Avvocati: la Cassazione definisce il confine del segreto professionale

Maria Stella Rombolà

4 Luglio 2018 - 09:21

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La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti del segreto professionale stabilendo che se un avvocato si appella a questo diritto sono inutilizzabili anche le dichiarazioni prestate dalla persona offesa in merito a quanto appreso dal suo legale.

Avvocati: la Cassazione definisce il confine del segreto professionale

Mantenere il segreto professionale con il proprio assistito è dovere e diritto dell’avvocato che può e deve rispettare il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli sono fornite dal cliente e dalla parte assistita e su quelle apprese a seguito del mandato.

L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto e la causa sia terminata. La Corte di Cassazione si è recentemente espressa in merito con la sentenza n. 29495 del 2018 sancendo che la facoltà di astensione dell’avvocato dal rendere testimonianza è una manifestazione del principio di segretezza professionale.

La novità della sentenza sta nel fatto che se un avvocato oppone il segreto professionale sono inutilizzabili anche le dichiarazioni prestate dalla persona offesa in merito a quanto appreso dal suo legale.

Il caso

La questione è stata risollevata in occasione di una causa penale per sequestro di persona a scopo di estorsione e rapina aggravata nel corso della quale il Pm ha richiesto una nuova misura cautelare a seguito della custodia in carcere che non è stata eseguita.

Il Gip ha accolto questa richiesta ma l’ha poi revocata all’esito dell’interrogatorio di garanzia, recependo l’eccezione formulata dalla difesa in merito alla preclusione determinata dalla pregressa proposizione dell’appello cautelare.

In particolare l’indagato si è appellato alla Corte di legittimità opponendo alla decisione l’inutilizzabilità ai sensi degli artt. 191, 195 comma 6 e 200 c.p.p. delle dichiarazioni rese indirettamente dalla persona offesa in merito ad una presunta offerta risarcitoria formulata dall’indagato e comunicata dal suo difensore al legale della persona offesa.

Il codice di procedura penale sancisce al comma 6 dell’art 195:

I testimoni non possono essere esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati”.

Il ricorrente quindi ribadisce che l’ordinanza impugnata ha escluso erroneamente l’opponibilità del segreto professionale da parte dell’avvocato della persona offesa in relazione a quanto comunicatogli dal collega.

Il parere della Cassazione

In particolare la Corte Suprema si è espressa in merito al segreto professionale opponibile dall’avvocato chiamato a deporre chiarendo con sentenza n. 29495 del 27 giugno 2018 le seguenti regole:

  • la facoltà riconosciuta all’avvocato di astenersi dal testimoniare non deve considerarsi un’eccezione all’obbligo di testimoniare ma una manifestazione del principio di tutela del segreto professionale;
  • il divieto di deposizione coattiva sancito dall’art. 200 c.p.p non impone un divieto assoluto di esaminare il soggetto tenuto alla segretezza: ciò spetta al Codice Forense che stabilisce la misura della discrezionalità riconosciuta all’avvocato di astenersi o meno dal testimoniare.

Quindi a detta della Cassazione il Tribunale avrebbe applicato tali principi in modo erroneo e avrebbe travisato i limiti della tutela del segreto professionale. La Suprema Corte ha dichiarato inutilizzabili le dichiarazioni della persona offesa in merito a quanto riferito dal suo difensore.

La Corte inoltre ha sentito per due volte l’avvocato difensore della persona offesa per confermare quanto riferito al suo assistito, ossia che l’avvocato dell’indagato lo aveva contattato offrendogli un risarcimento a suo nome: il legale non ha risposto e si è appellato al segreto professionale.

Pertanto nemmeno le dichiarazioni della persona offesa sono utilizzabili contro l’accusato perché l’art. 195 comma 6 vieta la testimonianza indiretta. La Corte di Cassazione si è detta d’accordo con il ricorso confermando che il Tribunale non ha considerato il segreto professionale opposto dall’avvocato.

Il giudice avrebbe potuto considerare le dichiarazioni della parte offesa solo nei seguenti casi:

  • se il legale fosse stato obbligato a testimoniare;
  • se l’avvocato avesse deciso di rendere testimonianza spontaneamente;
  • se avesse divulgato quanto appreso dal difensore dell’indagato.

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