Dalla collaborazione con Hitler all’occupazione dell’Europa orientale: ecco le verità storiche che il Cremlino tace ogni anno durante il Giorno della Vittoria.
Ci sono segreti che Putin non può rivelare nemmeno al suo Paese.
Ogni 9 maggio, Mosca si trasforma in un palcoscenico di trionfo e potenza militare, dove la Russia celebra il “Giorno della Vittoria nella Seconda guerra mondiale” e il presidente Vladimir Putin, circondato da generali e repliche di carri armati sovietici, pronuncia discorsi solenni sull’eroismo russo, la lotta contro il nazismo e il ruolo fondamentale dell’Unione Sovietica nel sconfiggere Hitler.
Eppure, secondo Edward Lucas, esperto di politica estera e sicurezza, questa narrazione trionfalista si regge su una serie di omissioni deliberate e di falsificazioni storiche. Ci sono verità scomode, fatti documentati ma sistematicamente cancellati dalla retorica ufficiale, che minano il mito di una “Russia eroica e solitaria” nella guerra. Questi “segreti” mettono in discussione la legittimità morale che il Cremlino continua a rivendicare, oggi più che mai, nel contesto dell’invasione dell’Ucraina.
Ecco quali sono i cinque segreti troppo pericolosi da ammettere pubblicamente: di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.
1. Il patto segreto tra Stalin e Hitler
Nel discorso pubblico russo, la Seconda guerra mondiale inizia nel 1941 con l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica. Ma la verità storica è diversa: nel 1939, l’URSS firmò un patto di non aggressione con la Germania nazista, noto come Patto Molotov-Ribbentrop.
Questo accordo segreto includeva protocolli aggiuntivi con cui Mosca e Berlino si spartivano l’Europa orientale. In base a questo patto, l’Unione Sovietica invase la Polonia da est pochi giorni dopo l’attacco tedesco da ovest. Inoltre, l’URSS annetté i Paesi baltici, la Bessarabia (oggi Moldavia) e parte della Finlandia. Ammettere questo passato significherebbe riconoscere che l’URSS non fu solo vittima della guerra, ma anche complice dell’espansione hitleriana. Per Putin, che fonda la legittimità del regime su una narrazione eroica e moralmente superiore della Russia, questa verità è troppo destabilizzante per essere detta.
2. Le purghe di Stalin che distrussero l’esercito
Uno degli aspetti meno discussi nella narrazione russa della Seconda guerra mondiale è l’impatto devastante che ebbero le purghe staliniane sull’Armata Rossa. Negli anni ’30, Stalin fece giustiziare o deportare migliaia di ufficiali, compresi i più esperti e competenti, per timore che potessero minacciare il suo potere. Quando la Germania invase l’URSS nel 1941, l’esercito sovietico era indebolito, disorganizzato e privo di leadership. Questo contribuì in modo decisivo ai successi iniziali dell’invasione nazista, che raggiunse rapidamente il cuore del Paese. Ammettere che Stalin, l’uomo che il Cremlino ha riabilitato negli ultimi anni, fu il principale responsabile delle iniziali sconfitte sovietiche sarebbe un’autocondanna storica. Per Putin, che ha bisogno di un passato glorioso per legittimare il suo presente autoritario, questa è una verità troppo pericolosa da affrontare.
3. Anche l’Occidente salvò l’Unione Sovietica
Un altro segreto che Putin non può confessare è il ruolo decisivo dell’Occidente nella vittoria dell’Unione Sovietica. Senza gli aiuti degli Stati Uniti e del Regno Unito attraverso il programma Lend-Lease, l’URSS non avrebbe potuto sostenere l’enorme sforzo bellico. Milioni di tonnellate di cibo, carburante, veicoli, armi e materiali industriali giunsero in Unione Sovietica attraverso pericolosi convogli marittimi. Questi rifornimenti furono essenziali per la sopravvivenza dell’apparato militare e civile sovietico, in un momento in cui l’economia interna era al collasso. Riconoscere questo fatto equivarrebbe a smantellare il mito dell’autosufficienza russa e dell’eroismo nazionale isolato. Per il Cremlino, che dipinge l’Occidente come un nemico storico e attuale, l’idea che la Russia debba parte della sua vittoria agli aiuti occidentali è semplicemente inammissibile.
4. Le battaglie si combatterono fuori dalla Russia
Nella narrazione ufficiale russa, la “Grande Guerra Patriottica” è raccontata come una difesa eroica della “Madre Russia”. Ma la maggior parte delle battaglie decisive si svolse nei territori oggi indipendenti, come Ucraina, Bielorussia, Polonia e Stati baltici. Città come Stalingrado e Leningrado sono parte importante del racconto, ma l’immenso tributo di sangue fu pagato anche - e soprattutto - da popolazioni non russe. I territori ucraini, ad esempio, furono campo di battaglia per anni, e subirono distruzioni immani. Oggi, con la guerra in Ucraina, ammettere questa verità significherebbe riconoscere che i popoli che la Russia sta aggredendo furono tra i principali protagonisti del sacrificio contro il nazismo. Il Cremlino preferisce mantenere il mito della Russia come unica vincitrice, ignorando il contributo di milioni di persone non russe che combatterono e morirono per quella stessa vittoria.
5. La “liberazione” dell’Europa fu un’occupazione
Infine, uno dei segreti più scomodi riguarda l’Europa dell’Est. Dopo aver respinto i nazisti, l’Armata Rossa non restituì la libertà ai Paesi “liberati”, ma li assoggettò al controllo sovietico. Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria finirono dietro la Cortina di Ferro, sotto regimi comunisti sostenuti da Mosca. In molti casi, l’occupazione sovietica fu brutale quanto quella nazista: basti pensare alla repressione delle rivolte in Ungheria (1956) e Cecoslovacchia (1968). Parlare apertamente di questo aspetto significherebbe incrinare l’immagine dell’Unione Sovietica come “liberatrice” e mostrare la continuità storica tra il dominio sovietico e l’attuale aggressività russa. Per un regime che giustifica l’invasione dell’Ucraina come una “denazificazione”, ammettere che la Russia fu a sua volta potenza occupante è un rischio politico troppo alto.
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