Congedo per gravi motivi familiari, la guida. Quando spetta, per quanti giorni e retribuzione

Simone Micocci

10 Ottobre 2023 - 20:37

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Come funziona il congedo per gravi motivi familiari: ecco quando può essere richiesto, per quali familiari e per quanto tempo.

Congedo per gravi motivi familiari, la guida. Quando spetta, per quanti giorni e retribuzione

Gravi ragioni familiari danno diritto all’astensione dell’attività lavorativa senza dover temere di perdere il posto di lavoro (ma entro un certo limite e senza avere diritto allo stipendio).

È importante ricordare che l’assenza al lavoro va sempre giustificata e comunicata al datore di lavoro con quanto più preavviso possibile: in caso contrario l’azienda può anche procedere con una sanzione disciplinare che nei casi più gravi può portare anche al licenziamento.

A tal proposito, lo strumento conosciuto come congedo per gravi motivi familiari è molto importante in quanto offre al lavoratore una giustificazione per l’assenza, permettendogli di prendersi il tempo necessario per dedicarsi alla propria famiglia fino a quando l’evento gravoso non viene meno.

Nel dettaglio, è l’articolo 4, comma 1, della legge n. 53 dell’8 marzo 2000 a disciplinare il congedo per gravi motivi familiari, individuando le situazioni in cui può essere richiesto e fissando la durata massima dell’assenza (limite oltre il quale l’azienda può anche procedere al licenziamento). Resta comunque salva la possibilità per i contratti collettivi di derogare alle regole previste dalla legge nazionale, ma solo al fine di riconoscere un trattamento di maggior favore per il lavoratore.

Delle regole sul congedo per gravi motivi familiari - che come anticipato rientra nella categoria dei congedi non retribuiti - ne parleremo in questa guida dedicata, utile per qualsiasi lavoratore che sta vivendo una situazione complicata in famiglia tale da necessitare di un periodo, più o meno ampio, di astensione.

Eventi gravi che danno diritto al congedo

Per fare chiarezza su quando si può ricorrere al congedo per gravi motivi familiari, bisogna fare riferimento al decreto attuativo ministeriale n. 278 del 2000 emanato dal ministero per la Solidarietà Sociale. Questo ha stabilito che la richiesta del congedo può essere motivata da uno dei seguenti eventi:

  • necessità derivanti dalla morte di un familiare;
  • quando si verifica una situazione per la quale è richiesto il proprio impegno per la cura o l’assistenza di un familiare;
  • quando il familiare è affetto da una patologia acuta o cronica e nel trattamento sanitario previsto è richiesta la partecipazione del dipendente;
  • quando il figlio del dipendente è affetto da una patologia dell’infanzia e dell’età evolutiva e il programma riabilitativo e terapeutico richiede il coinvolgimento dei genitori.

Ma la situazione grave non deve per forza riguardare un familiare, dal momento che il congedo può essere richiesto anche per motivi personali. Ad esempio, si può chiedere l’aspettativa quando si sta attraversando una situazione di grave disagio personale diversa dalla malattia.

Per quali familiari si può richiedere

Fatta chiarezza su quelle che sono le situazioni che possono legittimare la richiesta di congedo, bisogna fare chiarezza su quali sono i familiari a cui queste devono riferire. Nel dettaglio, il congedo può essere richiesto per tutte le gravi motivazioni che riguardano uno dei soggetti descritti dall’articolo 433 del Codice Civile, quali:

  • coniuge;
  • figli;
  • genitori;
  • generi e nuore;
  • suoceri;
  • fratelli e sorelle.

Con l’approvazione della Legge Cirinnà sulle Unioni Civili anche le coppie di fatto sono incluse in questo elenco; si può chiedere il congedo, quindi, anche per i componenti della famiglia di fatto.

Durata e retribuzione

Nell’arco dell’intera vita lavorativa il dipendente non può usufruire di più di 2 anni del congedo per gravi motivi familiari.

Ne può fruire anche in maniera frazionata ma in accordo con il datore di lavoro, al quale il dipendente deve darne il dovuto preavviso. Il datore di lavoro può rifiutarsi di concedere il permesso (motivando il suo diniego), oppure può offrire una soluzione alternativa (ad esempio un congedo parziale, oppure un rinvio ad un momento successivo).

In nessun caso comunque il congedo per gravi motivi familiari viene retribuito, né viene considerato nel calcolo dell’anzianità di servizio. Inoltre per il periodo di assenza il datore di lavoro non deve versare i contributi previdenziali al dipendente.

Tuttavia, se interessato il dipendente può riscattare ai fini pensionistici il periodo in cui si è usufruito del congedo versando personalmente i contributi previsti.

Permessi per decesso o grave infermità

Tra i gravi motivi, ovviamente, rientra anche il decesso di un familiare. In questo caso, però, oltre alla possibilità di beneficiare del suddetto congedo per “necessità derivanti dalla morte di un familiare”, si può anche godere di particolari permessi.

Nel dettaglio, si parla di permessi per lutto, consistenti in tre giorni di assenza retribuita di cui godere nel corso dell’anno, nei quali non si considerano i giorni festivi o non lavorativi. Questi permessi si possono richiedere quando il decesso riguarda un componente della famiglia anagrafica, o di fatto. Si possono richiedere per parenti entro il secondo grado, o affini di primo grado, e non necessitano del requisito della convivenza.

La stessa tipologia di permesso può essere richiesta anche per grave infermità del familiare, presentando però la documentazione rilasciata da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, dal medico di medicina generale oppure dal pediatra di libera scelta.

Attenzione: i tre giorni di permesso riferiscono al lavoratore e non al familiare. Anche in caso di un duplice lutto durante l’anno, quindi, non si potrà comunque andare oltre le tre giornate di permesso.

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