Emissioni 0 entro il 2050 in USA e Canada, intanto gli investitori spingono le aziende verso il green

Riccardo Lozzi

25/02/2021

12/05/2021 - 10:47

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USA e Canada hanno concordato l’attuazione di un piano congiunto per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050. Intanto, gli investitori si preparano a influenzare le politiche green delle aziende.

Emissioni 0 entro il 2050 in USA e Canada, intanto gli investitori spingono le aziende verso il green

A seguito di in un incontro bilaterale tra Stati Uniti e Canada, Joe Biden ha dichiarato il raggiungimento dell’accordo di un piano congiunto con Justin Trudeau per conseguire insieme l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050.

Come affermato dal presidente USA, i due Stati del Nord-America daranno vita a una strategia comune, attraverso un programma che verrà seguito dall’inviato speciale per il clima John Kerry e il ministro dell’Ambiente canadese Jonathan Wilkinson.

Le priorità delle politiche da attuare per raggiungere l’ambizioso risultato dovrebbero comprendere la riduzione dell’impiego del petrolio e dei gas naturali, l’incremento di mezzi di trasporto ad alimentazione pulita e l’approvazione di un piano di resilienza ai cambiamenti climatici.

Emissioni 0 entro il 2050 in USA e Canada

Un primo segnale in questo senso era stato dato dallo stesso Biden già dalle prime ore del suo insediamento nello Studio Ovale, da cui erano partiti gli ordini esecutivi per il rientro degli States nell’accordo sul clima di Parigi e lo stop alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL.

Secondo il piano originale firmato dal suo predecessore Donald Trump, il Keystone XL avrebbe trasportato una quantità di 830 mila barili al giorno petrolio greggio dall’Alberta al Nebraska.

Il primo ministro Trudeau ha affermato come tale perdita, potenzialmente dannosa per l’economia del Canada, sarà sostituita da un aumento del volume delle esportazioni di energia idroelettrica verso gli Stati Uniti.

Gli effetti del riscaldamento globale su economia e sicurezza

Nel frattempo, sono state espresse al Consiglio di sicurezza dell’ONU le preoccupazioni da parte di una delegazione di rappresentanti dei piccoli Stati insulari, i quali vedono a rischio la loro stessa sopravvivenza a causa del riscaldamento globale e il conseguente innalzamento delle acque.

Effetti che potrebbero portare a diversi disastri naturali, come inondazioni, siccità e incendi, provocando nuovi flussi di migrazione e, quindi, conseguenze per la sicurezza e la tenuta economica a livello internazionale.

Per prevenire questo scenario catastrofico, i Paesi aderenti agli accordi di Parigi hanno sottoscritto l’obbligo di raccogliere 100 miliardi di dollari ogni anno, a partire dal 2020, per sostenere investimenti green negli Stati in via di sviluppo. Impegno che però non è ancora stato rispettato.

Gli investitori spingono le aziende verso il green

Intanto anche gli investitori finanziari spingono le aziende ad adottare un nuovo modello sostenibile, attraverso la presentazione di 79 risoluzioni sul clima dall’inizio del 2021. Un numero di gran lunga maggiore se paragonate alle 72 totali del 2020 e alle 67 del 2019.

L’obiettivo degli azionisti è di influenzare le policy aziendali in occasione delle prossime votazioni delle assemblee generali, definendo a priori i limiti di emissioni e l’impatto sull’ambiente delle attività in maniera più dettagliata.

Ponendo il raggiungimento di una serie di risultati intermedi in vista del 2050, si vuole controllare l’effettivo impegno nella lotta al cambiamento climatico, evitando il pericolo del cosiddetto greenwashing da parte di alcune compagnie.

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