Catalogna: plebiscito indipendentista. Quale futuro per Barcellona?

Vittoria Patanè

10 Novembre 2014 - 12:30

La Catalogna dice sì "all’indipendenza illegale", mentre il suo Presidente si prepara a dare battaglia. Rajoy irritato. Quale sarà il futuro di Barcellona?

Catalogna: plebiscito indipendentista. Quale futuro per Barcellona?

La Catalogna vuole l’indipendenza. Nonostante tutto e nonostante tutti. Dal referendum del 9-N, come viene chiamato in Spagna, arriva un risultato, forte, netto, inequivocabile.

L’80% dei votanti ha scelto il sì. A recarsi alle urne 2.100.500 su 6.228.531 aventi diritto (compresi anche i minori sopra i 16 anni). Il 32% dei catalani si è dunque espresso, nonostante l’illegittimità della consulta, la scarsità dei seggi, la minaccia di ripercussioni legali, e la pioggia battente.

Secondo i sondaggi, tenendo conto della totalità degli abitanti della regione costiera, indipendentisti e unionisti sarebbero oggi alla pari, un dato che lascia trapelare sia la mancata affluenza di coloro che vogliono "rimanere spagnoli" sia quanto sia forte l’ondata separatista che regna a Barcellona.

Rajoy incassa, ma non arretra di un centimetro. Il presidente Arthur Mas esprime la propria soddisfazione e prepara le prossime mosse. Oggi stesso scriverà al Primo Ministro che però ha già escluso la possibilità di concedere maggiore autonomia alla comunità autonoma. Ciò che è certo però, è che il plebiscito indipendentista non può essere ignorato dal Governo centrale. Nonostante il referendum abbia solo valore simbolico, un risultato talmente netto esprime una volontà e un malessere che potrebbero avere ripercussioni pesanti sulla Spagna intera.

La Catalogna
Oltre ad essere uno dei territori più belli d’Europa dal punto di vista storico, artistico e culturale, la Catalogna è da sempre la regione più ricca del Paese, il " vero motore della Spagna", secondo chi la gestisce.

Andare a Barcellona o in una delle altre città della regione significa confrontarsi con un sentimento che traspare in ogni parola, in ogni azione. "Sono catalano, non sono spagnolo", è una frase che negli ultimi anni, ogni volta che mi trovavo a Barcellona o nei dintorni, mi sono sentita ripetere incessantemente.
Prima viene la Catalogna, poi la Spagna.

La forte spinta identitaria dei Catalani ha radici storiche ed economiche. Dopo la scure repressiva imposta da Franco, che arrivò addirittura a dichiarare illegale l’uso delle lingue regionali (tra cui il catalano) in tutta la Spagna, la Catalogna votò a favore della nuova Costituzione divenne una delle Comunità Autonome del Paese, ma la volontà indipendentista non si è mai placata, fino a sfociare in consultazioni e movimenti pro-indipendenza.

Dal punto di vista economico, come abbiamo già detto, la Catalogna è sempre stata una delle regioni più floride della Nazione unita. Dare un po’ di numeri non guasta. Secondo gli ultimi dati dell’Idescat, Istituto di Statistica della Catalogna, il PIL nel 2013 è stato pari a 192.545 milioni di euro (+1,4% nel II trimestre 2014), mentre il debito pubblico arriva quasi a toccare i 60 miliardi (29,9% del PIL 2013). La disoccupazione al 19,10% (23,67% in Spagna). E’ da sottolineare che la Catalogna rappresenta circa il 25% dell’economia spagnola, ma vanta anche uno dei debiti pubblici più alti.

Il Referendum
Il referendum di ieri, fortemente voluto dal Presidente Arthur Mas e dichiarato illegale dal Governo centrale in base alla Carta Costituzionale del 1978 che afferma l’unitarietà e l’indivisibilità della Spagna, ha diviso e continuerà a dividere l’opinione pubblica, spagnola e non, ancora per molto tempo.

A votare no a a entrambe le domande (Catalogna come Stato e Catalogna come Stato indipendente) è stato solo il 4,5%; si ferma a un 10% il numero di chi ha votato un sì e un no. Mentre i sì a entrambi i quesiti superano l’80%.

Per Madrid è "un atto di propaganda politica, senza validità democratica, sterile e inutile", per Barcellona "un successo della democrazia in sé", un risultato che misura l’ampiezza del fronte indipendentista e che apre nuove speranze per il futuro.

La maggioranza "soberanista", politicamente rappresentata dai centristi di Convergencia i Unio, dai repubblicani di sinistra di Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), dagli eco-socialisti di Icv e dalla sinistra radicale della Cup, ha vinto e la Generalitat non ha alcuna intenzione di lasciar perdere.

Oggi stesso il presidente Mas scriverà a Rajoy per chiedere l’apertura di un dialogo volto, con ogni probabilità, a chiedere nuovamente una maggiore autonomia fiscale, politica ed economica più che a far valere le ragione separatiste contrarie alla Costituzione. A detta de "El Mundo" il presidente, forte del risultato ottenuto, avrebbe però intenzione di chiedere al Primo Ministro la convocazione di un referendum reale, legale e legittimo.

Nel frattempo, secondo quanto riporta "El Pais", la magistratura avrebbe già avviato un’inchiesta per stabilire se "autorità e funzionari" abbiano compiuto un reato, avendo indetto un referendum più volte bocciato dall’Esecutivo di Madrid.

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