Intervistato da La Stampa, Pier Luigi Bersani minaccia di far cadere il governo in quanto deluso da Gentiloni, bollato di essere come Renzi.
Pier Luigi Bersani si dice stanco di “ingoiare bocconi amari” e fa tremare il governo: se nella prossima manovra economica ci saranno soltanto bonus e sgravi senza investimenti, il Movimento Democratici e Progressisti è pronto a votare contro.
Se così fosse, in autunno il governo Gentiloni quindi potrebbe avere serie difficoltà a trovare i numeri, soprattutto al Senato, per poter approvare una legge finanziaria che a quel punto diventerebbe decisiva anche in ottica delle imminenti elezioni e della campagna elettorale di fatto già iniziata.
Torna quindi a far sentire la sua voce Bersani, che intervistato dal quotidiano La Stampa non risparmia stoccate a Matteo Renzi ma anche a Paolo Gentiloni, reo di aver proseguito nella strada tracciata dal suo predecessore.
Una nuova polemica quindi che va a inasprire ancora di più i rapporti tra queste due anime del centrosinistra: da una parte il Partito Democratico di Renzi, dall’altra gli scissionisti e Pisapia. Due mondi che al momento non hanno la minima intenzione di dialogare tra di loro.
Bersani critico con Gentiloni
Da quando ha deciso che per lui non c’era più futuro nel Partito Democratico, Pier Luigi Bersani non ha mai risparmiato dure critiche al suo grande nemico Matteo Renzi, puntando il dito adesso anche contro Paolo Gentiloni.
Al netto dello stile, ci ha dato parecchie delusioni. Ha seguito pedissequamente la linea del predecessore. Penso ai voucher, e ora a questa vicenda inaccettabile delle banche. C’era un accordo per far pagare pegno ai responsabili di quegli istituti e per risarcire una quota più ampia di obbligazionisti. Poi è arrivato un niet incomprensibile. Per questo voteremo contro, e ci devono ringraziare per l’ok alla fiducia.
Pur riconoscendo un aplomb molto diverso da quello di Renzi, a Bersani non vanno giù provvedimenti come quelli sul ritorno dei voucher e quello sulle banche venete, dove comunque gli scissionisti hanno votato la fiducia.
La fiducia sulle banche l’abbiamo votata, ingoiando un altro boccone amaro, perché non siamo avventurieri e, come dissi già nel 2011 alla caduta di Berlusconi, non vogliamo guadagnare qualcosa come partito sulle macerie del Paese. Ma se pensano a una manovra d’autunno di sgravi e bonus senza investimenti, occhio che casca l’asino.
L’avvertimento è quindi chiaro: il Movimento Democratici e Progressisti non è più disposto ad avallare scelte considerate sbagliate, quindi i rischi per il governo di cadere in autunno alla prova della manovra economica ci sono.
Una minaccia quella di Bersani che non risparmia anche i migranti, accollati secondo l’ex PD per ottenere una flessibilità poi sperperata in bonus e sgravi senza una minima traccia di investimento per il futuro.
Tutti i margini di flessibilità ottenuti finora, accollandoci in cambio gli immigrati e accettando regole demenziali sulle banche, sono stati buttati in bonus e sgravi. Zero investimenti. Se Gentiloni mette il veto sul Fiscal Compact noi ci stiamo. Ma per fare cosa?
Per gli scissionisti quindi o Gentiloni inizia a smarcarsi dalla linea politica di Renzi, oppure la tenuta della maggioranza in autunno è seriamente a rischio. Una minaccia concreta questa o soltanto una provocazione?
I rischi per il governo
Se Matteo Renzi non è stato molto magnanimo, soprattutto nelle pagine del suo libro, nei recenti commenti sul restante universo del centrosinistra alternativo al Partito Democratico, non si può dire che però anche Pier Luigi Bersani nella sua intervista abbia usato il fioretto.
La frattura ormai tra il PD e il resto della sinistra sembrerebbe essere insanabile, con gli echi di questa tensione che potrebbero ripercuotersi anche in Parlamento. Non sono stati pochi infatti negli ultimi mesi i voti contrari degli scissionisti, anche nelle commissioni, rispetto alle indicazioni del governo.
Abbandonato il Partito Democratico, Bersani e soci non si sentono più in obbligo di lealtà a prescindere verso il governo, impuntandosi di fronte a scelte da parte della maggioranza non condivise.
In autunno al Senato i rischi numerici per il governo ci sono tutti. I centristi, finora sempre decisivi per le sorti della maggioranza a Palazzo Madama, stanno passando in massa tra le fila di Forza Italia in vista delle prossime elezioni.
Il grande polo moderato sognato da Angelino Alfano infatti al momento, stando agli ultimi sondaggi elettorali, sarebbe sotto la soglia di sbarramento del 3% e quindi rimarrebbe fuori dalla composizione del prossimo Parlamento.
Ecco perché molti deputati e senatori centristi stanno facendo ritorno tra le più rassicuranti, in termini elettorali, braccia di Silvio Berlusconi. Se MPD quindi voterà contro alla manovra finanziaria, solo Verdini o Forza Italia potranno salvare il governo.
Il futuro di Gentiloni quindi torna ad essere in bilico, con le varie forze politiche che già sono in pieno clima da campagna elettorale. Una tensione sempre maggiore che potrebbe portare però a nuovo periodo di immobilità parlamentare per il nostro paese, un rischio che l’Italia al momento non può permettersi.
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