Bitcoin, dopo la Cina anche l’Iran dice stop. I motivi

Pierandrea Ferrari

27/05/2021

27/05/2021 - 11:31

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Un altro colpo al Bitcoin energivoro: dopo la Cina, anche l’Iran ha deciso di imprimere un giro di vite sul segmento delle crypto-currency, vietando fino al prossimo settembre le attività di mining. Nel mirino dell’esecutivo Rouhani l’uso smodato di energia da parte delle farm, che ha causato diversi blackout nelle città iraniane.

Bitcoin, dopo la Cina anche l’Iran dice stop. I motivi

Il Bitcoin incassa l’ennesimo stop dalle potenze del mining e torna a scivolare sotto la soglia psicologica dei 40.000 dollari. Dopo la Cina, che sembrerebbe persino sul punto di bandire l’intera industria del BTC, anche l’Iran ha deciso di stoppare fino al prossimo 22 settembre l’estrazione di criptovalute, con effetto immediato.

L’esecutivo Rouhani punta il dito contro l’uso intensivo di energia da parte delle mining farm, che avrebbe causato diversi blackout nel paese, da Tehran a Shiraz.

Bitcoin, dall’Iran arriva lo stop al mining

Se quella della Cina è perlopiù una stretta regolatoria, che per ora impedisce agli istituti finanziari del paese di prestare servizi in monete digitali, e che potrebbe sfociare in un ban dell’intero sistema criptovalutario, l’Iran continua invece ad avere un interesse strategico per le valute virtuali, visto che i token minati nel paese vengono comunemente utilizzati per acquistare beni importati.

Un modo, questo, per aggirare le sanzioni imposte dall’amministrazione Trump, e che spiega anche il boom delle mining farm degli ultimi anni, che ha portato l’Iran nella top-10 con il 4,5% delle estrazioni globali tra gennaio e aprile. Vige però un certo nazionalismo, visto che l’Iran di fatto vieta il trading sulle criptovalute minate all’estero, scambiate regolarmente sul mercato nero.

Il ban temporaneo dell’esecutivo Rouhani appare dunque come una scelta forzata, e segue il sequestro di 50.000 mining rig dello scorso gennaio, a causa dell’uso illegale di energia fino a 95 megawattora. L’85% delle mining farm del paese, secondo quanto dichiarato da fonti governative, opera senza il consenso delle autorità.

Le società iraniane con regolare licenza sono invece 50, e consumano un quantitativo di energia complessivo pari a 209 megawattora. Troppo, se combinato con il consumo del predominante mercato illegale, come si evince dalle continue interruzioni e dagli sbalzi di corrente che hanno interessato il paese negli ultimi mesi.

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