Il QE di Draghi è la mossa della disperazione per salvare l’Euro

Manuel Zarli

25 Gennaio 2015 - 18:28

Quali saranno gli effetti del QE varati da Draghi?

Il QE di Draghi è la mossa della disperazione per salvare l’Euro

Il varo del QE per opera di Draghi ha riscosso applausi e consensi quasi unanimi. Peccato che solo fino a poco tempo Draghi negava il rischio della deflazione [1]:

“"Il principale nemico dell’Europa è la disoccupazione". Il presidente della Bce Mario Draghi promette di dare battaglia all’emorragia di posti di lavoro, ma frena sulle generalizzazione: "nell’Eurozona non vediamo rischi di deflazione", e "ho detto più volte che la ripresa è modesta, debole, mal distribuita e fragile, ma non siamo in recessione".”

Ed eccoci qui a osannare Draghi e le sue taumaturgiche capacità…

Ma cos’è il QE?

Si tratta dell’acronimo di Quantitative Easing: una misura straordinaria di rilancio dell’economia che punta a far scendere il costo del debito degli stati e i tassi d’interesse, nonché di rilanciare il mercato del credito e fermare la deflazione. In termini pratici la BCE acquista i titoli pubblici, con scadenza compresa fra i 2 e i 20 anni, per 60 miliardi al mese a partire dal prossimo marzo fino a settembre 2016 per un totale di 1140 miliardi di euro. È da notare che non si tratta di una scadenza netta, ma di una possibile: se l’inflazione non tornerà al 2% l’operazione continuerà. La BCE vuole così mostrare di poter continuare l’operazione con il chiaro intento di bloccare in anticipo eventuali attacchi speculativi.

L’acquisto dei titoli di Stato prevede un criterio di ripartizione del rischio. Le Banche centrali dei paesi interessati garantiranno una quota pari all’80% e solo il 20% sarà garantito dalla BCE. In più la BCE non potrà superare un importo pari al 33% del debito di ciascun paese e per ogni emissione non potrà acquistare più del 25% dei titoli sul mercato. L’acquisizione dei titolo, infine, sarà proporzionato alle quote che in singoli paesi hanno nel capitale della Banca Centrale (Germania, Francia e Italia nella top three). Nel complesso la quantità di denaro investita sembra piuttosto esigua e la mancata condivisione del rischio rivela la natura compromissoria dell’operazione. Più che pragmatica la definirei cerchiobottismo puro e semplice.

Le due strade alla fine del sentiero

Il QE è tutto fuorché la soluzione di ogni problema dell’Eurozona dato che non mette mano ai problemi strutturali (divario di competitività, perdita della flessibilità dei cambi, mancata unità d’indirizzo politico). Lo stesso Draghi invita a proseguire il cammino delle fantomatiche riforme [2]:

“Ogni Stato membro, scrive Draghi, deve essere "nella posizione di poter trarre beneficio" dal mercato comune "per attrarre capitale e creare posti di lavoro. Per questo c’è bisogno di riforme strutturali che promuovano la competitività, smantellino la burocrazia e aumentino la capacità di aggiustamento dei mercati del lavoro". Nondimeno, sottolinea il numero uno dell’Eurotower, un’unione economica si basa su un interesse comune: "Per questo ci sono argomenti di peso in favore dell’esercizio congiunto della sovranità in quest’area, nel quadro di una genuina unione economica. Un’integrazione più stretta, prosegue Draghi, consentirà anche una migliore condivisione del rischio nel settore privato. "La condivisione del rischio", avverte però il presidente della Bce, "richiede prima di tutto un rafforzamento dei mercati dei capitali, in particolare dei mercati dell’equity; per questo dobbiamo progredire rapidamente con l’unione dei mercati dei capitali". ”

Tradotto: Draghi punta alla realizzazione di una vera unione economica e politica fino a giungere agli Stati Uniti d’Europa. I requisiti sono noti: un unico mercato del lavoro, un’unica struttura sociale e politica. Sullo sfondo, tuttavia, deve esistere anche una struttura in grado di compensare i differenti livelli di produttività delle varie parti della UE. Si tratta dei famosi trasferimenti monetari che in Italia assumono la forma delle decine e decine di miliardi che dal Nord finiscono al Sud senza che la cosa abbia effetti positivi sul tessuto socioeconomico del Meridione.

Questo è uno dei sentieri possibili, ma ci sono alcune difficoltà. Tralasciando che fra le popolazioni europee non si nota tutto questo afflato europeista, i tedeschi si oppongono ferocemente a questo esito. Persino il QE non entra nelle loro grazie [3]:

“Una scelta sbagliata. Nessuna svolta epocale. Jens Weidmann, numero uno della Bundesnbank non ha votato a favore del Quantitative Easing lanciato dalla Bce e ribadisce la sua posizione. "Per me - afferma il presidente della Banca centrale tedesca in un’intervista al Welt am Sonntag pubblicata da Repubblica - questa decisione è in ogni senso grave. Gli acquisti di titoli sovrani non sono un normale strumento di politica monetaria, perché nell’ambito dell’Unione monetaria sono legati a particolari svantaggi e rischi. Al di sotto di una certa soglia, non dovrebbero essere possibili, oppure dovrebbe essere molto alta".”

Visco, invece, sostiene che [4]:

“ ’’Dobbiamo condividere i rischi’’ E’ quanto afferma il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco a Bloomberg Tv. Visco sostiene che ’’il piano della Bce mostra determinazione’’ e conferma che all’interno del board ci sono state ’’discussioni su quando iniziare gli acquisti’’. In ogni caso - ha spiegato - il Qe ’’funzionerà nella pratica’’.”

Un elemento che non è stato molto citato da parte dei media è che l’acquisto dei titoli dipende anche dal rating dei titoli di Stato. Attualmente l’Italia è giusto sopra il gradino, ma in caso di declassamento dovrebbe accettare il commissariamento da parte della Troika. Tutto questo ci porta al secondo possibile sentiero: la drammatica esplosione della zona euro. Oltre alle elezioni greche, nei prossimi due anni avremo le elezioni politiche francesi e il referendum inglese sulla permanenza nella UE. Senza considerare che come il caso greco insegna le mitologiche riforme della Troika non sono altro che macelleria sociale destinate ad aggravare i problemi e non risolverli. Un’Italia commissariata non porterà al mitologico paradiso delle riforme, ma soltanto all’ultimo chiodo sulla bara del paese.

E quindi?
L’impressione è che questa sia l’ultima mano giocabile da Draghi e dalla BCE per tentare un salvataggio in extremis della baracca. Non so perché, ma non riesco a non pormi il seguente quesito: e dopo il QE? Che cosa si farà?

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