Book Calling #9: «TikTok Marketing», come coinvolgere la Generazione Z con Ilaria Barbotti

Antonella Coppotelli

15/12/2020

26/04/2021 - 15:31

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TikTok, l’app che impazza tra i più giovani, ha un valore che si aggira intorno agli 80 miliardi di dollari. Un fenomeno social tra i più recenti che non può essere più ignorato.

“Se vuoi arrivare alle persone, vai dove esse si trovano e parla con loro”. Questo era un po’ il mantra adottato dai responsabili marketing e comunicazione che qualche anno fa hanno dovuto ridisegnare i propri schemi lavorativi e riscrivere nuove regole di ingaggio dinanzi al trasferimento sempre più massiccio di audience verso l’online. Ecco quindi che le piazze virtuali di Facebook che all’epoca accoglieva in maniera molto generosa i brand e i suoi aficionados si riempivano sempre più, come quelle dei forum e dei blog. Da poco più di dieci anni a oggi molte di queste modalità sono cambiate nuovamente se non altro perché molte piattaforme social, nella sostanza ed efficacia, sono passate dall’essere free a paid ma il mantra iniziale è rimasto invariato: “vai, mischiati e confrontati con il tuo target di riferimento; soprattutto ascoltalo e agisci di conseguenza”. A maggior ragione, quindi, tale atteggiamento vale se si vuole intercettare la Generazione Z e anche quella Alpha, ossia i nati dal 2010 ai giorni nostri, ragazzini e adolescenti cresciuti con lo smartphone in mano, il tap incorporato nelle dita e una spiccata propensione a interagire amabilmente con Alexa et similia.

“TikTok Marketing” di Ilaria Barbotti, edito da Hoepli e presentato in anteprima durante l’ultima edizione del Web Marketing Festival, è il primo libro in Italia dedicato all’applicazione “Made in China” e tra gli obiettivi primari si pone proprio quello di capire come, tra hashtag e challenge, sia possibile arrivare alla Generazione Z e fare business con essa. Non scordiamo che ByteDance, la società che ha creato TikTok, ha visto aumentare del 310% su base annua i propri ricavi per quanto riguarda gli acquisti in-app e che la simpatica applicazione in Italia non sta spopolando solo tra i giovani ma anche tra persone più mature. L’ultimo report dell’ONIM, infatti, pone tra i top creator Gianluca Vacchi e, al netto di meme e battute varie, non credo che la sua leadership possa essere giustificata con la sindrome di Peter Pan, ma andando a capire davvero le potenzialità di questo nuovo strumento di comunicazione che, come ribadisce l’autrice nel suo testo, “nasce con il gioco nel suo DNA”.

TikTok: tra meritocrazia e attenzione all’educazione digitale

Partiamo dall’ultima considerazione: l’applicazione cinese è all’insegna del sorriso e dell’intrattenimento. Non necessariamente il tutto deve essere a base di balletti e canzoncine dato l’accostamento frequente che si fa con musical.ly, in un certo senso la sua app antesignana con la quale si è fusa per poi diventare TikTok. Fatto sta che far divertire è la sua mission e il contenuto e i creator diventano il focus primario dell’azienda secondo un metodo meritocratico che va a premiare in prima battuta proprio l’indice di gradimento dei contenuti stessi. A decretare il successo è l’utenza e il numero di like che ciascuna creazione video riceve, indipendentemente dal nome blasonato che il creator si porta dietro. Tale impostazione si è un po’ persa in altre piattaforme social che ragionano, invece, sulla grandezza della community e nutrono con questi numeri gli algoritmi di posizionamento.

Chiaramente chi prima inizia, meglio si posiziona, se non altro perché ha più tempo per sperimentare e prendere la mano con una modalità di fruizione e creazione che per i membri della Generazione Millenials, ma anche per quella precedente, è è all’inizio molto disorientante e caotica e il primo istinto è quello di fuggire via. In primis perché dobbiamo passare dall’utilizzo in 16:9 al vertical screen e, in secundis, perché in 60 secondi e non di più dobbiamo creare un contenuto video che, come dicono i giovani, “spacchi” e che parte in automatico appena accediamo sull’app; ma se si superano questi prime difficoltà e si approccia con uno spirito più sperimentale, scopriamo che c’è davvero un mondo molto interessante per arrivare a intercettare la Generazione Z anche e soprattutto per progetti a scopo educational e culturale con la possibilità di condividere in maniera nativa le varie produzioni su altri social e app di messaggistica. Tutti passaggi spiegati in maniera diretta ed efficace nel testo e resi ancora più semplici grazie all’inserimento di numerose immagini che spiegano passo passo ogni procedimento.

C’è di più nel social cinese. Proprio per il target primario di riferimento e per il rischio di dipendenza che può creare dal momento che il ciclo continuo di fruizione è massiccio ma mai definitivo, nel 2018 è stato inserito un automatismo in base al quale dopo 90 minuti consecutivi di utilizzo, scatta un alert che invita a prendersi un pausa e a staccarsi, Inoltre l’applicazione ha creato un profilo apposito @tiktoktips su cui vengono pubblicati frequenti consigli su un uso consapevole dell’applicazione e una sezione apposita dedicata al benessere digitale rivolta non solo ai ragazzi ma anche ai genitori per meglio comprendere il mezzo su cui i loro figli rischiano di trascorrere più del dovuto e l’importanza dei giusti comportamenti da tenere online per tutelare la propria privacy. Come giustamente fa notare Ilaria Barbotti vi è una giusta esortazione all’educazione digitale che deve essere insegnata fin da piccoli per avere persone più consapevoli domani sull’utilizzo della rete.

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