Coronavirus, niente più consegne a domicilio? La protesta dei rider

Marta Tedesco

13/03/2020

26/06/2020 - 10:29

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Stop alle consegne a domicilio? Le proteste dei rider aprono la possibilità che il servizio di delivery venga sospeso mentre l’Italia è in lock down.

Coronavirus, niente più consegne a domicilio? La protesta dei rider

Il coronavirus ha imposto la chiusura di ristoranti e bar come misura di contenimento del contagio. Lo prevede il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo, che però permette ai locali che servono cibo di continuare a lavorare con le consegne a domicilio.

Questa misura governativa ha però scatenato la protesta dei rider, ovvero i fattorini che, in sella a motorino o bicicletta, consegnano il cibo a casa. Questi lavoratori infatti lamentano la totale mancanza di tutela nei loro confronti, sia dal punto di vista della salute sia dal punto di vista lavorativo. In queste ore dunque si sta discutendo la possibilità di mettere uno stop alle attività di consegna a domicilio.

Deliverance Milano e Riders Union Bologna, che rappresentano le prime forme di rappresentanza sindacale della categoria, invitano i colleghi a fermarsi. Ora i rider si trovano davanti a una scelta ardua: continuare a lavorare nonostante il rischio di contagio, oppure desistere e magari trovarsi a dover perdere una fonte di guadagno.

Coronavirus e consegne a domicilio: le proteste dei rider

Dopo la notizia su casi di contagio riscontrati tra i fattorini, Deliverance Milano e Riders Union Bologna sono intervenute in difesa della categoria e hanno annunciato la decisione di fermare i servizi di consegna a domicilio: «Noi ci fermiamo. Invitiamo i rider ad astenersi dal servizio fino a tutta la durata delle ordinanze restrittive!» si legge su social dei collettivi di categoria. Questi ultimi infatti invitano i colleghi a interrompere l’attività poiché mancano adeguate misure di sicurezza per tutelare la salute dei lavoratori.

È stringente infatti il problema della mancanza dei dispositivi di sicurezza per cercare di arginare il rischio di contagio. Secondo le piattaforme infatti i fattorini sono considerati lavoratori autonomi e quindi non vengono forniti loro guanti e mascherine. “Basta lavorare senza dispositivi di sicurezza, in piena emergenza sanitaria, non siamo monatti” insistono i rappresentanti di Deliverance Milano.

Riteniamo la situazione molto grave e per noi fermare il contagio viene prima di qualsiasi altra cosa. Se distribuire cibo a casa diviene indispensabile, ci devono pensare lo Stato, la Protezione Civile e gli organi preposti. Noi ci fermiamo” si legge ancora nel comunicato.

Non tutti però sono disposti a smettere di lavorare, anche perché per tanti non consegnare significa perdere la principale, se non l’unica, fonte di guadagno. Nicoló Montesi, presidente dell’Anar, associazione composta da circa 650 rider in tutta Italia, fa sapere che nella sua organizzazione “c’è chi chiede lo stop ma anche altri che vorrebbero continuare a lavorare”. In tal senso la Cgil ha sentito la necessità di intervenire, chiedendo al governo ammortizzatori sociali per tutelare la categoria dei fattorini.

Coronavirus: no alle consegne a domicilio in Campania

Mentre il dibattito infiamma in tutta Italia, alcune regioni hanno già preso dei provvedimenti autonomi. Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, per esempio, si è espresso negativamente sulla possibilità che i ristoranti permettano ancora il servizio di consegna a domicilio. “Io dico di no al cibo da asporto, nonostante il Governo abbia detto sì. Lancerò l’ordinanza questa mattina”.

La sua analisi è chiara: “Se abbiamo 100 pizzerie che ogni sera fanno almeno 10 consegne a domicilio diventano mille contatti in dieci giorni, con la consegna di pizze a meno di un metro dal cliente. È una piccola cosa che rischia di creare migliaia di contatti personali e moltiplicare il contagio. Mettere in campo misure rigorose significa questo, le mezze misure non servono. Se non siamo rigorosi oggi, rischiamo di trascinarci questo problema per mesi e mesi, con una crisi economica drammatica”.

Stop consegne a domicilio: quali le conseguenze?

Ma che impatto avrebbe lo stop alla consegna a domicilio? Le prime conseguenze si rifletterebbero sicuramente sull’aspetto economico delle attività che si servono di questo servizio. La chiusura dei locali infatti sta causando gravi perdite. Sul servizio a domicilio molto hanno puntato fino ad ora i piccoli esercenti come bar, gelaterie, pizzerie e locali di quartiere per sopravvivere in questo periodo di emergenza.

Per il resto, non si può prevedere l’impatto che potrebbe avere sulla popolazione l’eventuale sospensione del servizio di consegna a domicilio dei rider. Certamente in generale contribuirebbe ad aumentare lo sconforto di dover rimanere chiusi in casa, per altro senza potersi permettere di mangiare qualcosa di sfizioso o diverso rispetto al solito. Del resto alle persone non viene impedito di fare la spesa.

Per certi versi, però, sospendere l’attività di consegna a casa potrebbe rivelarsi ottimale dal punto di vista sanitario. Ridurre contatti diretti con persone esterne rimane auspicabile in questo periodo. E qualora per i rider non venissero disposte delle misure di sicurezza adeguate per arginare il contagio, come il rifornimento di dispositivi sanitari di sicurezza, lo stop alle consegne a domicilio dovrebbe ritenersi necessario.

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