La crisi dell’Eurozona è ben lontana dall’essere risolta e la situazione di Cipro evidenzia le carenze di questa unione monetaria, scrive il The Economist nell’articolo che dà la copertina al prossimo numero, in uscita sabato.
Traduciamo in anteprima la pungente analisi del giornale inglese che titola "Proprio quando pensavamo che fosse al sicuro..."
Salvare Cipro: questo è il modo sbagliato
Anche per gli standard della politica Europea, la settimana appena passata è stata un vero e proprio disastro. Nelle prime ore del 16 marzo, dopo 9 mesi dalla prima richiesta di Cipro per ricevere il salvataggio, i ministri delle finanze della zona Euro, guidati dalla Germania, hanno offerto un accordo per 10 miliardi di Euro, contro i 17 necessari.
Chi ha imposto a chi, di fare cosa, non è ancora esattamente chiaro, ma in un primo momento i Ciprioti hanno detto di essere pronti a raccogliere 5.8 miliardi di euro con una tassa (il prelievo forzoso) sui conti bancari: precisamente un prelievo del 9.9% sui conti superiori ai 100 mila Euro e del 6.75% sui conti inferiori a tale cifra.
Il panico. Principalmente tra i molti Russi (rispettabili o meno) che hanno parcheggiato il loro denaro nell’isola dalla regolamentazione "soft". Il 19 marzo, con la folla riversatasi nelle strade e le banche chiuse col lucchetto, il parlamento cipriota ha ben pensato di rifiutare il pacchetto del bailout europeo.
Mentre il The Economist andava in stampa, la scena è passata a Mosca, dove i Ciprioti cercavano di convincere Vladimir Putin e i suoi compagni di contribuire in qualche modo al salvataggio, magari per lo scambio futuro di riserve di gas.
Cipro è un ’nanerottolo’ del Mediterraneo, con un PIL di soli 23 miliardi di Dollari. Ma la crisi dell’isola potrebbe rivelarsi velenosa dal punto di vista delle conseguenze sul lungo termine. Otto mesi dopo che la Banca Centrale Europea ha ristabilito la calma, promettendo di fare tutto il necessario per salvare la moneta unica, torna di nuovo sulla scena il rischio che un membro dell’Euro venga buttato fuori dall’unione monetaria. Aumenta la possibilità di una fuga di depositi (se Cipro può prendersi i tuoi soldi, cosa impedisce di fare lo stesso in Italia o in Spagna?). Tutto ciò, inoltre, ha sottolineato la mancanza di progressi compiuti verso una soluzione stabile e duratura per tutti i problemi dell’Euro. In teoria, questo evento si trasformerà in una spinta per gli Europei a portare avanti le riforme necessarie, ma con le elezioni tedesche alle porte, la realtà sembra divergere dalla teoria.
Nel futuro c’è la CipRussia?
Cipro è alla frutta. Il debito, addossando le passività delle banche, raggiungerebbe il 145% del PIL. Questo giornale ha suggerito la possibilità di ricapitalizzare le banche Cipriote, su una base individuale degli istituti, direttamente mediante il fondo salva stati ESM, European Stability Mechanism, che interromperebbe così il circolo vizioso in cui governi deboli sono costretti a salvare ancor più fragili sistemi bancari. Inoltre, abbiamo suggerito a correntisti e possessori di titoli di essere prudenti: non per un particolare amore verso la Russia, ma per il timore di eventuali corse agli sportelli nelle banche dei paesi deboli, ma più grandi dell’Eurozona rispetto a Cipro.
Gli europei invece hanno deciso di prestare il denaro direttamente al governo cipriota, ed i ciprioti, forse vittime di bullismo da parte di alcuni creditori, hanno poi deciso di massacrare tutti i correntisti delle banche, compresi quelli assicurati.
Una decisione ingegnosamente folle. Cipro è un caso bizzarro perché virtualmente tutte le passività delle banche sono depositi (opposti a bond a lungo termine). Eppure, delle 147 crisi bancarie tracciate dal FMI dal 1970, nessuna ha mai inflitto perdite ai propri correntisti, a prescindere dal totale depositato nelle banche. Ora i correntisti nelle banche più fragili dei paesi più fragili hanno tutte le ragioni di essere preoccupati delle sorti dei loro risparmi. I correntisti in paesi come l’Italia non sono ancora entrati nel panico, ma cosa accadrà se l’Eurozona dovesse provare a "salvare" anche loro?
Di chi è la colpa di questa situazione?
A questo punto, la colpevolezza dovrebbe essere divisa tra Cipro e i suoi creditori. Cipro è colpevole di molto, ha dato il benvenuto ai Russi permettendo alle banche di ingrandirsi a dismisura: nel 2011, gli asset hanno raggiunto l’800% del PIL. Le banche erano in pericolo anche prima della ristrutturazione dei bond di Stato della Grecia, che ha aperto un buco di 4 miliardi di Euro nei conti ciprioti lo scorso anno. Per quanto riguarda i creditori, la priorità della Cancelliera Merkel sembra essere stata quella di apparire severa prima delle elezioni, e la Banca Centrale Europea, il cui compito è quello di proteggere la stabilità finanziaria, ha preso parte ad un sistema che ha finito con il compromettere anche lei.
Cosa dovrebbero fare i leader Europei adesso? Il peggior esito sarebbe quello di permettere alle banche cipriote di scivolare verso l’uscita dall’Euro. Sarebbe disastroso per l’isola, e la zona Euro sbaglia a pensare che Cipro sia piccola abbastanza da non creare danni al blocco dei 17. La credibilità della moneta unica risiede nel fatto che questa sia irreversibile.
Come salvare Cipro?
Lasciando che sia la Russia a salvare Cipro, permettendo di ricapitalizzare le banche e ottenere parte delle riserve di gas è una risposta, ma non quella migliore. Per quanto sia difficile la politica di usare i soldi dei contribuenti tedeschi per salvare i depositi dei russi, un accordo che sancisca lo status di Cipro come colonia offshore di Mosca sarebbe un risultato perverso. Un accordo rivisto, ma con l’Eurozona, sarebbe decisamente meglio.
Questo giornale continua a preferire la ricapitalizzazione diretta delle banche cipriote mediante il fondo ESM. Ma l’opzione non è nemmeno in tavola. Il meglio che potrebbe essere fatto ora sarebbe quello di mettere al riparo i correntisti, salvare altri creditori bancari e, dato il danno economico causato la scorsa settimana, aumentare la quantità del bailout. Le ipotesi finanziarie sull’accordo respinto sono ormai già superate. Ci sarà una fuga di capitali quando le banche chiuse finalmente riapriranno; l’attività offshore dell’isola è ormai al fallimento. Serve trovare nuove forme di prosperità, compresa la rapida espropriazione dei recenti ritrovamenti di gas, sebbene anche questi possano essere esagerati. Il piano a lungo termine migliore per l’economia sarebbe un accordo con la Turchia-Cipriota per riunificare l’isola: un espediente per far aumentare il turismo, e il PIL.
Quanto ci costerebbe un divorzio?
Più in generale, la tragicommedia Cipriota potrebbe far ripartire i leader Europei costringendoli ad andare avanti. Anche se venissero colpiti solo i depositi non assicurati, il limite è ormai stato superato. Un regime di salvataggio Europeo è necessario al più presto, uno che richieda alle banche di mantenere un livello di assorbimento delle perdite risparmiando i correntisti, assicurati e non, in tutto tranne che in ultima istanza. Questo permetterebbe un contesto più prevedibile, pur consolidando la frammentazione. Nei paesi più deboli l’accesso al credito diverrebbe sempre più costoso. L’unica soluzione a questa frammentazione è una vera unione bancaria ed una limitata mutualizzazione del debito sovrano.
Le conseguenze a livello politico sarebbero tossiche. Cipro è l’ultimo paese periferico a sentirsi maltrattato da parte dei paesi creditori. In parte perché danno per scontato il loro supporto finanziario, ma l’economia della zona Euro è stagnante. I partiti critici guadagnano popolarità. L’Euro è stato pensato per essere la manifestazione di un grande progetto politico. Ma sembra più un matrimonio disamorato, in cui i costi del divorzio sono l’unica cosa che tiene insieme i partner.
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: The Economist |
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