Di problemi economici l’Europa ne ha tantissimi. Problemi che qualsiasi paese ha: venti demografici contrari, stabilizzazione del livello di istruzione, la necessità di continuare a spingere avanti la frontiera della tecnologia etc. Ma ce n’è uno, in particolare, che rende il tutto più complicato.
I problemi dell’Eurozona
I problemi dell’Europa sono i normali problemi che hanno anche altri paesi, alcuni dei quali però fanno meglio: regolamentazioni intricate ed eccessive, mercato del lavoro troppo rigido, settore pubblico troppo grande e inefficiente e così via.
L’Europa ha gravi problemi, tipici dei paesi più ricchi: si fa sempre più affidamento sulle banche che sono troppo grandi e meno sulle piccole e medie imprese, accumulando montagne di debito insostenibile.
L’Europa ha problemi finanziari quotidiani, comuni ai paesi ricchi: non sa gestire il rischio sistemico del settore finanziario e affrontare l’azzardo morale. Ha il brutto problema della politica che gestisce un’unione monetaria che manca della capacità di gestione istituzionale: i problemi fiscali o finanziari del più piccolo degli stati della zona Euro sono in grado di destabilizzare le economie più grandi del blocco e gli sforzi per aumentare il surplus delle zone dell’Euro complicano la vita di tutti i paesi, almeno di riflesso.
L’Europa ha tutti questi problemi e alcuni di essi, almeno in parte, sono direttamente responsabili della crisi in corso, mentre altri sono zavorre che rendono la lotta alla crisi, sul breve e sul lungo termine, sempre più difficile.
Il problema più grande
Ma l’Europa ha un problema economico ancor più grande, ed è un problema nominale:
La linea rossa mostra la crescita annuale della zona euro in termini di produzione nominale o, se preferite, quanti soldi (in Euro) sono stati spesi nell’eurozona in relazione all’anno precedente. La linea blu mostra lo stesso dato, ma in relazione all’economia Americana. La divergenza finale corrisponde alla divergenza nelle performance di crescita reale e disoccupazione.
Iniezioni di liquidità
Ora, la caduta nella crescita nominale risulta da un fattore reale. Ma un calo sostenuto nella crescita nominale è da attribuirsi alla banca centrale. Non si può evitare la caduta del potenziale produttivo di un’economia (grazie, ad esempio, alla perdita dello status bancario offshore), ma si può prevenire il calo del potenziale produttivo di un’economia: si pompa più denaro.
In generale, è una buona idea per le banche centrali. Quando non iniettano denaro, il calo della crescita nominale diventa un problema economico. Quando ci sono meno soldi a scorrere nele arterie dell’economia, i prezzi devono adeguarsi verso il basso per evitare il calo dell’attività reale.
Lo stesso accade per salari e contratti di debito. Se tutte le variabili nominali non si adeguano velocemente si ottiene una grande dislocazione economica: la disoccupazione, le persone che non possono permettersi di sopravvivere ai propri debiti e così via. In altre parole, è come non poter ripagare i propri debiti perché una voragine ha inghiottito la tua azienda. È diverso, invece, quando non è possibile ripagare i debiti anche se la crescita della produttività ha seguito le aspettative, ma i salari sono in calo a causa di una diminuzione della quantità di moneta in circolazione nell’economia.
In questo ultimo caso, la colpa è della banca centrale. Dovrebbe essere conseguenza logica che se l’economia soffre di debolezza, sarà molto più difficile rispondere agli stimoli se la banca centrale addossa simultaneamente alle persone cali imprevisti nella spesa nominale.
Dijsselbloem su Cipro
Tutto ciò ci riporta ai borbottii del ministro delle finanze olandese, Jeroen Dijsselbloem che con i suoi commenti ha contribuito per un paio di giorni ai timori dei mercati finanziari sostenendo che "il bailout di Cipro potrebbe diventare un modello per la gestione bancaria dei futuri problemi della zona euro". In difesa del ministro c’è da dire che la sua posizione rispecchia quella di molti altri funzionari dell’euro in questo momento. Il principio che i depositanti non assicurati dovrebbero contribuire maggiormente quando le banche siano al fallimento non suona bene, né in termini di incentivi, né di giustizia. La dichiarazione di Dijsselbloem suona come sciocca e pericolosa a causa della minaccia di una corsa sfrenata agli sportelli nell’eurozona.
Corsa agli sportelli e recessione: mix letale
E qui arriviamo al senso del perché la questione nominale sia per molti versi il vero problema. Verrebbe da dire che il focus sui problemi della domanda nell’area euro sia sciocco perché al momento ci sono tanti problemi strutturali più ovvi che richiedono riforme. Ma i due aspetti non possono essere separati.
Si potrebbe sostenere, ad esempio, che la minaccia di una corsa agli sportelli non sarebbe così pericolosa se le perdite delle banche non fossero amplificate dagli effetti della recessione. Non c’è modo di evitare il riaggiustamento del settore immobiliare o le perdite del settore bancario, è vero. Ma un grande calo in termini di crescita nominale in Spagna implica che la situazione sia peggiore di come dovrebbe essere. I prezzi nominali delle case devono scendere oltre la regolazione desiderata.
Perché la BCE non stampa altro denaro?
Nel contesto attuale, anche se la corsa agli sportelli non sarebbe un rischio tale, la soluzione di Dijsselbloem sarebbe altamente pericolosa. La Banca Centrale Europea potrebbe semplicemente decidere di riempire i buchi stampando denaro. Certo, ciò avrebbe implicazioni negative sul lato morale, ma il lato positivo eviterebbe che la risoluzione del settore bancario causi il calo dell’offerta monetaria al di sotto delle aspettative, aggiungendosi al problema nominale.
La promessa di colpire i depositi non assicurati, come causa naturale, al contrario, aumenta gli incentivi ma induce a rivedere al ribasso le aspettative dell’offerta di moneta. Non sarebbe un problema sapendo che la BCE avrebbe agito aggressivamente per compensare il calo, ad esempio seguendo lo stile della Fed nell’acquisto di asset. Ma il calo costante del PIL nominale suggerisce che la BCE non è interessata a risolvere il problema oppure si sente accerchiata politicamente.
In entrambe i casi, il comportamento della BCE mette l’eurozona in una situazione in cui le riforme sensibili diventano pericolose, perché potrebbero aggravare il problema nominale.
Ai banchieri centrali piace dire che la politica monetaria non è una panacea, ed hanno ragione. Ma la politica monetaria è in grado di risolvere il problema nominale. E vista la gravità degli altri problemi, una politica monetaria sbagliata può rendere difficile il raggiungimento di qualsiasi altra cosa più giusta.
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: Free Exchange |
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