Blocco stipendi dipendenti pubblici sì, ma non per i magistrati. Ecco cosa dice la Corte Costituzionale

Valentina Brazioli

21 Dicembre 2013 - 14:36

Per il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici l’ultima speranza risiedeva in una possibile pronuncia della Corte Costituzionale. Ma la sentenza della Consulta spegne ogni sogno sul nascere, lasciando anche un certo retrogusto amaro in bocca: gli statali dovranno continuare a tirare la cinghia, mentre i magistrati invece no. Vediamo insieme perché.

Blocco stipendi dipendenti pubblici sì, ma non per i magistrati. Ecco cosa dice la Corte Costituzionale

Blocco stipendi dipendenti pubblici, i sogni si infrangono su una sentenza della Corte Costituzionale. Detta così suona un po’ drammatica, ma il malumore del pubblico impiego c’è ed è evidente: non in pochi, infatti, avevano riposto le loro residue speranze nella pronuncia della Consulta, chiamata a esprimersi sulla legittimità costituzionale del reiterato congelamento degli stipendi nel settore del pubblico impiego. Chi si aspettava un colpo di coda degli ermellini, però, ha dovuto incassare una cocente delusione: se il prelievo sulle pensioni d’oro, di parlamentari e non, è infatti lesivo della nostra Costituzione, aver bloccato le dinamiche contrattuali e retributive dei dipendenti pubblici dal 2011 al 2014, come previsto dalla legge 122 del 2010, evidentemente non lo è.

Il blocco degli stipendi pubblici fino al 2018

La sentenza in questione (n. 310/2013) nasce dal ricorso di alcuni docenti universitari, finiti anche loro nella morsa degli stipendi congelati, e ha colto di sorpresa quasi tutti: questo perché dei dubbi di legittimità costituzionale in merito se n’era parlato anche recentemente, grazie anche a un’apposita decisione del Tribunale del lavoro di Roma. Dense nubi si addensano quindi sulle future retribuzioni dell’esercito dei dipendenti pubblici nel nostro Paese, che hanno sì superato quota 3 milioni, ma che dovranno rinunciare a qualsiasi forma di scatto stipendiale fino al 2018, come recentemente imposto proprio dalla legge di Stabilità.

E i magistrati?

Per il sempiterno principio del cane non mangia cane, così come ai tempi della sonora bocciatura del prelievo sulle pensioni d’oro i maligni insinuarono che difficilmente chi gode di una pensione media di 200 mila euro annui ne avrebbe avallato una qualsiasi forma di riduzione, adesso si rumoreggia che gli ermellini abbiano avuto l’ennesimo occhio di riguardo verso gli stipendi dei colleghi togati. Nel rigettare il ricorso presentato, infatti, si ribadisce quanto già stabilito con la sentenza della Consulta n. 223 del 2012, che aveva di fatto cancellato le disposizioni previste dall’articolo 9 comma 21 della legge 122 del 2010, che imponeva il blocco del ritocco degli stipendi anche per i magistrati.

Le reazioni

Una decisione dagli aspetti controversi, quindi, che da una parte condanna gli impiegati pubblici a farsi ancora più carico della progressiva perdita di potere d’acquisto che affligge le famiglie italiane, preservandone invece i magistrati. E nei comunicati diffuse dalle associazioni relative al pubblico impiego, come Anief e Confedir, si legge la chiara intenzione di fare addirittura ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo:

Per violazione dei diritti dell’uomo e della contrattazione collettiva, perché ci troviamo di fronte a due trattamenti completamente diversi nei confronti di dipendenti che operano per lo stesso datore di lavoro.

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