Forexinfo intervista Nicola Borri, Assistant Professor di Economia presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma dal 2009. Il prof. Borri si occupa principalmente di asset pricing, finanza internazionale e macroeconomia. Ha conseguito la laurea e un master presso l’Università Bocconi, e un dottorato in economia presso l’Università di Boston nel 2009.
Ecco l’intervista che abbiamo realizzato con il Prof. Borri sulle più recenti dinamiche del mondo economico e politico.
1) In questi giorni non si fa altro che parlare dello stallo politico lasciato dalle inconcludenti elezioni italiane. Il voto della nostra popolazione è stato sicuramente un chiaro segnale contro Monti e la sua politica di austerità. Quali sono stati secondo Lei gli errori maggiori commessi dal tecnocrate italiano?
R. Più che un segnale contro la politica di austerità del Presidente Monti, credo che il voto sia stato un segnale contro politiche che nei fatti portano sostanzialmente ad un inasprimento fiscale non accompagnato da riduzioni della spesa pubblica e da riforme strutturali della nostra economia. Gli Italiani hanno votato contro politiche che rischiano di mantenere in vita lo status quo, ovvero la nostra economia inefficiente, grazia ad ulteriori sacrifici dei cittadini. Il risultato negativo del Partito Democratico è in parte dovuto alla stessa ragione. Inoltre, il Presidente Monti ha sbagliato nel non essere più incisivo rispetto al taglio dei costi della politica. Tuttavia, è bene ricordare che il Presidente Monti ha dovuto lottare contro una maggioranza parlamentare poco coesa e che offriva fortissime resistenze ad ogni cambiamento. Al posto del Presidente Monti avrei cercato l’approvazione nei primi due mesi di mandato di un pacchetto contenente più riforme (e quindi non solo quella pur giusta pensioni) minacciando le immediate dimissioni in caso contrario.
2) Dopo il fiscal cliff, ora l’America sta affrontando un altro rischio e un’altra preoccupazione: quella del cosiddetto "sequester". Pensa che quest’ultimo avrà un forte impatto negativo sull’economia statunitense?
R. I problemi che in questi giorni affliggono l’amministrazione Obama sono legati proprio al fatto che la soluzione del fiscal cliff è stato di fatto solo portata avanti nel tempo. Ma i nodi vengono prima o poi al pettine. Gli Stati Uniti devono completare quelle riforme strutturali (in primis sanità e pensioni) per rendere fiscalmente sostenibili i bilanci futuri. Altrimenti, le conseguenze per l’economia americana possono essere molto negative. Per esempio, il timore di maggiori tasse per finanziare la spesa pubblica futura sta già causando diminuzioni negli investimenti privati.
3) Uscita dall’euro: tutti ne parlano e tutti esprimono un parere diverso a riguardo. Qual è il suo punto di vista sulla questione?
R. L’Italia è uno dei paesi che più ha beneficiato dall’ingresso nella moneta unica. L’ingresso nell’area Euro ha immediatamente eliminato il rischio di tasso di cambio sul nostro debito pubblico, e privato. La conseguenza è stata un costo di servizio del debito molto più basso, di cui beneficiamo anche in questi mesi di spread "elevato". Purtroppo, il nostro paese non ha saputo approfittare di questo scenario favorevole per riformare l’economia ma ha piuttosto utilizzato le risorse liberate dalla diminuzione dei tassi di interesse sul debito per incrementare la spesa corrente. Il risultato di questa scelta infausta è sotto gli occhi di tutti: un debito pubblico elevatissimo e una pressione fiscale insostenibile. Chi propone l’uscita dell’Italia dall’Euro come soluzione dei problemi vuole in realtà mantenere lo status quo.
4) Quali prospettive vede per l’economia globale nel prossimo futuro? A quando la vera ripresa?
R. Questa è una domanda molto difficile. Il sentimento dominante sui mercati è proprio l’incertezza sulla prossima ripresa. La mia impressione è che gli effettivi negativi di questa crisi perdureranno a lungo nel tempo. Stiamo assistendo ad un forte de-leveraging sia nel settore privato, che pubblico. Inoltre, milioni di lavoratori dovranno trovare una nuova collocazione nel sistema produttivo. Fino a che questo processo non sarà terminato è difficile pensare ad una ripresa dell’economia globale. Piuttosto, è possibile immaginare piccoli focolai di crescita in alcune economie in via di sviluppo ma non in grado di trainare l’intera economia globale.
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