Le 7 regioni con le terapie intensive in crisi

Alessandro Gregori

29 Aprile 2021 - 16:15

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Il report della Fondazione Gimbe: l’epidemia è in regressione grazie alle restrizioni di marzo, ma alcuni territori soffrono e potrebbero tornare a breve in difficoltà. Intanto il piano di vaccinazione non decolla. Siamo il fanalino di coda d’Europa

Le 7 regioni con le terapie intensive in crisi

Sono sette le regioni con le terapie intensive al di sopra della soglia di saturazione secondo il report della Fondazione Gimbe. E se nella settimana dal 21 al 27 aprile, rispetto alla precedente, si è registrata una diminuzione di nuovi casi (90.449 contro 98.030) e di decessi (2.279 contro 2.545), i 448mila casi attualmente positivi confermano che la circolazione virale nel nostro Paese è ancora molto elevata.

Le sette regioni con le terapie intensive in crisi

Le sette regioni sono Toscana (41%), Lombardia (41%), Puglia (39%), Piemonte (38%), Lazio (34%), Emilia-Romagna (32%) e Marche (31%). Ma è significativo che tra queste, in attesa del report dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute e dell’ordinanza del ministro Roberto Speranza sulle regioni in zona rossa, arancione e gialla, soltanto la Puglia si trovi attualmente nell’area intermedia delle restrizioni. Riguardo gli altri numeri, la Fondazione Gimbe rispetto alla settimana precedente registra le seguenti variazioni:

  • Decessi: 2.279 (-10,5%)
  • Terapia intensiva: -403 (-12,8%)
  • Ricoverati con sintomi: -2.943 (-12,7%)
  • Isolamento domiciliare: -31.220 (-6,8%)
  • Nuovi casi: 90.449 (-7,7%)
  • Casi attualmente positivi: -34.566 (-7,2%)

Mentre il piano di vaccinazione di massa non decolla. Se la vaccinazione degli over 80 è ormai in dirittura di arrivo, le coperture della fascia 70-79 e, soprattutto, della fascia 60-69 sono ancora limitate per avere un impatto rilevante su ricoveri e terapie intensive. Il 60,8% degli ultraottantenni, che in Italia sono 4,4 milioni, hanno completato il ciclo vaccinale mentre 1.118.950 (25,3 per cento) hanno ricevuto solo la prima dose.

Il piano vaccinale non decolla

Per le altre fasce d’età il piatto piange. Degli oltre 5,9 milioni che si trovano nella fascia d’età 70-79 soltanto il 7,6% ha completato il ciclo mentre 2.794.681 (46,8 per cento) hanno ricevuto solo la prima dose. Per quanto riguarda la fascia 60-69 anni, degli oltre 7,3 milioni, 524.584 (7,1 per cento) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.415.535 (19,2 per cento) hanno ricevuto la prima dose. Una situazione che piazza l’Italia al quart’ultimo posto in Europa per la vaccinazione di queste categorie.

Il confronto con il resto d’Europa è impietoso. Secondo le rilevazioni della Fondazione, per la fascia 70-79, se da noi il 50 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino, ben 19 Paesi hanno superato almeno il 60 per cento e 8 l’80 per cento; per la fascia 60-69 ci fermiamo a quota 22,5 per cento con almeno una dose, mentre 14 Paesi hanno già superato il 40 per cento e 4 il 50 per cento. «Purtroppo il vero cambio di passo nella vaccinazione delle fasce fragili - afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - è avvenuto solo a partire dalla seconda metà di marzo e l’utilizzo improprio dei vaccini durante il primo trimestre da un lato rende meno sicure le riaperture, dall’altro non ci fa ben figurare in Europa nel confronto con altri Paesi».

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