Negli ultimi tempi si sta diffondendo sempre più tra le aziende il ricorso ad una pratica illegale: costringere i lavoratori della stessa azienda a prestare lavoro in nero. La storia di Francesco, denunciata da un’inchiesta del Fatto.
Tempo fa la CGIA di Mestre ha condotto uno studio sul lavoro in nero, parlando di una platea di circa 3 milioni di individui, i quali producono circa 100 miliardi di PIL irregolare (6,5% PIL nazionale), sottraendo alle casse dello Stato un gettito di 42,7 miliardi di euro all’anno. In termini pro-capite, le imposte evase medie in capo a ciascun cittadino italiano ammontano a 709 euro. Questi dati sono aggiornati al periodo 2010-2011 e, probabilmente, le cifre ad oggi hanno subito ulteriori aumenti.
Ai tempi dell’indagine è emerso che, geograficamente, l’area più colpita dal lavoro in nero è il Mezzogiorno, soprattutto la Calabria (circa 184.000 lavoratori in nero).
Perchè aumenta il lavoro in nero? A causa della crisi, della disoccupazione, della disperazione che colpisce sempre più le famiglie italiane. Il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi ha spiegato:
“Con la crisi economica l’economia sommersa ha subito una forte impennata. In questi ultimi anni chi ha perso il lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa. Una situazione che ha coinvolto molti lavoratori del Sud espulsi dai luoghi di lavoro”.
Il cassaintegrato che lavora in nero
Negli ultimi tempi si sta diffondendo sempre più un fenomeno: il cassaintegrato che lavora in nero. Questa è la storia di "Francesco", un ragazzo di Napoli, costretto a lavorare in nero dalla sua società, che si occupa di consegnare raccomandate per conto di Poste Italiane. La storia è venuta alla luce grazie ad un’inchiesta del Fatto Quotidiano, di cui vi riportiamo un estratto.
Lavoratori in cassa integrazione a zero ore, che diventano schiavi di un’azienda, che li costringe al lavoro in nero, usufruendo, allo stesso tempo, dell’ammortizzatore sociale. L’azienda di Francesco (nome fittizio dell’intervistato) è composta da circa 40 dipendenti. Il loro datore ha chiesto nel 2011 la cassa integrazione, che gli è stata accordata a causa di una riduzione della commessa da parte di Poste Italiane.
Cosa succede invece? 20 lavoratori sono fermi in cassa integrazione, ma altri 20 vengono chiamati ogni giorno per lavorare in nero, con mezzi propri, e su 5-6 ore lavorative al giorno viene contabilizzata solo un’ora dal datore.
Insomma, lavoratori costretti a lavorare in nero dalla stessa azienda che li ha messi in cassa integrazione, una bella pratica dell’illegalità.
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