ETF: una bolla pronta a esplodere?

Mauro Bottarelli

19 Dicembre 2020 - 13:15

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I mercati finanziari si preparano a una nuova esplosione, chiamata ETF: cosa racconta - davvero - l’ultima mossa di JP Morgan, e della Fed, sulla prossima bolla pronta a scoppiare.

ETF: una bolla pronta a esplodere?

Lunedì 21 dicembre Tesla sbarcherà ufficialmente sullo Standard&Poor’s 500. E lo farà con un carico di aspettative spaventoso, al netto dei progetti marziani del suo fondatore e di un market cap che ridicolizza letteralmente i principali player del comparto automotive mondiale, come mostra il grafico:

Fonte: Bloomberg

D’altronde, nel meraviglioso mondo delle Banche centrali, chi ha più bisogno di un piano industriale credibile e di bilanci sostenibili, quando puoi contare sistematicamente su returns da opzioni call e conseguente espansione dei multipli, oggi giunti a un sobrio 170x di P/E sugli utili 2021, a fronte di 600 miliardi di market cap e 480 miliardi di float cap?

La pensano sicuramente così dalle parti di JP Morgan, i quali con tempismo da centometrista hanno lanciato la loro ultima scommessa: un prodotto strutturato direttamente legato ai tre principali ETF tech della Ark Investment Management - Innovation ETF, Genomic Revolution e Next Generation Internet -, rivelatisi i più hot di tutto il 2020.

Il tutto in un contesto come quello rappresentato da questo grafico, di per sé sufficiente a dimostrare il tasso di proliferazione di quei fondi nell’arco degli ultimi anni.

Fonte: Statista

Ormai, market-makers assoluti. Il problema è che la scommessa di JP Morgan va oltre e, alzata debitamente l’asticella della follia, è sconfinata in quello che appare il territorio ancora inesplorato del raschiamento terminale di un barile ormai essiccato, talmente appare vuoto.

La banca newyorchese non solo sta vendendo 589.000 dollari in prodotti strutturati legati ai tre ETF della Ark ma lo sta facendo con leva 1,5x e su un arco temporale di 6 anni. Praticamente, l’aggressività fatta scommessa. O la disperazione da fine ciclo travestita da versione finanziaria di Braveheart.

Ma ancora non basta. Al netto del carattere quantomeno baldanzoso dell’investimento, il tutto assume contorni da missione kamikaze quando si scopre che l’ETF di Ark siede su una detenzione del 10% proprio di titoli Tesla. Di fatto, quindi, la mossa di JP Morgan è una call a leva 1,5x per 6 anni sulle azioni della creatura di un uomo che ha appena annunciato di voler vendere tutto e investire i propri soldi nella costruzione di una città su Marte.

Certo, i numeri stanno dalla parte di Ark, come mostra questo grafico:

Fonte: Bloomberg

Stando a dati di Bloomberg, il 10 dicembre l’Ark Innovation ETF ha registrato un inflow di capitale pari a 275 milioni di dollari, un’iniezione che ha permesso al fondo di raggiungere i 16 miliardi di assets totali e sorpassare proprio l’Ultra-Short Income ETF di JP Morgan con i suoi 15,2 miliardi.

Da inizio anno, l’Ark ETF ha guadagnato il 150%. Tesla il 650%. Insomma, due palesi beneficiari del cosiddetto rising tide garantito dalla liquidità a pioggia della Fed che ha gonfiato a dismisura la bolla tech dai minimi di marzo. Di per sé, già un rischio. Non fosse altro per l’ipotesi di big rotation di cui la vittoria di Joe Biden e l’approdo del vaccino anti- Covid hanno creato i prodromi.

Per ora, però, il Nasdaq è tornato sui massimi storici. E poco importa che si sia recentemente scoperto come la gran parte dell’impalcatura che regge l’ultimo strato di quel palcoscenico finanziario fosse basata sul materiale di pessima qualità (e breve durata) della mega scommessa sulle opzioni di Softbank. L’importante è battere il ferro finché è caldo. E, infatti, in gergo ciò che viene proposto da JP Morgan è definito Yolo ETF, dove la prima parola è l’acronimo di You Only Live Once.

In parole povere, si vive una volta sola. Vi fidereste di un investimento che può vantare un nomignolo simile? In un mercato normale, basato su concetti ormai desueti e degni di un museo delle cere come la price discovery o il fair value, ovviamente no. Ma questo deve far riflettere su almeno due presupposti.

Primo, il mercato non esiste più. Al suo posto, piazzata al centro del mondo come un ideale e distopico panopticon finanziario, che è la Fed. O, più in generale, le Banche centrali con il loro Qe perenne e ormai assunto e prezzato come strutturale da chi investe. Ne consegue che il destino di Tesla e con esso il suo market cap e quindi anche la fortuna di Ark e della scommessa di JP Morgan, ad oggi non appaiono nelle mani di chi acquista fisicamente auto o valuta i rating societari o decide su cosa sia più oculato investire, soppesando anche i rischi. Lo decide, al 99%, Jerome Powell. E dietro di lui, chi tira i fili. Il gestore della giostra. Tradotto, quei Primary dealers che la Federal Reserve - in tempi di deficit stellare - deve trattare ancor più con i guanti bianchi, poiché parte integrante dello schema Ponzi chiamato appunto Qe.

E alla luce di questo, sorge un dubbio: se JP Morgan si lancia in un’operazione simile - capace di bruciare l’intero investimento insieme alla credibilità della banca, stante proprio l’overweight su Tesla aggravato da una leva 1,5x su quell’arco temporale -, lo fa perché ai piani alti sono impazziti? Oppure perché sanno che la big rotation non ci sarà e che la giostra tech girerà ancora per un tempo sufficiente a trovare la via verso l’uscita di sicurezza?

Giova ricordare che nell’estate del 2019 fu proprio la mossa di JP Morgan di trasferire immensi capitali fuori dai propri conti presso la Fed a creare lo sbilanciamento nelle riserve, lo stesso che a metà settembre generò l’impazzimento dei tassi overnight sull’interbancario e obbligò Jerome Powell a entrare in gioco direttamente con sei mesi abbondanti di aste repo e term (dopo l’annuncio iniziale di sole due settimane di operatività emergenziale).

Insomma, il player è di quelli che decidono le regole. Non che le subiscono. Secondo, come mostra questo ultimo grafico stiamo vivendo un sempre più marcato de-couple fra indice del mercato delle opzioni e regimi single-stock.

Fonte: Bloomberg/Zerohedge

Insomma, proprio l’incertezza del quadro generale porta sempre più investitori - daily traders in testa - a diffidare ancora dell’overall market e preferire la scommessa sulla performance di singoli nomi. Nel nostro caso, Tesla. Insomma, ci vuole pelo sullo stomaco. O, forse, sana incoscienza. O, in ultima istanza, certezza nel fatto che la recita a soggetto delle Banche centrali - semplicemente - non può finire. Pena, un 2008 al cubo. Per tutti.

Forse è per questo che si parla di scommessa con profili da si vive una volta sola: non tanto per i rischi esiziali di una call su Tesla all’1,5x di leverage su 6 anni (compaiono i brividi lungo la schiena solo a scriverlo), quanto perché questo giro di giostra a spese delle stamperie centralizzate di tutto il mondo potrebbe essere l’ultimo. Quantomeno per un po’, giusto il tempo per il mondo di purgare qualche decina di trilioni di dollari in stati patrimoniali ipertrofici e market cap lisergici.

Insomma, prima che - come nei cartoni animati - compaia la scritta finale That’s all folks!, qualcuno ha pensato che fosse il caso di lanciarsi in uno Yolo raschiafondo.

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