Perché rischiamo a breve una nuova ondata dell’epidemia di coronavirus

Alessandro Gregori

22/04/2021

22/04/2021 - 15:28

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Il ritorno alla zona gialla determinerà inevitabilmente un nuovo aumento dei contagi. Che potrebbe essere incontrollato se i cittadini non rispetteranno le regole del distanziamento sociale. Per questo il governo dovrebbe prepararsi a una nuova ondata. Invece di litigare su un’ora in più o in meno di coprifuoco

Perché rischiamo a breve una nuova ondata dell’epidemia di coronavirus

Il ritorno alla zona gialla determinerà «inevitabilmente» una risalita della curva dei contagi. Che potrà essere «da un lato mitigata dalla ridotta probabilità di contagio all’aperto per l’aumento delle temperature che riduce l’effetto aerosol, dall’altro alimentata dall’aumento dei contatti sociali e, soprattutto, dal mancato rispetto delle regole». La previsione è di Nino Cartabellotta, presidente della Gimbe. E a guardare i numeri del monitoraggio indipendente della Fondazione non si fa tanta fatica a crederci.

Perché rischiamo a breve una nuova ondata dell’epidemia di coronavirus

Il report di Gimbe segnala sì una diminuzione del numero di casi e dei decessi, così come degli attualmente positivi e della pressione sulla rete ospedaliera nell’ultima settimana e, più in generale, dall’inizio di aprile (ovvero da quando il paese è stato suddiviso in zone rosse e arancioni, rinunciando al giallo). Ma è anche vero che questo trend non attraversa tutto il paese. Anzi. La variazione percentuale dei casi aumenta in tre regioni (Campania, Molise, Sicilia) mentre crescono gli attualmente positivi in sei (Basilicata, Campania, Calabria, Trentino Alto Adige, Sardegna e ancora Sicilia).

«Gradualmente si allenta anche la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – ma il numero di posti letto occupati, sia in area medica che in terapia intensiva è ancora elevato in numerose Regioni». Il Decreto Riaperture approvato ieri dal Consiglio dei Ministri - secondo Cartabellotta – è basato su un “rischio ragionato”: "È una decisione politica presa sul filo del rasoio se guardiamo ai dati della pandemia e alle coperture vaccinali, ma al tempo stesso un coraggioso atto di responsabilità del governo per rilanciare numerose attività produttive e placare le tensioni sociali che affida ai cittadini una grande responsabilità. Chiaramente, se le graduali riaperture saranno interpretate come un “liberi tutti”, una nuova impennata dei contagi rischia di compromettere la stagione estiva».

L’epidemia si ferma con la circolazione delle persone

Il ragionamento di Cartabellotta e di altri esperti come l’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano Massimo Galli è semplice: l’epidemia si ferma bloccando la circolazione delle persone, perché il virus cammina sulle gambe della gente. Se la circolazione viene di nuovo incentivata mentre la campagna di vaccinazione è ancora molto lontana dal raggiungimento dell’immunità di gregge, la risultante più probabile sarà inevitabilmente un nuovo aumento dei casi.

Per la Gimbe gli effetti dell’Italia rosso-arancione saranno visibili almeno sino a metà maggio: nelle prossime settimane i nuovi casi scenderanno ancora e si ridurrà la pressione sugli ospedali. Ma poi il progressivo ritorno al giallo e la riapertura delle scuole «determineranno inevitabilmente una risalita dei contagi, solo parzialmente mitigata dalla ridotta probabilità di contagio all’aperto per l’aumento delle temperature che riduce l’effetto aerosol». Anche perché ad oggi appare impossibile in tempi brevi ridurre l’incidenza settimanale dei nuovi contagi al di sotto di 50 casi per 100.000 abitanti, soglia massima per riprendere un tracciamento efficace.

Proprio per questo secondo la Fondazione è necessario continuare la sorveglianza a livello locale e chiudere tempestivamente quei territori che si trasformano in focolai. Questo proprio per evitare future necessità di chiusure più dolorose. E poi bisognerebbe ampliare l’attività di testing, tracing & treating, effettuare screening di massa nelle scuole, incentivare lo smart working e igienizzare e potenziare i trasporti pubblici, oggi uno dei vettori più importanti del virus. Oltre a tornare a effettuare i controlli rigidi del primo lockdown. Ma purtroppo finora il governo Draghi, impegnato a litigare per un’ora in più o in meno di coprifuoco, tutto questo non ha ancora trovato il tempo di farlo.

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