestito, a patto che questi siano rivenduti entro massimo due anni.
Ma la sorpresa più grande è stato il punto che riguarda il rimborso di quei risparmiatori che sono stati colpiti dal fallimento delle quattro banche. Il capitolo indennizzi sarà compreso in un decreto interministeriale e in un Dpcm che "saranno presentati nei prossimi giorni", stando alle parole del premier Matteo Renzi.
Un’altra grande assenza è rappresentata dalla mancanza delle modiche di alcuni tratti del diritto fallimentare al fine di ridurre le tempistiche necessarie al recupero crediti. I contenuti saranno trattati del ddl sulla riforma del diritto fallimentare approvato sempre nella giornata di ieri dal Consiglio dei Ministri.
La riforma del credito cooperativo era attesa da tempo e potrebbe consolidare ulteriormente il sistema bancario italiano dopo l’accordo raggiunto tra Italia e UE in merito allo smaltimento dei crediti deteriorati. La riforma del credito cooperativo farà in modo che anche l’Italia si allinei a quanto già fatto da altri Paesi europei quali Francia, Germania, Olanda e Austria?
Riforma del credito cooperativo: ecco cosa prevede
Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri prevede la costituzione di una capogruppo che controllerà le oltre 360 Bcc attraverso un patto di coesione.
Il patto di coesione è un vincolo giuridico che obbligherà le Bcc a sottostare a indicazione, coordinamento e vigilanza della nascente capogruppo senza però perdere la mutualità e l’autonomia che ha sempre contraddistino il sistema del credito cooperativo.
La riforma dovrebbe prevedere anche un sistema di garanzia attraverso il quale una parte del patrimonio di ogni Bcc sarà vincolato a garanzia dell’intero sistema anche se rimarrà comunque in possesso della singola banca.
Da tale provvedimento nascerà così uno dei gruppi con la più alta patrimonializzazione in Italia, grazie a una dotazione stimata di circa €20 miliardi.
Ancora non è chiaro però come il governo intenda regolare il vincolo contrattuale delle Bcc, poiché esso rappresenta un punto cruciale sul quale cementare il nuovo gruppo cooperativo. In linea generale comunque, se il governo dovesse decidere di fissare solo linee guida generali la riforma dovrebbe procedere ad un passo più spedito invece, nel caso in cui si regoli più nel dettaglio la riforma, sarà necessario l’intervento di Banca d’Italia che potrebbe allungare i tempi di attuazione.
Riforma del credito cooperativo: la situazione in Europa
Con questa riforma quindi, l’Italia si allinea al resto dei maggiori Paesi europei che hanno già riformato il sistema cooperativo nazionale. Questo cambiamento non è dovuto ad una crisi del sistema ma piuttosto alle nuove normative europee di unione bancaria che prevedono un adeguamento della liquidità, della governance e della dotazione di capitale.
Tale normativa ha dato adito ad una riforma a catena nei vari Paesi europei: in Olanda con Rabobank, in Francia con Credit Agricole e in Germania con la fusione tra Dz Bank e Wgz Bank per fare alcuni esempi.
Credito cooperativo: la situazione del sistema Italia
In Italia ci sono circa 37 Banche del credito cooperativo (su 368 totali) che hanno uno ammontare di sofferenze al di sopra della soglia massima di guardia. Tuttavia, queste banche stanno venendo spontaneamente assimilate dalle altre Bcc più grandi: è il caso della Cassa di Camerano (38% di crediti deteriorati) è stata assorbita dalla Bcc di Filottrano.
Restano ancora da aggregare le altre banche che presentano soglie eccessive di crediti deteriorati quali: Banca di Teramo, Cassa rurale di Pinzolo, Cassa rurale di Mori, Banca di Pistoia e il Banco cooperativo agrobresciano.
La mancanza di una soglia minima di capitale spinge le aggregazioni spontanee di Bcc in difficoltà da parte delle altre banche più grandi e solide. Rimangono ancora in amministrazione straordinaria la banca Brutia e la Cassa rurale di Folgaria. La Bcc di Roma è quella più attiva in tema di aggregazioni: dopo aver assorbito la Bcc di Padova, ha presentato istanza per assorbire anche quella di Capranica.
Riforma del credito cooperativo: perché è necessaria?
Insomma, il sistema del credito cooperativo italiano non sembra godere di cattiva salute. Una riforma però del sistema si rende necessaria perché si garantisce così un meccanismo di protezione a cui le banche, soprattuto di questi tempi, devono avere accesso. Le banche di credito cooperativo, a differenza delle tradizionali grandi banche, sono molto legate al territorio di riferimento.
Quindi una crisi economica del territorio porta ad una crisi anche della stessa Bcc ed è per questo che bisogna rafforzare un sistema che sembra già solido e forte in grado di resistere anche ad eventuali urti di crisi bancarie di grande portata.
L’importante è che con la riforma del credito cooperativo non venga a mancare il mutualismo che ha sempre contraddistinto il sistema delle Bcc italiane. Questo in passato è stato motivo di bagarre tra il premier Matteo Renzi e l’associazione delle banche cooperative che temono una perdita di autonomia in seguito alla riforma.
Il premier italiano infatti vorrebbe mettere in piedi un sistema simile a quello di Credit Agricole in Francia. Tuttavia un implementazione di tale sistema non dovrebbe ridurre le autonomie delle Bcc. La perdita di autonomia, con tale riforma, potrà avvenire in misura pari allo stato di salute e alla solidità della banca mentre nel caso opposto non vi dovrebbe essere alcuna perdita di indipendenza.
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