Cosa accadrebbe al prezzo dei prodotti energetici se uscissimo dall’Euro e la lira si svalutasse?
Vediamo l’ultimo dei punti che volevo affrontare analizzando i possibili effetti negativi dell’uscita dall’euro.
QUINTO EFFETTO: Svalutazione immediata della lira ben oltre il cambio inizialmente fissato a 1936,27 e aumento del prezzo dei prodotti energetici.
Se ipotizziamo il rientro nel nuovo regime valutario allo stesso cambio di 1936,27 dell’anno della nascita dell’euro, dovremmo per forza di cose ottenere un’immediata svalutazione della lira ben oltre quota 2000 contro euro, e questo perché la vendita dei titoli di stato da parte degli investitori esteri implicherebbe automaticamente la vendita di lire contro euro, la vendita di lire contro dollaro, contro sterlina ecc.
Una svalutazione multilaterale apporterebbe un secondo tipo di inflazione, cioè l’inflazione IMPORTATA, di natura diversa dall’inflazione di origine monetaria (cioè quella “endogena” perché derivante dalla monetizzazione del debito pubblico di Bankitalia di cui ho trattato qui).
Da una svalutazione multilaterale, nell’ordine del 10% o del 20% (che non possiamo assolutamente stimare perché non conosciamo l’intensità delle vendite dei nostri titoli pubblici nei primi giorni di ritorno alla lira) noi ne trarremmo due conseguenze:
- a) contrazione dell’import e rincaro immediato dei prodotti energetici e dei beni alimentari (che vengono distribuiti con trasporto su gomma)
- b) a medio termine aumento delle esportazioni e aumento dell’occupazione.
Ne ha già parlato IL SOLE 24 ORE nell’edizione del 17 aprile U.S. (“Via dall’euro? Nel conto i default a catena“. Morya Longo a pag.23 ). Purtroppo però la conseguenza di tipo a) sarebbe però molto più accelerata della conseguenza b), perché il rincaro immediato della bolletta energetica porterebbe ad un impoverimento altrettanto immediato degli italiani, costretti a pagare sempre di più la benzina alla pompa e la bolletta del gas e della luce (rimanendo, nominalmente, con lo stesso stipendio, in un regime di alta disoccupazione quale quello attuale, che blocca le rivendicazioni salariali). L’aumento dei prezzi a parità di salari porterebbe l’Italia di nuovo in recessione per almeno 12 mesi per effetto combinato del crollo dei consumi delle famiglie e degli investimenti industriali delle imprese.
L’effetto positivo di un aumento dell’export si manifesterebbe solo dopo i 12-18 mesi in termini di reddito e occupazione.
AREA EURO: CDS DI PORTOGALLO ITALIA E SPAGNA DAL 2010 AD OGGI
Concludendo il mio ciclo di articoli sui possibili effetti negativi dell’uscita dall’euro, penso che l’uscita dell’Italia dall’euro avrebbe solo effetti negativi per gli italiani e porterebbe la volatilità alle stelle, oltre che nei mercati finanziari nazionali anche in quelli esteri (si pensi infatti alla Spagna e al Portogallo che ne subirebbero un effetto contagio, con analoghe vendite dei loro titoli governativi, al punto tale da trascinare fuori dall’euro anche quei paesi e producendo in quei paesi effetti simili a quelli descritti fin qui per la nostra economia). Nell’anno dell’uscita dell’Italia dall’euro, con un debito pubblico di oltre 2 trilioni di euro, non si potrebbe escludere quindi una diminuzione della crescita globale per effetto di una recessione indotta proveniente dall’area euro.
Forse nell’euro non saremmo mai dovuti entrare, ma, purtroppo, ora che ci siamo dentro, non possiamo più uscirne. A conti fatti, la moneta unica, per noi italiani, è il male minore.
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