Flat Tax 15%: la proposta della Lega e le conseguenze per il reddito di cittadinanza

Chiara Esposito

13 Novembre 2021 - 20:47

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Ipotesi di cambiamento e conseguenze: la Lega rilancia la Flat tax e si pensa alle possibili conseguenze per alcuni beneficiari del reddito di cittadinanza.

Flat Tax 15%: la proposta della Lega e le conseguenze per il reddito di cittadinanza

Si inizia a discutere rispetto alla riforma del Fisco e la Lega tenta un primo approccio piuttosto scaltro: si punta al passaggio alla Flat Tax usando i soldi del reddito di cittadinanza.

L’accordo tra le parti sta modulando e rimodulerà le volontà degli attori coinvolti in questo sistema di contrappesi ma per ora fanno fede le parole e le intenzioni trascritte su carta di chi si sta mobilitando con largo anticipo.

Salvini è il primo firmatario di una riforma che rivedrebbe il sistema della tassazione e, per riflesso, andrebbe ad agirebbe sui sussidi alle famiglie in difficoltà. I fondi destinati al sistema degli assegni per la disoccupazione verrebbero impiegati in altro, nel dettaglio in una manovra piuttosto osteggiata come quella della tassazione piatta.

La questione si scontra infatti con la volontà del Governo di muoversi adagio e procedere a piccoli passi. Se tutto resta com’è infatti all’orizzonte ci sono pochi cambiamenti sensibili sul Rdc.

La Lega riprova a introdurre la Flat Tax: Salvini primo firmatario

La Lega prova a reintrodurre la Flat Tax per compensi o ricavi oltre i 65mila euro fino ai 100mila. La proposta è oggi contenuta in uno degli emendamenti presentati dal partito rispetto al decreto che disciplina il sistema fiscale. Matteo Salvini si conferma come primo firmatario e punta a reintrodurre il vecchio regime fiscale. In questo caso infatti si prevede che torni ad avere efficacia il provvedimento presente nella legge di Bilancio nel 2018, poi abrogato dal governo Conte 2.

Le dichiarazioni di intenti nascono in virtù di un’analisi dei costi e di una questione ideologica legata alle posizione espresse dal gruppo politico stesso.

L’emendamento stima infatti oneri per 110 milioni per il 2022, 1,13 miliardi per il 2023 e 860 milioni dal 2024. Il tutto si strutturerebbe però proprio a partire dalla corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo per il reddito di cittadinanza. Tagliando su questo fronte, in poche parole, si troverebbero le risorse necessarie per agire e dare forma alla cosiddetta «tassa piatta».

Come ben noto ormai la stessa prevede una sola aliquota indipendentemente dal reddito. Una manovra i cui beneficiari maggiori sarebbero soprattutto i cittadini con alti redditi. A foraggiare questo nuovo sistema c’è un presupposto teorico: aliquote basse possono indurre imprese e lavoratori a produrre più ricchezza. In molti tuttavia sottolineano come tale tesi non abbia trovato un effettivo riscontro nella realtà quanto piuttosto un orizzonte in cui si concretizzerebbe la diminuzione degli introiti dello Stato.

La volontà di portare a termine questo punto della campagna elettorale leghista però come abbiamo visto è salda e compatta, soprattutto in questo momento poiché si va a fare leva sul malumore condiviso da buona parte della popolazione italiana nei confronti del famoso reddito di cittadinanza.

Le conseguenze che questo sistema subirebbe secondo le decisioni prese fino ad oggi meritano un’analisi più specifica.

Gli effetti sul reddito di cittadinanza

La misura promossa dalla Lega estremizza soltanto i termini di un processo avviato ma postdatato a causa delle difficoltà riscontrate dalle famiglie italiane.

Per il rifinanziamento del sistema del reddito di cittadinanza sono stati necessari altri 200 milioni e il governo Draghi non ha retrocesso, al netto della condizione reale in cui versano tanti cittadini dopo la crisi pandemica che si è abbattuta sul Paese. Nonostante sia stata forte l’opposizione di Lega e Italia Viva, l’utilità della misura è stata confermata . Tagli sì, abolizione no. Non ora.

Rimandate ad un secondo momento le discussioni più concrete per una riforma completa del sistema. Il tema resta in agenda e, nel frattempo, si inizia ad operare sul solo fronte che offre un possibile margine di azione.

Le maglie per accedere al sussidio innanzitutto saranno più strette e la dotazione annuale verrà rimodulata. L’assegno calerà di 5 euro al mese a partire dal sesto mese, come avviene al ritmo del 3% per Naspi e Discoll, i sussidi di disoccupazione.

La riduzione però non viene applicata alle famiglie in cui tutti i componenti sono inoccupabili o fino a quando c’è un componente sotto i tre anni con disabilità grave o non autosufficiente. Inoltre l’assegno non scenderà mai sotto i 300 euro al mese. L’accesso al sussidio invece si perde anche nel caso in cui un beneficiario non si presenti se convocato al centro per l’impiego.

I criteri della revoca sono però il vero punto di svolta: stop al sussidio alla seconda offerta di lavoro rifiutata, e non alla terza come oggi.

L’immediata revoca invece viene disposta per un numero maggiore di reati. Verifiche in arrivo per la presenza di condannati definitivi negli elenchi dei destinatari e i Comuni dovranno anche fare dei controlli anagrafici, di residenza e soggiorno.

Stando a queste novità possiamo dire quindi che il taglio e la revisione al reddito di cittadinanza ci sarà, soltanto non a breve termine e non come vorrebbe Salvini. Per come appare al giorno d’oggi siamo lontani dalla cessazione del servizio ma si cerca una via comune per una regolamentazione più chiara.

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