YouTube e tassazione, quando i creator devono aprire la partita Iva?

Patrizia Del Pidio

16 Giugno 2025 - 17:24

Chi guadagna con la monetizzazione di YouTube deve aprire la partita Iva e presentare la dichiarazione dei redditi per quanto ricevuto dalla piattaforma?

YouTube e tassazione, quando i creator devono aprire la partita Iva?

I creator di YouTube devono aprire la partita Iva? YouTube, da diversi anni, è una piattaforma che riscuote un enorme successo e che, da qualche tempo, ha introdotto anche i video «short» per adeguarsi alla velocità di scorrimento che hanno altre piattaforme. Video veloci da «scrollare» per passare il tempo che si aggiungono a quelli lunghi già in voga da molti anni.

La piattaforma consente agli utenti di avere uno spazio in cui caricare, visualizzare e condividere un larghissimo numero di video su una pluralità di argomenti come ad es. video musicali, tutorial, cartoni animati, recensioni, filmati di intrattenimento e non solo.

I cosiddetti creator digitali di YouTube, ovvero gli ’youtuber’, sono persone che producono e caricano contenuti video sulla piattaforma in oggetto e, non di rado, sono in grado di coinvolgere una base di fan molto fedele e che li segue in ogni loro nuova creazione.

La popolarità di uno youtuber apre a compensi anche potenzialmente consistenti e, proprio per questo, non è sbagliato domandarsi se sia necessario aprire la partita Iva per esercitare l’attività in questione.

Anche gli youtuber devono (o dovrebbero) porsi il problema di come indicare nella dichiarazione, gli introiti che arrivano dalle inserzioni pubblicitarie che compaiono sui video visualizzati da chi accede al sito. Ciò riguarda in particolare quelle persone che hanno un discreto seguito di follower, persone che essendo però magari poco pratiche di fisco e tasse, potrebbero cadere nell’errore di ritenere che la tassazione dei redditi sia legata ad aver aperto, o meno, la partita Iva.

Ebbene, la questione come vedremo meglio più avanti, non sta in questi termini ed anzi, la dichiarazione dei redditi riguarda tutti i guadagni incassati a ogni titolo, e perciò anche quelli legati dalla monetizzazione dei video tramite pubblicità. Ecco i dettagli e quando è necessario aprire una partita Iva.

Lo youtuber deve aprire la partita Iva?

Veniamo ora a un punto che potrebbe presentare alcuni dubbi. Chi inserisce video sulla piattaforma per condivisione, ovvero il creator digitale che produce e carica contenuti su YouTube, deve aprire la partita Iva? Ebbene, l’apertura è necessaria quando:

  • l’attività di creazione e pubblicazione dei video è continuativa, costante e non meramente occasionale,
  • e ciò al di là dell’importo dei guadagni ottenuti.

Lo youtuber che apre la partita Iva dovrà inoltre scegliere il regime tributario applicabile, tra ordinario o forfettario. Quest’ultimo, che agevola il titolare di partita Iva, vale però soltanto se i compensi non oltrepassano gli 85mila euro all’anno.

Soprattutto vale la pena sottolineare che i titolari di partita Iva, anche a regime forfettario, sono obbligati a presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi. E questo vale ovviamente anche per gli youtuber che la aprono.

Non solo. Potrebbero anche scattare ulteriori obblighi, e questa volta di natura previdenziale. Infatti se lo youtuber inizia ad aumentare davvero la sua popolarità, con guadagni al di sopra dei 5mila euro annui dovrà aprire la posizione previdenziale presso la Gestione separata Inps.

Quale codice Ateco utilizzare?

I codici attività Ateco sono lo strumento fondamentale per l’apertura di una partita Iva, in quanto soltanto così l’attività può essere classificata nel modo corretto ai fini fiscali e contributivi. Ma quali codici indicare per l’inizio dell’attività? Ecco di seguito quelli che fino al 31 dicembre 2024 sono stati maggiormente utilizzati:

  • 73.11.02 (“Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari”);
  • 73.11.01 (“Ideazione di campagne pubblicitarie”):
  • 73.12.00 (“Attività delle concessionarie pubblicitarie”), ma quest’ultimo codice si rivolge espressamente agli youtuber più popolari, che generano buoni/ottimi incassi grazie ad un’attività massiccia sul canale in termini di video pubblicati e visualizzati da un vasto pubblico di fan.
  • 74.20.19 (“Altre attività di riprese fotografiche”);
  • 74.20.12 (“Attività di riprese aeree nel campo della fotografia”).

Si trattava, però, di un espediente perché nessun codice Ateco rispecchiava in pieno la professione di content creator e influencer. Proprio per il dilagare di queste nuove professioni digitali dal 1° gennaio 2025 è stato introdotto un nuovo codice Ateco: 73.11.03 per le attività di influencer marketing e content creator, operativo dallo scorso 1° aprile.

I guadagni dello youtuber: il programma AdSense

Gli youtuber possono guadagnare attraverso la piattaforma, soprattutto con il programma di partnership di YouTube e altre fonti di reddito legate alla loro presenza sul web. Detto programma di YouTube permette in particolare di monetizzare i video tramite annunci pubblicitari. Infatti quando i video dei creator digitali sono visualizzati da spettatori, possono incassare una percentuale dei ricavi pubblicitari prodotti dagli annunci mostrati al momento della visualizzazione dei video.

AdSense è il nome di questo programma, che contabilizza gli incassi dello youtuber e gli consente di ottenere i pagamenti sul proprio account. In buona sostanza la piattaforma YouTube immette annunci nei video degli youtuber con Google AdSense e gli inserzionisti pagano per mostrare i propri annunci quando i video sono visti. Una parte del ricavo è condivisa con lo youtuber, in base al numero di visualizzazioni e clic sugli annunci pubblicitari.

Altre fonti di guadagno

Non solo. Oltre agli annunci pubblicitari, gli youtuber guadagnano anche grazie agli annunci sponsorizzati o sponsorizzazioni. I creator digitali possono infatti collaborare con marchi e aziende per fare promozione ai loro prodotti o servizi nei video che realizzano.

Diversa fonte di compenso è rappresentata dai possibili abbonamenti al canale, ovvero gli abbonati compiono pagamenti mensili fissi, in cambio dei vantaggi o agevolazioni che lo youtuber gli concede.

Vi è poi il merchandising: infatti alcuni youtuber creano e vendono prodotti come magliette, felpe, cappelli, tazze e altri articoli con il loro marchio o logo. I fan del canale possono comprare questi prodotti per supportare il creator digitale con le vendite - e provare il loro sostegno.

Invece strumenti come Superchat e Super Sticker permettono agli spettatori di acquistare messaggi e metterli in evidenza nelle discussioni, anche live. Pure questo contribuisce ai guadagni dello youtuber. Queste sono tra le maggiori fonti di entrata per quest’ultimo e ben si comprende allora che entrino in gioco aspetti fiscali.

Obbligo di dichiarazione per lo youtuber senza partita Iva

Anche in caso di youtuber senza partita Iva, i guadagni che giungono dalla monetizzazione dei video su YouTube costituiscono reddito e, perciò, scatta la tassazione Irpef a riguardo. In particolare in base a quanto previsto dal TUIR (Testo unico dell’imposte sui redditi), i guadagni rientrano nella categoria dei cosiddetti ’redditi diversi’, ovvero redditi differenti ad es. da quelli di lavoro, di capitale e non solo.

In sintesi:

  • anche i redditi diversi sono imponibili, e dunque sono oggetto di tassazione da parte del Fisco;
  • i redditi diversi rientrano nei redditi complessivi e sono tassati proprio come lo sono i redditi di lavoro autonomo occasionale.

Più nel dettaglio detti redditi diversi vanno inseriti nella dichiarazione, che può essere svolta con il modello 730, nel quadro D, o con il modello Redditi, nel quadro RL. Ecco perché anche gli youtuber, indipendentemente dall’apertura della partita Iva, debbono comunque fare la dichiarazione dei redditi.

Concludendo, all’interno della dichiarazione il contribuente youtuber dovrà indicare tutti i guadagni, percepiti nel corso dell’anno a qualsiasi titolo. In sostanza l’appuntamento con la dichiarazione dei redditi sarà comunque obbligatorio per ogni creator digitale che abbia monetizzato, con o senza partita Iva. I compensi, che giungono dalle varie monetizzazioni dei video su YouTube, costituiscono infatti reddito a tutti gli effetti.

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