L’Italia ha riaperto troppo presto? Ecco cosa ne pensano in Cina

Leonardo Pasquali

05/05/2020

07/07/2021 - 17:47

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L’Italia riapre, ma forse troppo presto. Lo dice uno studio cinese che ha messo a confronto l’epidemia di coronavirus scoppiata nella provincia dello Hunan e quella nel nostro Paese.

L’Italia ha riaperto troppo presto? Ecco cosa ne pensano in Cina

Dalla Cina fanno sapere che l’Italia potrebbe aver riaperto troppo presto e che il rischio di una seconda ondata di contagi da coronavirus sia dietro l’angolo.

Sono le conclusioni a cui è giunto uno studio condotto dall’Ospedale generale cinese di Pechino (PLA) e pubblicato sulla rivista Frontiers in Medicine che ha confrontato l’andamento dell’epidemia nel nostro Paese con quello della provincia dello Hunan, che conta un numero simile di abitanti.

Oltre a sottolineare come l’intervento del Governo italiano sia stato poco tempestivo, nella ricerca si conclude che la decisione di alleggerire le misure di lockdown già dal 4 maggio sia stata avventata. Vediamo per quale motivo.

Coronavirus, gli errori dell’Italia

Il 4 maggio l’Italia ha dato il via alla Fase 2, allentando il lockdown e consentendo la ripresa graduale dell’attività lavorativa, le uscite e gli spostamenti, sempre nel rispetto di regole anti-contagio. Un team di ricercatori dell’Ospedale generale cinese di Pechino (PLA) ha deciso di analizzare nel dettaglio l’epidemia scoppiata nel nostro Paese, sopratutto per comprendere perché vi siano stati così tanti morti e contagi.

A questo proposito, l’Italia è stata messa a confronto con la provincia dello Hunan, che conta un numero simile di abitanti (67 milioni rispetto ai 60 dell’Italia). Lì si sono registrati più di mille casi di COVID-19 mentre qui abbiamo raggiunto i 211.938 infetti e i 29.079 decessi. Il modello matematico modificato dagli studiosi per mappare i diversi effetti a seconda delle misure di prevenzione adottate, il SIR, ha previsto la fine dell’epidemia per il nostro Paese per il prossimo 6 agosto mentre per la provincia cinese è già avvenuta lo scorso 3 marzo.

Questa enorme differenza tra le due è stata spiegata così da Wangping Jia del PLA di Pechino, uno degli autori dello studio:

“È importante sottolineare che nelle situazioni reali la velocità di trasmissione può essere influenzata da diversi fattori, come la protezione personale, l’isolamento sociale e il blocco delle città. Le ragioni di tale disparità potrebbero essere dovute a diversi fattori, primo tra tutti la mancata tempestività nell’attuazione delle misure di prevenzione in Italia”.

L’Italia ha riaperto troppo presto

L’Italia procede a piccoli passi per uscire definitivamente dall’emergenza. Il 4 maggio l’ingresso nella Fase 2 con oltre 4 milioni di persone che sono tornate a lavorare e tante altre che hanno ricominciato a muoversi. Una mossa quella del Governo forse prematura secondo i ricercatori cinesi, che spiegano come la possibilità che si verifichi una seconda ondata sia molto concreta.

Ecco cos’ha detto in merito Jia:

“Il Governo italiano ha allentato le misure restrittive ben tre mesi prima di quanto consiglia il modello SIR. Siamo convinti che sia troppo presto. Ovviamente ci sono dei limiti nel nostro studio il numero di contagi in Italia potrebbe essere superiore a quello ufficiale. Inoltre il modello non tiene conto del periodo di incubazione della malattia”.

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