Guerra di valute? Il verdetto del Big Mac Index

Federica Agostini

1 Febbraio 2013 - 14:15

Guerra di valute? Il verdetto del Big Mac Index

Il Big Mac Index è uno strumento di analisi inventato dal The Economist ed utilizzato per l’analisi dei tassi di cambio sui mercati valutari. In questo particolare momento storico, in cui le possibilità di guerra di valute sembrano a volte concretizzarsi, quale sarà il verdetto dell’analisi del Big Mac Index?

Big Mac Index: cos’è e come funziona

Il Big Mac Index è lo spensierato strumento d’analisi dei tassi di cambio ideato dal The Economist e fondato su un "ingrediente segreto": la teoria della parità del potere d’acquisto (PPP). Secondo questa teoria, i prezzi e i tassi di cambio dovrebbero regolarsi a vicenda sul lungo periodo.

L’indice deve il nome al famoso panino di McDonald’s - praticamente identico in qualsiasi parte del mondo (per l’India si usa il Mac Maharaja, che contiene pollo piuttosto che carne di manzo) - e si pone di comparare il prezzo del panino in due paesi diversi, in base alla rispettiva valuta, per poi compararlo a sua volta con il tasso di cambio.

Guerra di valute: l’analisi burger-economica

Il mondo della finanza internazionale si divide oggi su di una questione fondamentale: la possibilità di una guerra di valute.

Jens Weidmann, a capo della Bundesbank, ha recentemente espresso una forte preoccupazione riguardo agli sforzi delle banche centrali per rilanciare le proprie economie segnalando l’eccessiva "politicizzazione dei tassi di cambio". Bill Gross, manager di PIMCO, sostiene che il mondo stia entrando in una spirale di svalutazioni competitive che ricordano molto quanto avvenuto negli anni ’30. Le economie, ansiose di far riprendere la crescita, spingono al ribasso le proprie valute per rilanciare le esportazioni. Ma cosa dice al riguardo la burger-economia?

Big Mac Index: il verdetto finale

Alle condizioni attuali dei tassi di cambio, la versione canadese del panino costa 5.39 dollari, rispetto alla media di 4.37 in America. Secondo i calcoli del The Economist, dunque, il Dollaro Canadese è sopravvalutato del 24% rispetto al dollaro. In Messico, invece, il Big Mac costa al mercato dei tassi di cambio circa 2.90 dollari, il peso risulta così svalutato del 33%. Dunque, il Dollaro Statunitense compra più Big Mac al sud, che non al nord.

Il Big Mac index suggerisce anche che ci siano valute troppo valutate in Norvegia, Svizzera e Brasile. Il continuo apprezzamento del Real è fonte di numerose preoccupazioni per il ministro delle finanze brasiliano, Guido Mantega, che per primo ha iniziato a parlare dei rischi di una guerra valutaria già nel 2010. Nonostante gli sforzi e le misure adottate dal governo, il real continua ad essere apprezzato e a far abbassare le prospettive di crescita per il paese.

Secondo le stime del Big Mac Index, le valute dei paesi emergenti come anche Russia, Cina e India sono troppo svalutate rispetto al dollaro.

Giappone

Il Giappone è il paese che recentemente ha dato nuova vita al dibattito sulla possibilità di una guerra valutaria. Il piano del governo per uscire dalla deflazione grazie agli stimoli monetari della banca centrale ha contribuito al ribasso dello Yen negli ultimi mesi. A luglio Big Mac Index metteva lo Yen molto vicino al valore di mercato contro il dollaro, adesso si calcola una sotto-valutazione del 19%. Uno sviluppo appetitoso per gli esportatori del Giappone, ma alquanto insipido per i competitors.

Europa

Gli Europei sono piuttosto preoccupati. In relazione al dollaro, l’Euro è sovra-stimato del 12%, mentre nell’estate del 2012 il valore dell’Euro era vicino al prezzo di mercato del Big Mac Index. Da quando si sono spenti i timori riguardo alla possibile rottura dell’Eurozona, l’Euro si è progressivamente rinforzato negli ultimi mesi. La Banca centrale europea ha fatto poco per incentivare l’economia in difficoltà dell’area Euro, anche se le altre banche centrali, compresa la Federal Reserve e la Banca d’Inghilterra, hanno agito in maniera aggressiva per aggiungere "salsa" alle rispettive economie.

Se l’apprezzamento dell’Euro dovesse continuare ancora, questo panino rischia di diventare un boccone davvero indigesto per gli esportatori e per l’intera economia dell’Eurozona.

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