Grazie al gas russo (e sanzioni ipocrite), oggi l’Europa ha scorte per tutta l’estate

Mauro Bottarelli

21 Marzo 2022 - 12:00

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L’ultimo report di WoodMackenzie parla chiaro: se anche Mosca decidesse di bloccare del tutto, i livelli coprono circa 6 mesi. Nessun razionamento necessario. A meno di una precisa volontà politica

Grazie al gas russo (e sanzioni ipocrite), oggi l’Europa ha scorte per tutta l’estate

Non vivessimo in un regime di ipocrisia totale, la notizia sarebbe di quelle da festeggiare. Stando all’ultimo report (Europe can weather halt in Russian gas supplies) presentato venerdì scorso dall’azienda di consulenza energetica WoodMackenzie, fra le leader mondiali, grazie al gas russo che ha continuato a fluire verso l’Europa nonostante il conflitto e all’interessata esenzione del comparto dal regime sanzionatorio contro Mosca, oggi le scorte europee di gas sono sufficienti a garantire autosufficienza senza razionamenti per tutta l’estate.

Insomma, come mostra questo grafico,

Flussi di gas russo verso l'hub tedesco di Mallnow dalla tratta Yamal-Europe Flussi di gas russo verso l’hub tedesco di Mallnow dalla tratta Yamal-Europe Fonte: Bloomberg

Gazprom ora sta alzando l’asticella dello scontro economico ma fino alla scorsa settimana ha operato in maniera pressoché regolare attraverso la pipeline Yamal-Europe, permettendo agli stoccaggi di raggiungere un livello che WoodMackenzie ritiene sufficiente a superare l’estate senza necessità di razionamenti o restrizioni. Di più, lo studio evidenzia anche come se Gazprom tornasse da subito a un regime di approvvigionamento medio, Ue e Regno Unito chiuderebbero addirittura la stagione invernale con circa 27 miliardi di metri cubi di stoccaggio, un livello che riporterebbe lo stock nel range medio a 5 anni. Insomma, relativa tranquillità operativa. E prezzi destinati a scendere e stabilizzarsi. A detta di Kateryna Filippenko, capo analista del team di ricerca Europe gas and LNG, ovviamente la questione cambierebbe in vista dell’autunno-inverno 2022-.2023. Senza gas russo, ovviamente in quel periodo i razionamenti sarebbero necessari, a meno di un’alternativa che garantisca flussi di pari volume.

E stando ai proclami europei e del nostro governo, il cordone ombelicale di dipendenza energetica da Mosca dovrebbe essere reciso proprio entro il 2023. Sicuri, però? Oppure la retorica della diplomazia e dello scontro politico stanno spingendo l’Ue verso un Greta error, ovvero la ripetizione della clamorosa cantonata ideologica presa con l’accelerazione verso la transizione ecologica in nome di un consenso da social network che non ha tenuto presente le esigenze economiche e industriali? Molti esperti, infatti, già oggi prolungano il periodo necessario all’affrancamento da Gazprom a 5 anni, durante i quali le fonti alternative (Nord Africa, Norvegia, Qatar) dovrebbero comunque essere coadiuvate da un minimo sindacale di fornitura dal nemico russo. Il quale, infatti, ad oggi non solo continua a poter operare tranquillamente in campo energetico ma vede anche Gazprombank ipocritamente esentata dall’estromissione da SWIFT.

Ora pero restano due interrogativi a cui dare risposta. Primo, quale sarà il destino della partnership fra Ue e Russia in campo energetico, stante la crisi ucraina sempre meno prevedibile nell’epilogo e il fronte dei falchi che preme per l’inclusione del comparto energetico nel computo del nuovo pacchetto sanzionatorio? Di più, qual è il reale stato dell’arte rispetto alle alternative credibili e temporalmente gestibili al gas di Mosca? Secondo, il governo italiano - a fronte di un no a nuovo scostamento imposto da Bruxelles che ha già limitato l’intervento per calmierare il caro-energia - giocherà da qui all’autunno la carta dei razionamenti, come in parte lasciato intendere, magari operando in base a una precisa agenda politica parallela di implicita limitazione dei consumi che operi da freno non ufficiale e non ortodosso alle pressioni inflazionistiche? Evitando così, in vista dell’autunno e fra le tante criticità all’orizzonte, il quasi certo scontro con le parti sociali sugli adeguamenti salariali in sede di rinnovi contrattuali.

La lezione del Covid, d’altronde, ha mostrato come - a fronte dell’emergenza - il Paese abbia accettato anche decisioni poi rivelatesi quantomeno opinabili a livello di risultati concreti, basti citare il coro di critiche degli stessi scienziati alla prosecuzione quasi sine die del regime di green pass. La minaccia di un’estate in stile 1973 potrebbe giocare a favore dell’Istat e delle sue statistiche, da qui a qualche mese? E a livello occupazionale, si potrebbe arrivare a rotazioni e sospensioni della produzione che operino da fattori di contenimento e di implicita sostituzione di istituti troppo onerosi come la cassa integrazione o i sostegni diretti ai settori più energivori?

I numeri forniti da WoodMackenzie, fino a una loro smentita, parlano chiaro e ci dicono due cose. Fino a settembre, Europa e Regno Unito non hanno necessità di razionamenti e godono di scorte sufficienti. Secondo, l’ipocrisia delle sanzioni a targhe alterne trova ogni giorno una sua più brutale e sconsolante conferma. Anzi no, c’è una terza cosa con cui fare i conti: il fatto che l’Italia sia l’unico Paese Ue con uno stato di emergenza legato alla crisi ucraina in vigore fino al prossimo 31 dicembre. Viene da chiedersi come mai, quantomeno alla luce dei dati di WoodMackenzie.

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